Benvenuti nel blog “Orizzonte Guatemala”! Siamo un gruppo di amici del Guatemala e con questo strumento di comunicazione e condivisione vogliamo contribuire a fare conoscere l’attualità di questo bellissimo paese, al quale ci legano vincoli di amicizia e di solidarietà con tanti amici guatemaltechi.


domenica 1 dicembre 2013

805 - «LA GIUSTIZIA RIDÀ CITTADINANZA ALLE VITTIME»

La giustizia restituisce la cittadinanza negata alle vittime. Per questo, c’è un legame inscindibile tra giustizia e riconciliazione. Senza la prima non può esistere la seconda. Perpetrare l’impunità vuol dire negare la cittadinanza a una parte della popolazione».
È abituata a far seguire i fatti alle parole, Claudia Paz y Paz. Da tre anni, il primo Procuratore generale donna del Guatemala porta avanti una battaglia storica contro il crimine. Passato e presente. In sei mesi, le indagini avviate dal suo ufficio hanno portato alla cattura di più trafficanti che in tutto il decennio precedente, inclusi sei super latitanti. E trascinato alla sbarra i protagonisti dei massacri più efferati della guerra civile. Tra i quali l’ex dittatore Rios Montt, condannato e subito rimesso in libertà dalla Corte costituzionale.
«Una decisione che non condividiamo», precisa.
Parla sempre al plurale questa 46enne candidata al Nobel per la Pace. «La Procura è un sistema
verticistico. Fin dall’inizio ho cercato di introdurvi uno stile “più femminile” caratterizzato dal lavoro di squadra e dal dialogo», spiega mentre sistema i capelli ricci e ribelli. Alle sue spalle, un’enorme finestra mostra i contrasti della capitale. La Procura si affaccia sul centro dove palazzi moderni affiancano le baracche della Limonada. Miseria e ingiustizia sono terreno fertile per la delinquenza.
Ma Paz y Paz non si arrende. «Abbiamo aumentato la proporzione di omicidi risolti dal 5 al 30 per cento – afferma –. Tra le nostre priorità, oltre la lotta al narcotraffico e alle gang, c’è la tutela della donna dagli abusi. Fino a dieci anni fa, la violenza domestica era considerata un fatto privato. Ora, in base a due leggi recenti, è un crimine specifico.
Come pure il femminicidio per cui sono stati creati pubblici ministeri e tribunali ad hoc».
Piccoli ma importanti passi per ridare attendibilità a un’istituzione «verso cui fino a 5-6 anni fa c’era una sfiducia totale», aggiunge. Prima dell’estate, il Procuratore terminerà il suo incarico, sempre che le pressioni – la sua determinazione l’ha resa impopolare anche fra molti politici – non la costringano ad anticipare il congedo. Paz y Paz non sembra preoccupata: «Abbiamo cominciato un percorso. Non sarà facile tornare indietro. Quando si fa giustizia si manda un messaggio importante alla società: si ribadisce che tutti i cittadini hanno uguali diritti e doveri. E che nessuno è al di sopra della legge». 
Lucia Capuzzi, in Avvenire 27 novembre 2013

804 - "NON HO PAURA, IL MIO DOVERE E' AGIRE SECONDO LA LEGGE"

Quando uno “degli angeli custodi” apre la porta blindata, non immagini di ritrovarti in una stanza dai colori sgargianti e il sottofondo di musica jazz. Fuori si respira il grigiore teso del “Juzgado de mayor riesgo”, il tribunale di massima sicurezza del Guatemala. Dentro le rose color cipria svettano nel vaso poggiato sul tavolo. Dietro si nasconde una sagoma minuta.
Che si precipita incontro al visitatore con un sorriso largo e accogliente. È giovane e molto bella Jazmín Barrios: lunghi capelli neri ondulati, lineamenti delicati. Eccola la “giudice di ferro”, come l’ha ribattezzata la stampa internazionale. «Ma va. Sono solo una donna semplice e vicina alla gente». È anche molto altro, però. Coraggiosa, determinata, testarda, da quando è entrata in magistratura, nel 1996 – lo stesso anno degli accordi di pace –, Barrios non si è mai tirata indietro di fronte a un caso “difficile”. Nella sua aula, si susseguono responsabili dei peggiori massacri del conflitto – dagli assassini del vescovo Juan Gerardi all’ex dittatore Efraím Rios Montt –, boss del narcotraffico, mafiosi, criminali di “razza”. «Giudico tutti con rispetto, senza pregiudizi. È una regola di vita e di lavoro».
Facile a dirsi, più difficile a farsi…
Ci vuole disciplina. Parto dalla “presunzione di bontà”: ogni persona è buona fin quando non viene dimostrato il contrario. Non posso farci niente: credo nell’essere umano. E nel Dio che l’ha creato. Questo aiuta anche a non avere paura.
Davvero non ne ha?
No (ribatte senza nemmeno lasciar finire la frase, ndr).
Eppure è sotto scorta dal processo ai killer di monsignor Gerardi nel 2001…
Sì. Il giorno prima del dibattimento hanno lanciato due granate nel patio di casa. Ci sono ancora i segni sulle porte… E tre giorni prima, due persone avevano cercato di entrare nel mio appartamento. Provvidenzialmente passò un pattuglia della polizia che inseguiva uno scassinatore e gli aggressori dovettero fuggire. Da allora mi hanno assegnato la scorta. Mi muovo sempre accompagnata: al supermercato, al bar… Certo, a volte vorrei maggior privacy. Ma è lo scotto che devo pagare per poter servire la giustizia.
A maggio lei ha presieduto la Corte che condannato per genocidio l’ex dittatore Rios Montt. È torna in prima linea... 
Stavolta, a differenza del processo Gerardi, chi voleva intimidirmi ha utilizzato la calunnia invece della forza bruta. C’è stata una campagna di diffamazione contro il tribunale. Ogni giorno, i giornali pubblicavano una valanga di accuse nei nostri confronti. Ci hanno definiti guerriglieri, terroristi.. Con me, poi, si sono accaniti in modo particolare perché mi ero già occupata di violazioni di diritti umani.
C’entra qualcosa il fatto di essere donna?
Probabilmente se fossi stata un uomo, non sarebbero scesi così nel personale. È inutile negarlo: questo è un Paese meraviglioso ma maschilista. Le donne devono lavorare il triplo per andare avanti.
Lei quante ore lavora?
Otto, dodici, dipende. Spesso i colleghi mi prendono in giro e dicono che dovrei portarmi il letto in ufficio.
Ne vale la pena? Penso, ad esempio, alla storica sentenza Rios Montt annullata dopo dieci giorni dalla Corte costituzionale per vizi procedurali.
Continuo a credere nella giustizia. E nel dovere di noi giudici di amministrarla con trasparenza, imparzialità, responsabilità. C’è gente là fuori, ferita e oltraggiata. Il compito dei magistrati è quello di ascoltarli e agire secondo la legge. Solo così possiamo ridare credibilità al sistema giudiziario.
Lucia Capuzzi (in Avvenire, 27 novembre 2013)

domenica 24 novembre 2013

803 - INIZIA TAVOLA ROTONDA A HUEHUETENANGO

Ha preso il via una tavola rotonda tra il governo del Guatemala e dei presidenti dei 16 Consigli di Sviluppo della Comunità (Cocodes) a nord di Huehuetenango per risolvere il conflitto generato dal funzionamento della centrale di Santa Cruz.
Secondo una dichiarazione del Ministero dell'Energia e delle Miniere, "non è possibile annullare le licenze minerarie, perché questo viola il diritto degli imprenditori e danneggerebbe più di due milioni di persone che sarebbero senza energia elettrica".
Nel corso della riunione, il governo cerca di sensibilizzare i leader della comunità di non continuare a mettere come condizione per il dialogo l’annullamento delle licenze, perché con questo, "migliaia di persone rimangono senza energia".
Come testimoni d'onore della riunione ci sono Monsignor Alvaro Ramazzini, che è stato uno dei promotori del dialogo, con Jorge De Leon, procuratore dei diritti umani. Hanno partecipato anche Alberto Brunori, rappresentante dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Pedro Francisco Marcial, rappresentante dei presidenti della COCODES, ha affermato che "la gente vuole sviluppo e vivere in pace".
Mirza Arreaga, deputata per Huehuetenango, ha detto che vede le idroelettriche come "un modo per portare sviluppo, ma mancano una corretta socializzazione e la legislazione per garantire che ciò accada".
Mauro Guzman, deputato del Congresso dello stesso partito, è convinto che un modo per risolvere le divergenze è quello di chiedere al popolo.
Siglo21, 18/11/2013

802 - DA INICIO MESA DE DIÁLOGO EN HUEHUETENANGO

Una mesa de diálogo se inició hoy entre el Gobierno de Guatemala y los presidentes de 16 Consejos Comunitarios de Desarrollo (Cocodes) del norte de Huehuetenango para dar solución al conflicto generado por el funcionamiento de la hidroeléctrica en Santa Cruz.
De acuerdo con un comunicado del Ministerio de Energía y Minas, “no es factible la cancelación de las licencias de minerías, porque con esto se violenta el derecho de los empresarios y se afectaría a más de 2millones de pobladores que quedarían sin energía eléctrica”.
En la reunión, el Gobierno busca hacer conciencia entre los líderes comunitarios para que no sigan poniendo como condición para el diálogo la cancelación de las licencias, ya que con esto, "miles de pobladores quedarían sin energía eléctrica".
Como testigos de honor en la reunión se encuentran monseñor Álvaro Ramazzini, quien ha sido uno de los promotores del diálogo, junto a Jorge De León, Procurador de los Derechos Humanos. Asiste también Alberto Brunori, representante de la Oficina del Alto Comisionado de Naciones Unidas para los Derechos Humanos.
Marcial Francisco Pedro, representante de los presidentes de los cocodes, afirmó que “la población quiere desarrollo y vivir en paz”.
Mirza Arreaga, diputada por Huehuetenango, expresó que ve a las hidroeléctricas como “una forma de generar desarrollo, pero falta socialización y una correcta legislación para garantizar que eso suceda”.
Mauro Guzmán, congresista por el mismo departamento, opina que una forma de solucionar las diferencias sería preguntar al pueblo.
Siglo21, 18/11/2013

mercoledì 13 novembre 2013

801 - L'ONU SOTTOLINEA CINQUE SFIDE PENDENTI PER IL GUATEMALA

L'Organizzazione delle Nazioni Unite, ONU, ha commemorato la firma a 51 mani della Carta delle Nazioni Unite, il 24 ottobre 1945, ratificata dagli allora paesi membri. Oggi, 68 anni dopo, l'ONU riprende le sfide che ancora deve affrontare il Guatemala. "La breccia continua ad essere molto larga. C'è crescita economica, ma poca crescita sociale", si rammarica Valerie Julliand, coordinatore residente del Sistema delle Nazioni Unite.
"La povertà e la disuguaglianza in Guatemala sono più marcate che in altri paesi dell'America Latina", spiega. Il miglioramento, commenta Julliand, incomincia dalla lotta contro la denutrizione. "Se un bambino non è ben nutrito, non può sviluppare il suo potenziale mentale. Non sarà un adulto sano, e se non affrontiamo questo problema, non c'è soluzione."
"La denutrizione limita lo sviluppo del paese. Non avere una buona alimentazione i due primi anni di vita implica un ritardo che non si potrà mai recuperare", ha segnalato Mario Touchette, rappresentante del Programma Mondiale degli Alimenti.
Segue, l'uguaglianza di genere. "Se non si lascia alle donne la possibilità di esercitare i propri diritti così come gli uomini e, inoltre, sono vittime di violenza e non hanno accesso all'educazione e la politica, non si avanzerà mai”, sostiene Julliand.
María Machicado, rappresentante di ONU Donne in Guatemala, ha ricordato che molti di questi temi "hanno profonde cause strutturali." Non possiamo pensare che incrementare i processi per femminicidio riduce la violenza."
Machicado ha stimato come un risultato l'investimento che si sta realizzando, "ma ancora si considera la donna e la bambina come un oggetto di proprietà", commentò.
Bisogna cambiare modelli culturali", affermò Machicado.
La violenza, un altro punto chiave. Il tasso di omicidi è "allarmante", commentò Julliand; "38 per ogni 100.000 abitanti, e nei giovani la cifra aumenta a 170 per 100.000."
Non ci sono spazi sicuri e liberi di violenza. Molte gravidanze sono frutto di delitti", spiegò Yolanda Ávila, rappresentante del Fondo per la Popolazione delle Nazioni Unite.
Infine, la salute. "Non esistono condizioni per garantire l'implementazione dei diritti sessuali e riproduttivi, la popolazione indigena e rurale non ha accesso", denunciò Avila. "La risposta istituzionale non raggiunge la copertura del 100%."
Ernesto Sinópoli, rappresentante dell'ONU per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO, in inglese), ha spiegato che il problema della denutrizione è serio e che deve lavorarsi per sradicare la fame, ed ha affermato che nei prossimi quattro anni appoggeranno programmi di sviluppo rurale con enfasi sull'agricoltura familiare.
Il capo della Segreteria per la Sicurezza Alimentare e Nutrizionale (Sesán), Luis Enrique Monterroso, ha indicato che le valutazioni delle agenzie internazionali non includono gli avanzamenti del “Patto Fame Zero” perché si basano su dati ufficiali, richiesti nell'inchiesta sulla Salute Materno Infantile del 2009.
La seconda preoccupazione dell'ONU è il tasso di omicidi di 38 per 100.000, e che in alcuni regioni arriva a 80 per 100.000.
Il coordinatore residente ha detto che, separando i dati, la popolazione più colpita è quella dei giovani tra 15 e 23 anni, poiché il tasso può arrivare fino a 170 omicidi per 100.000 abitanti. Ha sottolineato che i paesi in guerra hanno un tasso di 80 morti per 100.000 abitanti.
Il presidente Otto Pérez Molina assicurò nello scorso agosto che il tasso di omicidi era diminuito del 15% in tutto il paese e che nel dipartimento di Guatemala era di 5%.
Richard Barathe, direttore per il Guatemala del Programma dell'ONU per lo Sviluppo, ha sottolineato i problemi di governabilità e gli alti livelli di conflittualità causati specialmente dal rifiuto dello sfruttamento di risorse naturali.
Barathe assicurò che appoggeranno il paese per ridurre questi indici.
Durante i primi 15 mesi di governo, secondo dichiarazioni del vicepresidente Roxana Baldetti, sono stati risolti sette conflitti sociali, di 1.200 che c'e ne sono nel paese, molti dei quali sono latenti da anni.
Il rappresentante dell'ONU per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco), Julio Carranza, ha spiegato che l’Unesco è preoccupata per la violenza contro i giornalisti. Ha affermato che il Governo deve garantire il lavoro che fa la stampa e provvedere condizioni per effettuare con libertà questo lavoro.
Il Dirigente annunciò nello scorso agosto che avrebbe installato un sistema di protezione per i giornalisti, affinché un'unità di investigazione determini chi sono i responsabili degli attacchi contro la corporazione e che siano processati.
Ricardo García, coordinatore del Programma dell'ONU sul HIV in Guatemala (Onusida), ha spiegato che in America Centrale il Guatemala è l'unico che si considera ancora "di impatto", poiché esistono sfide e brecce importanti nell'accesso alle cure e alla prevenzione.
Il funzionario ha assicurato che nel paese non si è superata la trasmissione del virus da madre a figlio durante il parto.
Il Ministero della Salute ha un budget di 17 milioni di quetzales per la cura dei pazienti con HIV, ma destina 15 milioni di quetzales in medicine. Altri coordinatori parlarono di femminicidio e violenza contro la donna, dovuto a cause strutturali, migrazioni, specialmente della popolazione rurale, indigena e povera, e gravidanze in adolescenti che aumentano.
Centro de Estudios de Guatemala, 23-29/10/2013

800 - ONU RESALTA CINCO DESAFÍOS PENDIENTES PARA GUATEMALA

La Organización de las Naciones Unidas (ONU) conmemoró la firma a 51 manos de la Carta de las Naciones Unidas, el 24 de octubre de 1945, ratificada por los entonces países miembros. Hoy, 68 años después, la ONU repasa los retos que todavía debe enfrentar Guatemala. “La brecha sigue siendo muy larga. Hay crecimiento económico, pero poco crecimiento social”, lamenta Valerie Julliand, coordinadora residente del Sistema de las Naciones Unidas.
“La pobreza y la desigualdad en Guatemala son más marcadas que en otros países de América Latina”, explica. La mejora, comenta Julliand, empieza por la lucha contra la desnutrición. “Si un niño no es bien nutrido, no puede desarrollar su potencial mental. No será un adulto sano, y si no enfrentamos este problema, no hay solución”.
“La desnutrición limita el desarrollo del país. No tener una buena alimentación los dos primeros años de vida implica un retraso que nunca se podrá recuperar”, alarmó Mario Touchette, representante del Programa Mundial de Alimentos.
Después, la igualdad de género. “Si no se deja a las mujeres la posibilidad de ejercer sus derechos de la misma manera que los hombres y, además, son víctimas de violencia y no tienen acceso a la educación y a la política, nunca se avanzará”, resumió Julliand.
María Machicado, representante de ONU Mujeres en Guatemala, recordó que muchos de estos temas “tienen profundas causas estructurales”. “No podemos pensar que incrementando los juzgados de feminicidio vamos a reducir la violencia”.
Machicado valoró como un logro la inversión que se está realizando, “pero todavía se considera a la mujer y niña como un objeto de propiedad”, comentó.
“Hay que cambiar patrones culturales”, afirmó Machicado.
La violencia, otro punto clave. “La tasa de homicidios es alarmante”, comentó Julliand; “38 por cada 100 mil habitantes, y en los jóvenes la cifra asciende a 170 por 100 mil”.
“No hay espacios seguros y libres de violencia. Muchos embarazos son fruto de delitos”, explicó Yolanda Ávila, representante del Fondo de Población de las Naciones Unidas.
Por último, la salud. “No existen condiciones para garantizar la implementación de los derechos sexuales y reproductivos, la población indígena y rural no tiene acceso”, denunció Ávila. “La respuesta institucional no alcanza la cobertura del cien por cien”.
Ernesto Sinópoli, representante de la ONU para la Alimentación y la Agricultura (FAO, en inglés), explicó que el problema de desnutrición es serio y que se debe trabajar para erradicar el hambre, y afirmó que en los próximos cuatro años apoyarán programas de desarrollo rural con énfasis en la agricultura familiar.
El jefe de la Secretaría de Seguridad Alimentaria y Nutricional (Sesán), Luis Enrique Monterroso, ha indicado que las evaluaciones de las agencias internacionales no incluyen los avances del Pacto Hambre Cero porque se basan en datos oficiales, recabados en la encuesta de Salud Materno Infantil del 2009.
La segunda preocupación de la ONU es la tasa de homicidios de 38 por cien mil habitantes, y que en algunas regiones llega a 80 por 100 mil.
La coordinadora residente dijo que, al separar los datos, la población más afectada son los jóvenes de entre 15 y 23 años, ya que la tasa puede llegar hasta 170 homicidios por cien mil habitantes. Destacó que los países en guerra tienen una tasa de 80 muertes por cien mil habitantes.
El presidente Otto Pérez Molina aseguró en agosto último que la tasa de homicidios se redujo 15 por ciento en todo el país y que en el departamento de Guatemala era de 5 por ciento.
Richard Barathe, director de país del Programa de la ONU para el Desarrollo, destacó los problemas de gobernabilidad y altos niveles de conflictividad causados en especial por el rechazo a la explotación de recursos naturales.
Barathe aseguró que apoyarán al país para reducir estos índices.
Durante los primeros 15 meses de gobierno, según declaraciones de la vicepresidenta Roxana Baldetti, se solucionaron siete conflictos sociales, de mil 200 que hay en el país, muchos de los cuales se arrastran desde años atrás.
El representante de la ONU para la Educación, la Ciencia y la Cultura (Unesco), Julio Carranza, explicó que a esa agencia le preocupa la violencia que se genera contra los periodistas. Aseguró que el Gobierno debe garantizar el trabajo que hace la Prensa y proveer condiciones para efectuar con libertad esta labor.
El Ejecutivo anunció en agosto último que instalaría un sistema de protección a periodistas, para que una unidad de investigación determine quiénes son los responsables de los ataques contra el gremio y que sean llevados a los tribunales.
Ricardo García, coordinador del Programa conjunto de la ONU sobre el VIH Sida en Guatemala (Onusida), explicó que en Centroamérica el país es el único que todavía se considera “de impacto”, debido a que existen desafíos y brechas importantes en el acceso a tratamiento y prevención.
El diplomático aseguró que en el país no se ha superado la transmisión del virus de madre a hijo durante el parto.
El Ministerio de Salud tiene un presupuesto de Q17 millones para la atención de pacientes con VIH, pero destina Q15 millones en medicamentos. Otros coordinadores hablaron sobre femicidio y violencia contra la mujer, debido a causas estructurales, migraciones, especialmente de la población rural, indígena y pobre, y embarazos en adolescentes, que se incrementan.
Centro de Estudios de Guatemala, 23-29/10/2013

sabato 9 novembre 2013

799 - CASI DI GENOCIDIO NON DEVONO RICEVERE AMNISTIA: NAVY PILLAY

Navy Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani, ha ricordato che i casi di genocidio non devono godere di amnistia. Questa affermazione è stata espressa dopo che la Corte di Costituzionalità ha emesso una sentenza a beneficio di Efraín Ríos Montt, nella quale si ordina ad un tribunale di argomentare il perché essere concede o rifiuta questo beneficio all'accusato.
“Spero che il giudizio a Rios Montt conduca, alla fine, al giustizia tanto anelata da migliaia di vittime di gravi violazioni di diritti umani e crimini contro l'umanità, commesse durante i 36 anni di conflitto in Guatemala”, dichiarò Pillay in un'intervista a Radio ONU.
L’Alto Commissario ha segnalato che l'amnistia non deve essere mai applicata al genocidio e ai crimini contro l'umanità, per quello ha sottolineato che gli Stati hanno l'obbligo di rispettare le leggi internazionali che così stabiliscono.
Rios Montt è stato condannato a 80 anni di prigione, lo scorso 10 maggio, per i delitti di genocidio e contro l'umanità, per la morte di 1.771 membri dell'etnia Ixil, in Quiché, durante il suo governo.
Tuttavia, 10 giorni dopo la sentenza, la Corte Costituzionale il CC ha revocato la condanna, affermando che erano avvenuto errori durante il processo.
Mercoledì 23 ottobre, la Suprema Corte ordinò al Tribunal A de Mayor Riesgo di emettere una nuova risoluzione nella quale stabilisca perché al generale in pensione si deve applicare o no l'amnistia, basandosi sul Decreto 8-86.
Questo Decreto concedeva l’amnistia ai militari e guerriglieri che commisero violazioni tra il 23 marzo 1982 ed il 1 gennaio 1986, tuttavia rimase senza validità dopo la Legge di Riconciliazione Nazionale.
Centro de Estudios de Guatemala, 23-29/10/2013

798 - CASOS DE GENOCIDIO NO DEBEN TENER AMNISTÍA: NAVY PILLAY

Navy Pillay, Alta Comisionada de Naciones Unidas para los Derechos Humanos, recordó que los casos de genocidio no deben gozar de amnistía, la postura fue expresada luego de que la Corte de Constitucionalidad (CC) emitió un fallo a favor de Efraín Ríos Montt, en el que se ordena a un tribunal argumentar el por qué ser otorga o deniega este beneficio al acusado.
Espero que el juicio a Ríos Montt conduzca, al final, a la tan anhelada justicia para miles de víctimas de graves violaciones de derechos humanos y crímenes contra la humanidad, cometidos durante los 36 años de conflicto en Guatemala, declaró Pillay en una entrevista a Radio ONU.
La Alta Comisionada señaló que la figura de la amnistía nunca debe ser aplicada al genocidio y a los crímenes contra la humanidad, por lo que enfatizó que los Estados tienen la obligación de respetar las leyes internacionales que así lo estipulan.
Ríos Montt fue condenado a 80 años de prisión, el pasado 10 de mayo, por los delitos de genocidio y contra la humanidad, por la muerte de 1 mil 771 miembros de la etnia Ixil, en Quiché, durante su gobierno.
Sin embargo, 10 días después de la sentencia, la CC revocó la condena argumentando que habían existido errores durante el proceso.
El miércoles 23 de octubre, la Máxima Corte ordenó al Tribunal A de Mayor Riesgo emitir una nueva resolución en la que fundamente porque el militar retirado debe aplicar o no a la amnistía, basándose en el Decreto 8-86.
Este Decreto daba amnistía a los militares y guerrilleros que cometieron violaciones entre el 23 de marzo de 1982 y el 1 de enero de 1986, sin embargo quedó sin vigencia tras la Ley de Reconciliación Nacional.
Centro de Estudios de Guatemala, 23-29/10/2013

martedì 29 ottobre 2013

797 - DITTATORE GUATEMALTECO PUÒ ESSERE AMNISTIATO PER I CRIMINI DI GENOCIDIO

Il dittatore José Efraín Ríos Montt, che governò il Guatemala negli anni 1982-1983 ed è stato condannato per genocidio e crimini di guerra, può potrebbe essere libero delle accuse. Questo perché la Corte costituzionale ha sostenuto, mercoledì 24 ottobre, la retroattività della amnistia generale adottata nel paese nel 1986, creando un precedente per la liberazione del generale di 87 anni. La notizia ha suscitato critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani all'interno e all'esterno del paese. Amnesty International (AI) afferma che una eventuale amnistia Rios Montt sarebbe una "farsa giudiziaria". In un comunicato, Sebastian Elgueta, ricercatore per il Guatemala di AI, avverte: "Questo nuovo sviluppo è allarmante. Se confermato, il paese avrà regredito diversi decenni. L’amnistia non può mai essere applicata al genocidio e ai crimini contro l'umanità", dice, aggiungendo che della decisione beneficeranno anche gli altri condannati per sparizioni forzate, violenze sessuali, torture e omicidi.
In questo contesto, la Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) sta chiedendo ai parlamenti dei 28 Stati membri dell'UE di non ratificare l' Accordo di associazione UE - America centrale. In una dichiarazione, la FIDH esprime la sua costernazione per la decisione e mette in discussione l'indipendenza e l'imparzialità della Corte Costituzionale.
La Fondazione Rigoberta Menchú si è espressa chiedendo cautela e allertando in modo che non ci sia un errore di interpretazione delle informazioni rese dalla Corte costituzionale. Anche così, chiede alla società guatemalteca di essere vigile su possibili manovre della Corte e per affermare che tutte le persone siano giudicate nel rispetto della Costituzione e del diritto internazionale, in modo che i reati di ogni genere non rimangano impuniti.
E’ necessario ricordare che la Corte ha concesso l'amnistia, ma ha chiesto al giudice del Tribunal de Mayor Riesgo A, Patricia Flores, di emettere una risoluzione chiedendo perché accetta la richiesta di cancellazione della pena da parte della difesa del militare. Le critiche risiedono nel fatto che, al momento di valutare le argomentazioni della difesa, esiste la possibilità di amnistia al dittatore.
L'articolo 8 della Legge di Riconciliazione Nazionale del 1996, che prevede l'amnistia per i reati politici commessi durante il conflitto armato interno, limita il campo di applicazione di tale beneficio, in modo che rimanga chiaro che "l'estinzione della responsabilità penale alla quale si riferisce la legge non si applica ai crimini di genocidio, tortura e sparizione forzata, così come dei delitti che siano imprescrittibili, o prevedano l’estinzione della responsabilità penale ai sensi del diritto nazionale con i trattati internazionali ratificati dal Guatemala".
Rios Montt ha governato il Guatemala dal 23 marzo 1982 al 8 agosto 1983. In quel breve periodo fu intensa la repressione militare contro l’etnia indigena Ixil, che rappresenta uno dei più piccoli gruppi di sopravvissuti Maya del paese. Si stima che in quasi un anno e mezzo di governo complessivo, 1.771 indigeni sono stati uccisi.
Il dittatore è stato condannato nel maggio di quest'anno a 80 anni di carcere. Tuttavia, 10 giorni dopo, la sentenza è stata ribaltata dalla Corte costituzionale per vizi di forma, per questo motivo, il processo è stato riaperto. Rios Montt è oggi agli arresti domiciliari in attesa del risultato del suo processo. Un nuovo processo avrà inizio nel mese di aprile 2014.
Adital, 25/10/2013

796 - DICTADOR GUATEMALTECO PUEDE SER AMNISTIADO POR DELITOS DE GENOCIDIO

El dictador José Efraín Ríos Montt, que gobernó Guatemala entre 1982 y 1983 y que fue condenado por genocidio y delitos de guerra, puede estar cerca de quedar libre de las acusaciones. Esto porque la Corte Constitucional apoyó, el último miércoles, 24 de octubre, la retroactividad de la amnistía general adoptada en el país en 1986, lo que abre precedente para la liberación del general de 87 años. La noticia generó críticas de parte de organizaciones de derechos humanos de dentro y fuera del país.
Amnistía Internacional (AI) afirma que una eventual amnistía de Ríos Montt sería una "farsa judicial”. En un comunicado, Sebastián Elgueta, investigador para Guatemala de AI, alerta: "Esta nueva evolución es alarmante. Si se confirma, el país habrá retrocedido varias décadas. Las amnistías nunca pueden ser aplicadas al genocidio y a los delitos contra la humanidad”, manifiesta, agregando que la decisión beneficiará también a otros condenados por desapariciones forzadas, violencia sexual, tortura y asesinatos.
En ese contexto, la Federación Internacional de Derechos Humanos (FIDH) está solicitando a los parlamentos de los 28 Estados de la Unión Europea que no ratifiquen el Acuerdo de Asociación Unión Europea - América Central. En un comunicado, la FIDH manifiesta su consternación ante la decisión judicial y cuestiona la independencia e imparcialidad de la Corte Constitucional.
La Fundación Rigoberta Menchú también se manifestó pidiendo cautela y alertando para que no haya una interpretación equivocada de la información divulgada por la Corte Constitucional. Aún así, pide a la sociedad guatemalteca que se mantenga alerta sobre las posibles maniobras de la Corte y para que reivindique que todas las personas sean juzgadas respetándose la Constitución Política y el derecho internacional, para que delitos de cualquier naturaleza no queden impunes.
Cabe recordar que la Corte no concedió la amnistía, pero pidió a la jueza de Mayor Riesgo "A”, Patricia Flores, que emita una resolución fundamentando por qué acepta el pedido de anulación de pena realizado por la defensa del militar. Las críticas residen en el hecho de que, al evaluarse los argumentos de la defensa, existe la posibilidad de amnistía al dictador.
El artículo 8 de la Ley de Reconciliación Nacional, de 1996, en que se prevé la amnistía para delitos políticos cometidos durante el conflicto armado interno, limita el alcance de ese beneficio, de modo que deja en claro que "la extinción de la responsabilidad penal a que se refiere la ley no será aplicable a los delitos de genocidio, tortura y desaparición forzada, así como a los delitos que sean imprescriptibles o que no admitan la extinción de responsabilidad penal de conformidad con el derecho interno a los tratados internacionales ratificados por Guatemala”.
Ríos Montt gobernó Guatemala del 23 de marzo de 1982 al 8 de agosto de 1983. En ese corto período, la represión militar fue intensa en contra de comunidades indígenas ixiles, etnia que representa uno de los menores grupos maya sobrevivientes del país. Se estima que, en este casi año y medio de gobierno del general, 1.771 indígenas fueron asesinados.
El dictador fue condenado en mayo de este año a 80 años de prisión. Sin embargo, 10 días después, la decisión judicial fue anulada por la Corte Constitucional por errores de procedimiento, que por ese motivo, el proceso volvió a abrirse. Ríos Montt se encuentra hoy con prisión domiciliaria esperando el resultado de su proceso judicial. Un nuevo juicio va a comenzar en abril de 2014.
Adital, 25/10/013

lunedì 28 ottobre 2013

795 - MONS. RAMAZZINI SULLE SOCIETÀ MINERARIE STRANIERE

Le società minerarie, principalmente canadesi, che sfruttano l'oro, l'argento e altri metalli in Guatemala e in Messico, "non solo lasciano soltanto le briciole, ma stanno generando conflitti sociali, e poi, in aggiunta, distruggono l'ambiente". E’ quanto afferma il Vescovo di Huehuetenango, in Guatemala, Sua Ecc. Mons. Alvaro Leonel Ramazzini Imeri. In una nota pervenuta all’Agenzia Fides, il Vescovo sottolinea che "per mantenere la pace sarebbe sufficiente fermare lo sfruttamento delle miniere in Guatemala", dove attualmente quattro miniere estraggono metalli, ma è noto che più di 168 lavorano senza autorizzazione.
"In Guatemala si assiste da più di otto anni ad una lotta per i cambiamenti nella legge mineraria. Ci sono gruppi contrari all'estrazione… Noi proponiamo una riforma profonda che davvero chiuda l'attività del settore estrattivo" ha detto il Vescovo parlando anche a nome della comunità locale. Quindi ha ribadito: "è sempre meglio consultare la popolazione circa l'attività mineraria. Per esempio a Huehuetenango, confinante con il Chiapas, praticamente tutta la popolazione non vuole questo tipo di attività mineraria, e dei 32 comuni, 30 sono contrari".
Mons.Ramazzini Imeri ha denunciato inoltre che queste compagnie minerarie "producono solo mali per l'impatto ambientale: lo spreco dell'acqua nelle zone dove scarseggia, l'uso di cianuro che va a finire nei fiumi. Alla fine poi non ci sono neanche vantaggi economici per il paese". Anche le aziende canadesi rappresentano "un generatore di conflitto sociale, poiché non rimane niente della ricchezza che dicono di lasciare alle comunità: infatti dell'1 per cento che devono pagare secondo la legge, lo 0,5 per cento va al comune e l'altro 0,5 al governo centrale".
Agenzia Fides, 23/10/2013

794 - MONS. RAMAZZINI SOBRE LAS EMPRESAS MINERAS EXTRANJERAS

Las empresas mineras, principalmente canadienses que explotan oro, plata y otros mentales en Guatemala y en México “no sólo dejan migajas sino que son generadoras de conflictos sociales, además de que destruyen el medio ambiente”. Es lo afirmado por el obispo de Huehuetenango, en Guatemala, Su Exc. Mons. Alvaro Leonel Ramazzini Imeri. En una nota recibida en la Agencia Fides, el obispo subraya que “para mantener la paz sería suficiente que paremos la explotación de minas en Guatemala”, donde actualmente se extraen metales de cuatro minas pero se sabe que trabajar por lo menos 168 más sin autorización.
“En Guatemala se asiste a una lucha desde hace más de ocho años para lograr cambios en la Ley de Minería. Hay muchos grupos en contra de la extracción... Nosotros proponemos hacer una reforma profunda que realmente cierre las actividades de industria de extracción” ha dicho el obispo hablando también en nombre de la comunidad local. Luego ha añadido: “lo ideal es que se consulte a los pueblos” acerca de la explotación minera porque por ejemplo en Huehuetenango, departamento colindante con Chiapas, prácticamente “todas las poblaciones no quieren ya minería; de los 32 municipios, 30 se oponen”.
Mons. Ramazzini Imeri ha denunciado además que las empresas que explotan minas “generan muchos males por el impacto ambiental: el uso del agua en países donde comienza a escasear, el uso del cianuro y conflictividad, además de que dejan poquísimas ventajas económicas”. Además las compañías canadienses “son un generador de conflictividad social, porque no dejan nada de riqueza para las comunidades: porque del 1 por ciento de lo que deben pagar según la ley, el 0.5 por ciento va al ayuntamiento y el otro 0.5 al gobierno central”.
Agencia Fides, 23/10/2013

793 - MGR. RAMAZZINI ON FOREIGN MINING COMPANIES

The mining companies, mostly Canadian, which exploit the gold, silver and other metals in Guatemala and Mexico, "not only leave crumbs, but are generating social conflicts, and then, in addition, destroy the environment". This is what the Bishop of Huehuetenango, Guatemala, His Exc. Mgr. Alvaro Leonel Ramazzini Imeri said. In a note sent to Fides Agency, the Bishop points out that "in order to maintain peace it would be enough to stop the exploitation of mines in Guatemala", where currently four mines extract metals, but it is known that more than 168 work without permission.
"For eight years there has been a struggle for changes in the mining laws in Guatemala. There are groups opposed to the extraction ... We propose a radical reform that closes the mining sector activity", said the Bishop speaking also on behalf of the local community. Then he reiterated: "It is always best to consult the population about the mining activity. For example, in Huehuetenango, bordering Chiapas, virtually the entire population does not want this type of mining, and out of 32 municipalities, 30 are opposed".
Msg. Ramazzini Imeri also denounced that these mining companies "have a negative environmental impact: the waste of water in areas where it is scarce, the use of cyanide which ends up in the rivers. There are no economic benefits for the country". Canadian companies also represent "a generator of social conflict, since there is nothing left of the wealth they say they leave to the community: in fact out of the 1 per cent they have to pay according to the law, 0.5 percent goes to the municipality and the another 0.5 to the central government".
Agenzia Fides 23/10/2013

domenica 29 settembre 2013

792 - DON ÁLVARO, UN VESCOVO «INCARNATO» NEL SUO POPOLO

Un Paese in movimento il Guatemala. Miseria e interminabili decenni di guerra hanno costretto gli abitanti a un "moto perenne" per la sopravvivenza. Gli accordi di pace non hanno arrestato la marcia dei nativi, condannati dall’isolamento dei loro poveri villaggi a spostarsi. Sulla strada dissestata per Santa Lucia Talux, alle 11 di quel giorno afoso del 989 si incrociano i destini di due uomini. Uno è un vescovo viandante: zaino in spalla vuole percorrere l’intera regione per incontrare tutte le comunità, anche le più sperdute. L’altro è un contadino senza nome. Il primo si ferma per chiedergli indicazioni. Nota il fagotto che porta con sé e chiede cosa contenga. L’indigeno svolge il panno colorato. Dentro c’è una neonata. Ha il morbillo e deve portarla all’ospedale a Tajamulco, a ore di distanza. Uno sforzo ormai inutile, si accorge il vescovo: la bimba è morta. È questo l’ingresso di Álvaro Leonel Ramazzini Imeri, allora 41 enne, nella diocesi che avrebbe guidato per 23 anni: San Marcos, nel nord-ovest. Da allora, l’opzione per i poveri, gli "scarti umani" di un sistema sociale crudele e arcaico diventa la sua «seconda pelle». «Credo che raggiungere l’empatia con la gente presupponga un contatto personale, disponibilità e apertura anche per capire e cercare di vivere nella propria carne quello che la gente soffre», spiega "monseñor" agli autori di questo libro, Daniela Sangalli e Aldo Corradi, che racconta la storia personale e pastorale di un vescovo che vive una fede incarnata nelle vicende del suo popolo.
Come scrive nella prefazione Alberto Vitali, che dall’Italia segue e accompagna da anni l’azione di Ramazzini, di lui «si può dire quanto vale per altri grandi vescovi latinoamericani: lo si può intendere solo a condizione di non estrapolarne la figura dalla situazione concreta del suo popolo». L’essenza del ministero di don Álvaro sta in una confessione: «Ho iniziato a sentire nel cuore il dolore delle famiglie, dei loro problemi, dei bambini che tagliano il caffè sotto la pioggia». Sentire il dolore, penetrarlo per portarvi dentro una goccia di speranza, anche ora nella diocesi di Huehuetenango. Esponente della Commissione che ha redatto gli accordi di pace del 1996, in prima linea per la difesa dei migranti come presidente della Pastorale della mobilità della Conferenza episcopale, voce instancabile contro il narcotraffico e le multinazionali minerarie che devastano il territorio, sono tantissime le vicende che l’hanno visto protagonista. Ramazzini non si tira mai indietro quando si tratta di testimoniare la "Buona Novella". E di proteggere i troppi dimenticati del Guatemala che la Chiesa gli ha affidato. Le costanti minacce di morte, i lunghi anni sotto scorta, i complotti per ucciderlo, le false notizie diffuse per screditarlo non l’hanno mai fatto arretrare di un passo. Don Álvaro continua a camminare. Fedele al sogno affermato nella sua prima omelia a Huehuetenango: «Che nessuno sia lasciato indietro, che tutti andiamo avanti come un popolo che vuole veramente un avvenire differente per la generazione futura»
Lucia Capuzzi, Avvenire, 28/09/2013

D.Sangalli-A.Corradi
IN CAMMINO CON I MIEI POVERI. Monsignor Ramazzini: un vescovo in Guatemala
Paoline. Pagine 172. Euro 12,50

giovedì 19 settembre 2013

791 - RIGOBERTA MENCHÚ NON ESCLUDE NUOVA CANDIDATURA A PRESIDENTE DEL GUATEMALA

Prima donna indigena a ricevere il Premio Nobel per la Pace nel 1992, la guatemalteca Rigoberta Menchú Tum , non conferma né nega che possa ancora essere candidata per la presidenza del suo paese. 
In un'intervista al quotidiano argentino Página 12, in occasione della sua partecipazione al Forum internazionale per i diritti delle donne, svoltosi la scorsa settimana a Buenos Aires, alla domanda su una possibile candidatura, ha sottolineato solo l'importanza dei suoi due tentativi , nel 2007 e nel 2011 , per aprire lo spazio per le donne in politica.
"Quello che ho sempre fatto nella vita è stato aprire un varco e io sono completamente soddisfatta di aver aperto una porta per le donne in Guatemala , non importa la loro appartenenza etnica o istruzione superiore . Quando mi sono candidata per la presidenza nel 2007, nessuna donna era disposta , non c’erano nemmeno candidate a sindaco, il massimo che una donna poteva aspirare era di essere candidata deputata, ma in genere sono state collocate nelle liste in posizioni secondarie, senza alcuna possibilità di essere elette. Allora, con molta umiltà, in una campagna elettorale diseguale , con un partito appena nato , senza strutture né risorse”, ha detto la attivista dei diritti umani . Nelle due candidature , ha ricevuto poco più del 3 % dei voti .
Rigoberta ha fondato insieme al marito, il partito Winaq, con il quale si è candidata la seconda volta. Nel 2007, è stata candidata per un ampio fronte chiamato Encuentro por Guatemala . Secondo lei , Winaq interrompe la dicotomia sinistra / destra e punta verso direzioni diverse , puntando su equità etnica, di genere, generazionale, e per la propria organizzazione. "Facciamo una campagna non comperata né venduta, nella quale le persone hanno fiducia".
In poco più di due anni di esistenza , il Winaq ha già rappresentanza al Congresso. Attualmente , Rigoberta si occupa delle relazioni internazionali del partito, che lavora sui temi della trasparenza, della lotta contro l'impunità e, soprattutto, la questione fiscale: " l'impunità nella corruzione nella gestione delle risorse pubbliche , il monitoraggio e tutoraggio dei popoli indigeni a non cadere nella corruzione , perché molte delle nostre istanze Maya, essendo intoccabili , permettono di agire così ... A volte , vi è una certa complicità, allora abbiamo deciso di interrompere con quel circolo vizioso”.
L’indigena di origine Maya, il cui padre , Vicente Menchú Perez era un militante contadino, e la madre , Juana Tum Kotoja , un'ostetrica popolare nella comunità di El Quiché , in Uspatán , dice che vorrebbe scrivere libri che presentano le sue memorie , i fondamenti etici della lotta indigena e antichi insegnamenti del suo popolo. A metà degli anni 1980, Elisabeth Burgos ha scritto, basato su interviste a Rigoberta , il libro autobiografico "Mi chiamo Rigoberta Menchu e così è nata la mia coscienza”. La popolarità del libro le avrebbe facilitato l’assegnazione del Nobel e alcune domande su la veridicità delle storie. La situazione economica e la militanza sociale della sua famiglia sarebbero state modificate per dare un quadro di povertà che non corrispondeva con la verità.
La verità è che Rigoberta ha perso il padre e la madre, che sono stati uccisi durante la guerra civile del Guatemala, che è durato 36 anni (1960-1996), e due dei suoi fratelli sono ancora dispersi . Nel 1980, andò in esilio in Messico, dove ha condotto la sua lotta per i diritti umani. Lei crede che la più grande eredità lasciata da lei e da altri attivisti hanno portato alla fine del conflitto armato interno . Tuttavia, è ancora necessario recuperare la dignità delle persone, vittime di abusi violenze . "Allora, la dignità di tutti noi, la verità delle vittime e di tutti i guatemaltechi , è una fase molto difficile. L'impunità continua anche oggi . Non credo che questa situazione duri pochi decenni, perché i figli di coloro che hanno commesso il genocidio non hanno intenzione di ammetterlo".
Rigoberta spera che i guatemaltechi si assumano le loro responsabilità individuali al momento del voto.
Adital , 18/09/2013

790 - RIGOBERTA MENCHÚ NO DESCARTA NUEVA CANDIDATURA A LA PRESIDENCIA DE GUATEMALA

Primera mujer indígena en recibir el Premio Nobel de la Paz, en 1992, la guatemalteca Rigoberta Menchú Tum, no confirma ni niega que pueda volver a ser candidata a la Presidencia de la República de su país. En entrevista con el diario argentino Página 12, debido a su participación en el Forum Internacional por los Derechos de las Mujeres, realizado la última semana en Buenos Aires, cuando se le preguntó sobre una posible candidatura, ella sólo destacó la importancia de sus dos intentos, en 2007 y 2011, para abrir el espacio de las mujeres a la política.
"Lo que siempre hice en la vida fue abrir una brecha y estoy completamente satisfecha en haber abierto una puerta para las mujeres en Guatemala, no importa su etnia ni su educación elevada. Cuando yo me lancé a la candidatura presidencial, en 2007, ninguna mujer estaba dispuesta, ni siquiera había candidatas a alcaldes, lo máximo que una mujer podía aspirar era ser candidata a diputada, pero normalmente eran colocadas en las listas en lugares inferiores sin posibilidades. Entonces, salimos con mucha humildad, en una campaña desigual, con un partido recién nacido, sin estructuras, ni recursos”, observó la activista por los derechos humanos. En los dos intentos, ella recibió poco más del 3% de los votos.
Rigoberta fundó conjuntamente con su marido, el partido Winaq, con el que disputó su segunda elección. En 2007, fue candidata por un frente amplio llamado Encuentro por Guatemala. Según ella, el Winaq rompe con la dicotomía izquierda/ derecha y se lanza en direcciones diversas, apuntando a la equidad étnica, de género, generacional y hacia una organización propia. "Hacemos una campaña no comprada, ni vendida, en la que las personas confíen”.
En poco más de dos años de fundación, el Winaq ya tiene representación en el Congreso. Actualmente, Rigoberta ocupa la función de relaciones internacionales del partido, que trabaja sobre temas como la transparencia, el combate a la impunidad y, sobre todo, la cuestión fiscal: "la impunidad en la corrupción en el manejo de los recursos públicos; la vigilancia y la asesoría de los pueblos indígenas para que tampoco caigan en la corrupción, porque muchas de nuestras instancias mayas, por ser intocables, permiten actuar así... A veces, hay cierta complicidad, entonces, decidimos romper con esos círculos”.
La indígena de ascendencia maya, cuyo padre, Vicente Menchú Pérez, fue un militante campesino, y la madre, Juana Tum Kótoja, una conocida partera en la comunidad El Quiché, en Uspatán, afirma que le gustaría escribir libros que den cuenta de sus memorias, los fundamentos éticos de la lucha indígena y también las enseñanzas ancestrales de su pueblo. A mediados de la década de 1980, Elisabeth Burgos escribió, a partir de entrevistas con Rigoberta, el libro autobiográfico "Me llamo Rigoberta Menchú y así me nació la conciencia”. La popularidad del libro le habría facilitado el acceso al Nobel y algunos cuestionamientos sobre la veracidad de los relatos. La situación económica y la militancia social de su familia habrían sido alteradas para dar una imagen de pobreza que no condecía con la verdad.
La verdad es que Rigoberta perdió a su padre y madre, que fueron asesinados durante la guerra civil de Guatemala, que duró 36 años, de 1960 a 1996, y dos de sus hermanos continúan desaparecidos. En los años 1980, tuvo que exiliarse en México, desde donde condujo su lucha por los derechos humanos. Ella cree que el mayor legado dejado por ella y otros activistas permitió el fin del conflicto armado interno. Sin embargo, todavía es preciso recuperar la dignidad de las personas, de las víctimas de abuso de violencias. "Entonces, la dignificación de todos nosotros, por la verdad de las víctimas y de todos los guatemaltecos, es una etapa muy difícil. Inclusive hoy la impunidad continúa. No creo que esta situación dure pocas décadas, porque los hijos de los perpetuadores del genocidio nunca van a reconocerlo”.
Rigoberta espera que los guatemaltecos asuman su responsabilidad individual a la hora de votar.
Adital, 18/09/2013

giovedì 22 agosto 2013

789 - CEG HA MOSTRATO PREOCCUPAZIONE PER L'ESCALATION DI VIOLENZA

La Conferenza Episcopale del Guatemala (CEG) ha espresso preoccupazione per la crescente violenza che colpisce il Paese e perché i cittadini "a poco a poco pericolosamente si rassegnano" ad accettare come normale ". E ' dovere di tutte le persone non perdere il senso del rispetto per la vita. Ci stiamo abituando alle 17 morti violente al giorno, senza dire niente, e la cosa peggiore è l'indifferenza", ha spiegato Rodolfo Valenzuela, presidente della CEG, in una conferenza stampa, dopo aver reso pubblica lettera pastorale dei vescovi del Guatemala, in occasione della celebrazione dell'Anno della Fede.
Il sacerdote ha aggiunto che è dovere di tutta la società lottare per la sicurezza e richiedere alle autorità "di mantenere le promesse".
Valenzuela era anche preoccupato per gli alti livelli di corruzione nel paese, e ha detto che questa non è diffusa solo nelle istituzioni governative, ma anche nelle imprese private e tra i cittadini "comuni".
"Abbiamo bisogno di fare una riflessione perchè i cambiamenti devono venire anche dal basso. Anche il guatemalteco comune sistemare le cose con una butarella, invece di rispettare la legge ", ha spiegato Valenzuela.
Centro de Estudios de Guatemala, 7-13 agosto 2013

788 - CEG MOSTRO PREOCUPACIÓN POR CRECIENTE VIOLENCIA

La Conferencia Episcopal de Guatemala (CEG) mostró preocupación por la creciente violencia que afecta al país y porque los ciudadanos “poco a poco se resignan peligrosamente” a aceptarla como normal. “Es tarea de todo el pueblo no perder el sentido del respeto a la vida. Nos vamos acostumbrando a los 17 muertos diarios violentamente, sin decir nada, y lo peor es la indiferencia”, expuso Rodolfo Valenzuela, presidente de la CEG, en conferencia de prensa, después de dar a conocer la carta pastoral de los obispos de Guatemala, en ocasión de la celebración del Año de la Fe.
El religioso agregó que corresponde a la sociedad entera luchar por la seguridad y exigir a las autoridades “que cumplan con lo que prometieron”.
Valenzuela también mostró preocupación por los altos índices de corrupción en el país, y dijo que esta no se da solo en las instituciones gubernamentales, sino también en las empresas privadas y entre los ciudadanos “de a pie”.
“Es necesario hacer una reflexión para que los cambios vengan también desde abajo. También el guatemalteco de a pie arregla las cosas con una mordida o con un sobrecito, en vez de respetar la Ley”, expuso Valenzuela.
Centro de Estudios de Guatemala, 7-13 agosto 2013

787 - LA CIDH HA ORDINATO LA PROTEZIONE DEI GIUDICI CHE HANNO PROCESSATO EFRAIN RIOS MONTT

La Commissione interamericana dei diritti umani ha concesso misure cautelari ai giudici che hanno giudicato e condannato l'ex dittatore José Efraín Ríos Montt accusato di genocidio e ha ordinato allo Stato del Guatemala di proteggere la vita e l'integrità dei giudici.
Le misure cautelari erano state richieste dal Centro per la Giustizia e il Diritto Internazionale e dal difensore civico dei diritti umani del Guatemala che hanno denunciato le minacce e il timore per l'integrità del giudici Yassmin Barrios Aguilar, Pablo Xitumul de Paz e Patricia García Bustamante, i membri del Tribunal Mayor Riesgo "B'' che ha condannato l'ex dittatore.
"I giudici della corte hanno subito una intensa campagna di discredito e di diffamazione, così come attacchi contro l'indipendenza della magistratura. Inoltre pubblicamente sono stati minacciati, anche da parte di avvocati della difesa dell'ex generale Ríos Montt," ha detto il Centro per la Giustizia e Diritto Internazionale in un comunicato stampa.
"Così è stato, ci sono stati assegnati delle misure di sicurezza e ci sono state notificate" o ha dichiarato Barrios Aguilar all'Associated Press.
Il Tribunale ha condannato l'ex dittatore il 10 maggio a 80 anni di prigione per genocidio e crimini contro l'umanità e assolto per gli stessi reati il Generale Mauricio Rodriguez Sanchez. Ma 10 giorni dopo la sentenza è stata annullata dalla Corte costituzionale, la più alta corte di giustizia nel paese centroamericano, allegando irregolarità nel processo e ha ordinato di rifare parte del processo.
Dopo l’annullamento della sentenza, il processo cambia di mano ed è ora il Tribunal de Mayor Riesgo "A'',quello che dovrà definire la data per realizzare la parte mancante del giudizio o per riprendere il processo dall'inizio.
Rios Montt, 86 anni, è stato processato 13 anni dopo che era stata denunciata la morte di migliaia di indigeni Maya Ixil durante il governo di fatto tra il 1982 e il 1983. I giudici lo hanno accusato di aver ordinato e diretto i piani di guerra, eseguiti dall'Esercito del Guatemala, per individuare e sterminare il gruppo etnico Ixil.
Durante il processo, che è durato circa due mesi, durante i quali la difesa dell’ex generale ha presentato costantemente appello, decine di vittime hanno testimoniato su omicidi, esecuzioni, stupri di massa, sparizioni forzate e deportazioni forzate, tra gli altri, eseguiti dall'esercito del Guatemala, che era sotto il comando di Rios Montt.
La guerra del Guatemala tra il governo di destra e ribelli di sinistra è durata 36 anni, dal 1960 al 1996, è costata più di 200.000 vite umane e 50.000 dispersi, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, e si è conclusa con un accordo di pace nel 1996.
Centro de Estudios de Guatemala, 7-13 agosto 2013

786 - CIDH ORDENA PROTEGER A JUECES QUE PROCESARON A EFRAÍN RÍOS MONTT

La Comisión Interamericana de Derechos Humanos otorgó medidas cautelares a los jueces que juzgaron y condenaron al exdictador José Efraín Ríos Montt por el delito de genocidio y ordenó al Estado de Guatemala proteger la vida e integridad de los magistrados.
Las cautelares habían sido solicitadas por el Centro por la Justicia y el Derecho Internacional y la Procuraduría de los Derechos Humanos de Guatemala que alegaron amenazas y temor por la integridad de los jueces Yassmín Barrios Aguilar, Pablo Xitumul de Paz y Patricia Bustamante García, integrantes del Tribunal de Mayor Riesgo "B'' que condenó al exdictador.
"Los jueces del citado tribunal han sufrido una intensa campaña de desprestigio y estigmatización, así como ataques a su independencia judicial. Además han sido amenazados públicamente, inclusive por abogados de la defensa del exgeneral Ríos Montt", dijo el Centro por la Justicia y el Derecho Internacional en un comunicado de prensa.
"Así fue, nos concedieron medidas a los tres juzgadores, ya nos notificaron", agregó Barrios Aguilar en declaraciones a The Associated Press.
El tribunal condenó el 10 de mayo al exdictador a 80 años de prisión por los delitos de genocidio y contra los deberes de la humanidad y absolvió por los mismos delitos al general Mauricio Rodríguez Sánchez. Pero 10 días después la sentencia fue anulada por la Corte de Constitucionalidad, el máximo órgano de justicia en el país centroamericano, argumentando vicios en el proceso y ordenó que una parte del juicio se rehiciera.
Tras la anulación de la sentencia, el proceso cambió de manos y es ahora el Tribunal de Mayor Riesgo "A'' el que tendrá que definir la fecha para realizar la parte faltante del juicio o para iniciar el proceso desde el principio.
Ríos Montt, de 86 años, fue juzgado 13 años después de haberse denunciado la muerte de miles de indígenas maya ixiles durante su gobierno de facto entre 1982 y 1983. La fiscalía lo acusó de haber ordenado y dirigido planes de guerra, ejecutados por el Ejército de Guatemala, para localizar y exterminar a dicha etnia.
Durante el juicio, que duró unos dos meses en los que la defensa del exgeneral presentó constantemente recursos judiciales, decenas de víctimas testificaron sobre asesinatos, ejecuciones, violaciones masivas, desapariciones forzosas y desplazamientos forzosos, entre otros, realizados por el ejército de Guatemala que entonces estaba bajo el mando de Ríos Montt.
La guerra guatemalteca entre el gobierno de derecha y los rebeldes izquierdistas duró 36 años, de 1960 a 1996, costó más de 200 mil vidas y 50 mil desaparecidos según un informe de las Naciones Unidas y terminó con un acuerdo de paz en 1996.
Centro de Estudios de Guatemala, 7-13 agosto 2013

sabato 17 agosto 2013

785 - L’INDICE DELLE RAGAZZE INCINTE È IN AUMENTO

Le autorità sanitarie d i Huehuetenango e i rappresentanti del difensore civico dei diritti umani (PDH) e dell’Osservatorio per la Salute Riproduttiva (OSAR) sono allarmati perché è in aumento il tasso di ragazze tra i 11 e 15 anni che sono in stato di gravidanza, nonostante il lavoro preventivo che è stata fatto.
Secondo il registro statistico del Programma di Salute Riproduttiva dell’area Sud, da gennaio a maggio 2013 già sono 462 casi: quattro ragazze di 11, dieci di 12 anni, trentasette di 13, centodieci di 14 anni e 288 di 15 anni. A questi dati bisogna aggiungere i dati di giugno e luglio, che non sono ancora disponibili.
I municipi più colpiti nel 2012 sono Barillas, con 351 casi di bambine sotto i 15 anni Chiantla con 233, il capoluogo del dipartimento con 185, San Mateo Ixtatán con 142, e Cuilco con 137.
Lo stato preoccupa le autorità, poiché il numero di casi non corrisponde al numero delle segnalazioni che devono essere presentate ufficialmente quando la gravidanza riguarda una minore di 14 anni, perché si considera come una violazione, indipendentemente dal fatto che l'adolescente dato il suo consenso al padre del bambino per tenere relazioni sessuali.
Lilian Flores, incaricata del suddetto programma, ha detto che questo è un problema che storicamente identifica Huehuetenango, e anche se ci sono sforzi per ridurre i casi, ogni anno, questi sono in aumento.
Riferisce che i quattro casi di bambine sotto 11 anni invitano alla riflessione riguardante l'età in cui queste bambine iniziano la loro vita sessuale o se è stato uno stupro.
"Sapere se al momento del parto queste paziente devono essere collocate nel reparto di pediatria o di maternità, ci deve fare intraprendere azioni concrete per impedire alle ragazze di avere figli quando dovrebbero dedicarsi ad attività adeguate all'età, come lo studio e il gioco" ha detto la professionista.
Secondo Flores, la preoccupazione è che queste pazienti hanno maggiori fattori di rischio di mortalità, gestosi, nascita prematura, o il bambino può avere basso peso alla nascita.
"A livello sociale non hanno più accesso a un processo formale di studi per avere un futuro migliore. A livello psicologico, in principio, si genera la paura di essere madre, e soprattutto a mantenere una famiglia" ha detto.
Fattori
Secondo il direttore del Dipartimento di Salute Antonio Alfaro, la prevalenza di queste gravidanze è dovuta a fattori quali la pressione del gruppo, maggiori informazioni si ottengono da Internet e dai mass media, e gli aspetti culturali del dipartimento, in quanto vi sono villaggi dove si considera che una donna a 13 anni già deve essere madre.
Un altro grande problema è che il 25% delle morti materne in Huehuetenango riguarda le adolescenti.
Ha aggiunto che un altro fattore è che i metodi di pianificazione familiare sono visti come un peccato o tabù in queste zone del paese. "Non possiamo permettere che una ragazzina del quinto grado della scuola primaria sia già incinta all'età di 11 anni", ha detto
Sandra Mendoza, segretaria tecnica di Osar, ha riferito che il personale della Sanità non denuncia le gravidanze delle ragazze minori di 14 anni, perché spesso minacciato dai parenti delle ragazze.
Ha segnalato che di tutte le nascite da adolescenti, solo 191 denunce sono state depositate a livello nazionale, determinando un numero uguale di uomini arrestati.
Erick Villatoro, della PDH, ha detto che vi è preoccupazione per il ripetersi di casi, nonostante gli sforzi di sensibilizzazione.
Prensa Libre, 2/08/2013

784 - ÍNDICE DE NIÑAS EMBARAZADAS VA EN AUMENTO

Autoridades de Salud de Huehuetenango y representantes de la Procuraduría de los Derechos Humanos (PDH) y del Observatorio de Salud Sexual y Reproductiva (Osar) están alarmados porque el índice de niñas de entre 11 y 15 años que resultan embarazadas va en aumento pese al trabajo preventivo que se ha realizado.
Según el registro estadístico del Programa de Salud Reproductiva del Área de Salud, de enero a mayo del 2013 ya suman 462 casos: cuatro niñas de 11 años, 10 de 12, 37 de 13, 110 de 14 y 288 de 15. A esos datos hay que sumarle junio y julio, que aún no están disponibles.
Los municipios más afectados en el 2012 son Barillas, con 351 casos de menores de 15 años; Chiantla, 233; la cabecera, 185; San Mateo Ixtatán, 142, y Cuilco, 137.
La situación alarma a las autoridades, ya que la cantidad de casos no concuerda con el número de denuncias que de oficio deben presentarse cuando se trata del embarazo de una menor de 14 años, pues se considera como una violación, sin importar que la adolescente haya dado su consentimiento al padre del bebé para sostener relaciones sexuales.
Lilian Flores, encargada del referido programa, considera que este ha sido un problema que identifica históricamente a Huehuetenango, y que aunque hay esfuerzos para que los casos se reduzcan, cada año estos se incrementan.
Refiere que los cuatro casos de menores de 11 años invitan a reflexionar respecto de la edad a la que estos niños inician su vida sexual o si se trató de una violación.
“Saber si a la hora del parto a estas pacientes se les debe instalar en la pediatría o en sala de maternidad nos debe hacer tomar acciones concretas para evitar que niñas tengan niños cuando debieran estar en actividades acordes a su edad, como estudiar y jugar”, dijo la profesional.
De acuerdo con Flores, lo preocupante es que estas pacientes tienen mayores factores de riesgo de mortalidad, toxemias del embarazo, partos prematuros, o el bebé puede tener bajo peso al nacer.
“Socialmente ya no tienen acceso a un proceso formal de estudios para que tenga un mejor futuro. A nivel psicológico, en principio se genera miedo al proceso de ser madre, y sobre todo a mantener un hogar”, refirió.
Factores
Según el director del Área de Salud Antonio Alfaro, la prevalencia de estos embarazos se debe a factores como la presión de grupo, mayor cantidad de información que se tiene a través de internet y medios masivos de comunicación, y aspectos culturales del departamento, pues hay aldeas donde se considera que una mujer a los 13 años ya debe ser madre.
Otro gran problema es que el 25 por ciento de muertes maternas en Huehuetenango corresponde a adolescentes.
Agregó que otro factor es que los métodos de planificación familiar se ven como un pecado o un tabú en estas zonas del país. “No podemos permitir que una niña de quinto grado de primaria ya esté embarazada a los 11 años”, enfatizó
Sandra Mendoza, secretaria técnica de Osar, refirió que el personal de Salud no denuncia los embarazos de menores de 14 años, pues muchas veces son amenazados por familiares de las niñas.
Destacó que de la totalidad de partos en adolescentes, se presentaron solo 191 denuncias en todo el país, lo que dejó igual número de hombres detenidos.
Érick Villatoro, de la PDH, refirió que hay preocupación por la recurrencia de casos a pesar de los esfuerzos de sensibilización.
Prensa libre 2/08/2013

mercoledì 14 agosto 2013

783 - RITROVATI I RESTI DI 13 PERSONE MASSACRATE A CHINIQUE

Un totale di 13 scheletri sono stati trovati nel villaggio Choaxán, nel comune di Chinique, dipartimento di Quiché, durante i lavori di esumazione svolta dalla Fondazione Forense Antropologia del Guatemala (FAFG), dal 31 luglio.
Byron Garcia, della FAFG, ha detto in una fossa sono stati trovati i resti ossei di quattro persone; in un’altra fossa altri sei, e in quella in cui stanno attualmente lavorando ne hanno scoperti tre, ma probabilmente ce ne saranno di più, perché i parenti ritengono che in quel luogo sono stati sepolti 20 dei loro cari.
Alcuni abitanti conservano ancora speranza di trovare i resti dei parenti scomparsi durante il conflitto armato interno; finora è stata identificata una sola persona, perché portare una tessera dell’assicurazione, era una donna identificata come Isabel Gonzales Ventura, che secondo gli esperti sarebbe stata violentata e poi gettata nella fossa.
In un comunicato stampa rilasciato dal Consiglio nazionale per lo sviluppo integrale del Guatemala (CONCODIG), si è reso noto che il Comitato delle vittime della comunità continuerà a lavorare per trovare altri resti degli scomparsi, ha informato Quinilla Nicholas, direttore dell'ente .
Il comitato delle vittime ha detto nella dichiarazione, che insieme al FAFG, continuerà a fornire sostegno legale e sociale alle famiglie superstiti, nonché nelle procedure per le altre esumazioni dei cimiteri clandestini situati in Choaxán e per obbligare lo Stato a fare giustizia e punire tutti i responsabili di questi fatti, in modo che non rimangano impuniti; e inoltre chiede di non criminalizzare i dirigenti che lottano per lo sviluppo delle popolazioni indigene.
Gli antropologi del FAFG ritengono di avere ancora molto lavoro, possibilmente tutto l'anno prossimo, perché secondo gli abitanti della zona, nella stessa comunità vi sarebbe un'altra fossa comune in cui sono sepolte altre 50 vittime e già sono state realizzate le pratiche per l'avvio delle esumazioni.
Cerigua, 12/08/2013

782 - ENCUENTRAN LOS RESTOS DE 13 MASACRADOS EN CHINIQUE

Un total de 13 osamentas han sido encontradas en la aldea Choaxán, municipio de Chinique, departamento de Quiché, durante los trabajos de exhumación que realiza la Fundación de Antropología Forense de Guatemala (FAFG), desde el 31 de julio.
Byron García, de la FAFG, comentó que en una fosa se hallaron los restos óseos de cuatro personas; en otra los de seis más y en la que actualmente trabajan han descubierto tres, pero se presume que hay más, pues los familiares consideran que en el lugar fueron enterrados 20 de sus seres queridos.
Algunos vecinos mantienen la esperanza de encontrar los restos de sus familiares desaparecidos durante el conflicto armado interno; de momento sólo ha sido identificado uno, pues portaba un carné del seguro social; era una mujer identificada como Isabel Gonzales Ventura, quien según los expertos habría sido violada y luego lanzada a la fosa.
En un comunicado de prensa publicado por el Consejo Nacional de Desarrollo Integral de Guatemala (CONCODIG), se dio a conocer que el comité de víctimas de la comunidad continuará trabajando para dar con más restos de los desaparecidos, informó Nicolás Quinilla, directivo de la entidad.
El comité de víctimas dio a conocer en el comunicado, que junto a la FAFG continuarán con el acompañamiento jurídico y social a las familias sobrevivientes, así como en los trámites para más exhumaciones en los cementerios clandestinos ubicado en Choaxán y exigen al Estado que se haga justicia y se castigue a los responsables de todos esos hechos, para que no queden en la impunidad; además solicitan no criminalizar a los líderes que luchan por el desarrollo del pueblo indígena.
Los antropólogos de la FAFG consideran que aún tienen mucho trabajo, posiblemente todo el próximo año, pues según los vecinos, en la misma comunidad habría otro cementerio clandestino en la que sepultaron a otras 50 víctimas y que ya se realizan los trámites para el inicio de las exhumaciones.
Cerigua, 12/08/2013

781 - LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA HA IMPOSTO LA CENSURA E L'AUTOCENSURA IN GUATEMALA: ILEANA ALAMILLA

C'è un problema serio di censura e autocensura nel paese, imposto dalla criminalità organizzata e dal traffico di droga, che ha oscurato e limitato il flusso di informazioni alla società; dal 2000 ad oggi 20 giornalisti sono stati uccisi in Guatemala, tre di loro nel corso del 2013, ha detto Ileana Alamilla, direttrice di Cerigua e coordinatore dell'Osservatorio dei Giornalisti.
In un'intervista concessa a Dialogo Libero, Prensa Libre, Alamilla ha detto che come misura di protezione per la stampa nazionale il governo deve attuare un Programma per la Protezione dei Giornalisti, che è già stato presentato al potere esecutivo.
Ha ricordato che Cerigua organizza workshop nei dipartimenti e nella capitale con gli operatori della comunicazione sociale, che trattano argomenti come il diritto internazionale, protocolli di sicurezza, meccanismi di protezione nazionale. .
Per quanto riguarda il caso di Rolando Miranda, corrispondente di Prensa Libre in Retalhuleu, Alamilla detto che il caso le sembra incredibile, perché la nota che lo ha accusato presenta il bilancio la citazione delle fonti citate semplicemente ha trasferito in modo professionale le informazioni.
Attualmente accompagniamo il processo di creazione di una federazione dipartimentale di giornalisti, composta da nove organizzazioni, negoziando il Programma per la Protezione dei Giornalisti, ha detto Alamilla e ha ricordato che il presidente Otto Pérez Molina ha promesso di firmare il documento che ha darà inizio al programma, ma non lo ha fatto.
Nel corso del primo semestre dell'anno, l'osservatorio dei Giornalisti di Cerigua ha documentato un totale di 20 attacchi alla libertà di stampa e di parola a livello nazionale, tra cui due omicidi, una aggressione fisica e minaccia, sei minacce e tre ostruzioni.
Finora quest'anno sono stati uccisi in Guatemala tre professionisti della comunicazione, tutti all'interno del paese, il primo caso è stato registrato il 20 marzo a Ciudad Pedro de Alvarado, Jutiapa, quando assalitori sconosciuti hanno ucciso per strada il giornalista Jaime Jarquín Napoleon Duarte, collaboratore de Nuestro Diario.
Il secondo fatto si è verificato in modo uguale in Jutiapa il 7 aprile, quando fu assassinato il vice presidente dell'Associazione dei Giornalisti Jutiapanecos (APJ) Luis Alberto Lemus Ruano.
L'ultimo è avvenuto il 6 agosto a Zacapa, quando due sconosciuti hanno sparato al giornalista e conduttore radiofonico Luis de Jesus Lima, proprio fuori della radio "La Sultana".
Cerigua, 13.08.2013

780 - CRIMEN ORGANIZADO HA IMPUESTO CENSURA Y AUTOCENSURA EN GUATEMALA: ILEANA ALAMILLA

Existe un problema grave de censura y autocensura en el país, impuesto por el crimen organizado y la narcoactividad, que ha opacado y limitado la circulación de información a la sociedad; del 2000 a la fecha han sido asesinados 20 periodistas en Guatemala, tres de ellos durante el 2013, señaló Ileana Alamilla, directora de Cerigua y coordinadora del Observatorio de los Periodistas.
En entrevista concedida en Dialogo Libre, de Prensa Libre, Alamilla afirmó que como medida protección para la prensa nacional el gobierno debe implementar un Programa de Protección a Periodistas, el cual ya ha sido planteado ante el Ejecutivo.
Recordó que Cerigua imparte talleres en los departamentos y la capital con comunicadores sociales, en los que se tratan temas como legislación nacional e internacional, protocolos de seguridad y manuales de mecanismo de protección.
En cuanto a la demanda contra Rolando Miranda, corresponsal de Prensa Libre en Retalhuleu, Alamilla dijo que este caso le pareció increíble, debido a que la nota por la que se le acusaba tiene balance y fuentes citadas; simplemente traslado de manera profesional la información, indicó.
En la actualidad acompañamos el proceso de la creación de una federación departamental de periodistas, que consta de nueve organizaciones, negociando el Programa de Protección a Periodistas, aseguró Alamilla y recordó que el Presidente Otto Pérez Molina se comprometió a firmar el documento que dará inició al programa, sin embargo no lo ha hecho.
Durante el primer semestre del año, el Observatorio de los Periodistas de Cerigua documentó un total de 20 agresiones a la libertad de prensa y expresión a nivel nacional, entre las que destacan dos asesinatos, una agresión física y amenaza, seis amenazas y tres obstrucciones a la fuente.
En lo que va del año en Guatemala han sido asesinados tres profesionales de la comunicación, todos ellos en el interior del país; el primer caso se registró el 20 de marzo en Ciudad Pedro de Alvarado, Jutiapa, cuando desconocidos asesinaron en una calle al periodista Jaime Napoleón Jarquín Duarte, colaborador de Nuestro Diario.
El segundo hecho sucedió igualmente en Jutiapa el 7 de abril, cuando fue asesinado el vicepresidente de la Asociación de Periodistas Jutiapanecos (APJ) Luis Alberto Lemus Ruano.
El último se suscitó el 6 de agosto en la cabecera de Zacapa, cuando dos desconocidos acribillaron al periodista y locutor Luis de Jesús Lima, en las afueras de la radio “La Sultana”.
Cerigua, 13/08/2013

lunedì 12 agosto 2013

779 - I POPOLI INDIGENI FANNO CONOSCERE LE PRINCIPALI RIVENDICAZIONI

Porre fine alla discriminazione ed emarginazione che vivono i Maya, Garifuna e Xincas è stata la principale richiesta che hanno presentato i popoli indigeni alla chiusura del Primo Congresso Nazionale su discriminazione e razzismo.
Secondo l'analista Alvaro Pop, finalmente è stato raggiunto il riconoscimento dell'esistenza del razzismo e ha detto che è una sfida perche lo Stato possa cambiare, perché non ci può essere democrazia senza multiculturalismo.
La discriminazione è una piaga regionale, tuttavia, bisogna prendere esempi come il Nicaragua, che ha già compiuto notevoli progressi, ha detto Pop; da parte sua, il commissario presidenziale contro la discriminazione e il razzismo, James Bolvito, ha detto che ci vuole la sensibilizzazione sociale per affrontare le sfide che sono emerse.
Tra le principali esigenze individuate dalle popolazioni indigene vi è la creazione di uno spazio per l'unità nazionale e per affrontare i problemi, che a sua volta proponga la riforma dello Stato nell'ambito di un concetto di approccio multiculturale. Il trattamento immediato dell’agenda legislativa indigena, che per 10 anni non è stata approvata, evitare la riproduzione di posizioni razziste, discriminatorie e concetti di odio nei mezzi di comunicazione.
Inoltre, che i poteri dello Stato garantiscano il bilancio delle istituzioni indigene, in modo che possano svolgere il proprio mandato e che il settore economico tradizionale e quello emergente possano ampliare le opportunità di sviluppo degli indigeni.
Il Primo Congresso Nazionale sulla discriminazione e il razzismo si è svolto nell'arco di tre giorni, il tempo durante il quale si sono realizzati workshop e discussioni circa l'accesso alla terra, alla salute e all'istruzione, così come una possibile riforma costituzionale che permetta di ridurre la discriminazione e il razzismo in tutte le aree.
CERIGUA 10/08/ 2013

778 - PUEBLOS INDÍGENAS DAN A CONOCER PRINCIPALES DEMANDAS

Terminar con la discriminación y el marginamiento que sufren los pueblos mayas, xincas y garifunas fue la principal demanda que realizaran los pueblos indígenas durante la clausura del Primer Congreso Nacional sobre Discriminación y Racismo.
A decir del analista Álvaro Pop, finalmente se logró que se reconociera la existencia del racismo y dijo que es un reto para que el Estado cambie, debido a que no puede existir democracia sin interculturalidad.
La discriminación es un flagelo regional, sin embargo, hay que tomar ejemplos como el de Nicaragua, que ya ha logrado avances importantes, aseveró Pop; por su parte el comisionado presidencial contra la Discriminación y el Racismo, Jacobo Bolvito, indicó que hace falta la sensibilización social para alcanzar los retos que se han planteado.
Entre las principales necesidades que señalaron los pueblos originarios se encuentra la creación de un espacio para la unidad nacional y el abordaje de problemas, que a su vez proponga la reforma del Estado bajo un concepto de enfoque pluricultural.
El tratamiento inmediato de la agenda legislativa indígena, que desde hace 10 años no se aprueba; evitar la reproducción de posicionamientos racistas, discriminatorios e ideas de odio en los medios de comunicación.
Asimismo, que los poderes del Estado garanticen el presupuesto a las instituciones indígenas, para que puedan cumplir su mandato y que el sector económico tradicional y el emergente amplíen las oportunidades de desarrollo a los indígenas.
El Primer Congreso Nacional sobre Discriminación y Racismo se llevó a cabo durante tres días, tiempo en el que se realizaron talleres y discusiones acerca del acceso a la tierra, salud y educación, así como una posible reforma constitucional que permita reducir la discriminación y el racismo en todos los ámbitos.
Cerigua, 10/08/ 2013

777 - LO STATO DEVE GARANTIRE LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE

Lo Stato deve garantire la libertà di espressione per tutti, senza distinzione di nazionalità, età, lingua, cultura o origine economica, ha affermato il relatore speciale per la libertà di espressione delle Nazioni Unite, Frank La Rue.
In un'intervista concessa a Prensa Libre, La Rue ha detto che la libertà di espressione ha diverse caratteristiche, che si traducono in un diritto che è esercitato individualmente, di chiedere informazioni e di sviluppare il proprio pensiero e di manifestarlo.
Il diritto di stampa di fare giornalismo investigativo è un diritto del popolo in generale di ricevere e di essere informati, che è il ruolo della stampa, ha detto il relatore.
A discrezione del funzionario delle Nazioni Unite in Guatemala è stato un peggioramento fondamentale nella libertà di espressione, per il monopolio delle comunicazioni e la visione commerciale eccessivo.
Egli ha osservato che si è visto (nei media) che prevale il sensazionalismo e lo scandalo, che si verifica in tutto il mondo, inoltre, è stata permessa la penetrazione di discorsi aggressivi, come nelle pagine a pagamento.
Le limitazioni alla libertà di espressione sono i diritti umani delle persone, la loro dignità, non è possibile per la libera espressione si attacchino altre persone, lo Stato deve proibire discorso offensivo che incoraggia l'odio, l'ostilità e la violenza, ha detto La Rue.
In relazione ai rischi sofferti dalla stampa, il relatore ha osservato che gli attacchi ai giornalisti sono aumentati, che una volta sembrava un fenomeno che si verificava solo in Messico e Honduras, ora si sta soffrendo anche nel paese.
Il relatore ha ricordato che tra i casi di attacchi contro i giornalisti, vi è l’intimidazione a una giornalista che ha denunciato la giunta di sicurezza in Atitlan, Solola, e il recente assassinio di un giornalista a Zacapa.
Cerigua 9/08/2013

776 - ESTADO DEBE GARANTIZAR LA LIBERTAD DE EXPRESIÓN

El Estado debe garantizar la libertad de expresión para todas y todos, sin importar la nacionalidad, edad, idioma, cultura u origen económico, afirmó el Relator Especial para la Libertad de Expresión de Naciones Unidas, Frank La Rue.
En entrevista concedida a Prensa Libre, La Rue indicó que la libertad de expresión posee varias características, que se traducen en un derecho que se ejerce de manera individual, de buscar información y de elaborar un pensamiento propio y manifestarlo.
El derecho de la prensa de hacer periodismo de investigación es un derecho de un pueblo en general de recibir y estar bien informado; ese es el papel de la prensa, afirmó el relator.
A criterio del funcionario de Naciones Unidas, en Guatemala ha existido un deterioro fundamental en la libertad de expresión, por el monopolio de las comunicaciones y por una excesiva visión comercial.
Asimismo, señaló que se ha visto (en los medios) que prevalece la nota roja y el escándalo, lo cual ocurre en todo el mundo; además, se ha permitido que se incursione un discurso de agresividad, como en los campos pagados.
Las limitaciones a la libertad de expresión son los derechos humanos de las personas, su dignidad; no es posible que bajo la libre expresión se ataquen a otras personas, el Estado debe prohibir el discurso ofensivo que insta al odio, la hostilidad y a la violencia, aseveró La Rue.
En relación a los riegos que sufre la prensa, el relator señaló que las agresiones contra periodistas han incrementado, lo cual antes parecía un fenómeno que solo ocurría en México y Honduras, ahora se está sufriendo en el país.
El Relator recordó que entre los casos de agresiones contra comunicadores, se encuentra la intimidación a una periodista que denunció a las juntas de seguridad en Atitlán, Sololá, y el asesinato reciente de un periodista en Zacapa.
Cerigua, 9/08/2013

775 - 20% DELLE DONNE ASSASSINATE NON SONO STATE IDENTIFICATE

L'Istituto Nazionale di Scienze Forensi (INACIF) ha realizzato le autopsie di 473 donne morte nel contesto di atti criminali, fino al 31 luglio 2013, circa il 20% delle vittime sono state sepolte come XX.
Secondo il rapporto mensile delle autopsie eseguite da professionisti di quell’istituto, solo nel mese di luglio sono state uccise 70 donne, 50 delle quali con ferite da proiettili di arma da fuoco, altre 4 ferite con coltelli e un minor numero a causa di differenti modi di asfissia.
Secondo il direttore di INACIF, Jorge Cabrera, la sepoltura dei corpi come XX determina maggiori ricerche all'INACIF, perché devono essere realizzate prove sulle impronte digitali e del DNA, tra le altre, specialmente nei casi di crimini che sono stati commessi con crudeltà.
La mancanza di identificazione di alcune donne e ragazze potrebbe essere attribuita alla povertà in cui si trovano le famiglie, impedendo loro di viaggiare a Città del Guatemala per riconoscere i corpi, segnala il rapporto della INACIF.
Il documento "Indagine penale per casi di femminicidio", segnala che i femminicidi da armi da fuoco sono studi complessi in cui la riflessione dell'operatore in ogni fase delle indagini deve essere costante, la manipolazione disordinata del cadavere potrebbe cancellare prove di estrema importanza nella soluzione del caso.
Lo studio sottolinea che, come in tutti i casi di morti violente, un esame approfondito della scena del delitto consentirà alle autorità di avere un insieme di dati che da soli non potrebbero risolverlo.
Gli operatori incaricati di indagini penali devono stabilire cosa è successo, come è accaduto, quando, dove e perché; l’identificazione della vittima e chi o chi potrebbero essere gli autori sono determinati attraverso indizi biologici chiave nei processi, conclude il documento.
Secondo Investigación en Prensa Escrita sobre Violencia contra las Mujeres, dell’Agenzia Cerigua, negli ultimi 10 anni, circa 6000 donne sono state assassinate, il 97% dei casi rimangono impuniti.
Cerigua, 05/08/2013

774 - 20% DE LAS MUJERES ASESINADAS NO HAN SIDO IDENTIFICADAS

El Instituto Nacional de Ciencias Forenses (INACIF) ha realizado necropsias a 473 mujeres que murieron en el contexto de hechos criminales, hasta el 31 de julio, del 2013; aproximadamente el 20 por ciento de las víctimas fueron enterradas como XX.
De acuerdo con el reporte mensual de necropsias practicadas por profesionales de esa institución, solo en julio murieron 70 mujeres, 50 de ellas por heridas por proyectiles de armas de fuego, otras 4 por heridas provocadas con armas blancas y en menor número por distintos tipos de asfixias.
Según el Director del INACIF, Jorge Cabrera, el entierro de cuerpos como XX genera más trámite a la institución, pues deben realizarse pruebas de lofoscopía y de ADN, entre otras, sobre todo en los casos de crímenes que fueron cometidos con saña.
La falta de identificación de algunas mujeres y niñas podría ser atribuida a la situación de pobreza en la que se encuentran las familias, que les impide viajar a la ciudad de Guatemala para reconocer los cuerpos, señala la información del INACIF.
El documento “Investigación criminal para casos de violencia femicida”, señala que los femicidios por armas de fuego son estudios complejos donde la reflexión del operador en cada paso de la investigación debe ser una constante; la manipulación desordenada del cadáver podría hacer desaparecer indicios de extrema importancia en la resolución del caso.
El estudio enfatiza que como en todos los casos de muertes violentas, el examen exhaustivo del lugar de los hechos permitirá a las autoridades contar con un conjunto de datos que por sí solos no aportarían a resolverla.
Los operadores encargados de la investigación criminal deben determinar lo ocurrido, la forma en la que ocurrió, cuándo, dónde y porqué; la identificación de la víctima y quién o quiénes podrían ser los autores se determinan a través de los indicios biológicos claves en los procesos judiciales, concluye el documento.
Según la Investigación en Prensa Escrita sobre Violencia contra las Mujeres, de la Agencia Cerigua, en los últimos 10 años, aproximadamente 6 mil mujeres fueron asesinadas; el 97 por ciento de los casos permanece en la impunidad.
Cerigua, 5/8/2013

venerdì 19 luglio 2013

773 - IL DITTATORE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI

Skylight ha filmato il processo per genocidio dei generali Efraín Ríos Montt e José Mauricio Rodríguez Sánchez, dal suo principio il 19 marzo 2013 fino alla sua conclusione il 10 maggio 2013.
Efraín Ríos Montt fu capo di stato per quasi 17 mesi tra il 1982 e 1983 con José Mauricio Rodríguez Sánchez, suo capo di Intelligence militare.
Le accuse di genocidio e crimini di lesa umanità sono originate dai massacri della popolazione indigena perpetrati dalle truppe guatemalteche e dalle forze paramilitari durante questa fase della brutale e lunga guerra civile che visse il paese.
Questi 24 episodi web ti portano dentro la sala di giustizia per illuminare momenti culminanti di questo giudizio storico. Questo giudizio segna la prima volta nel mondo che un ex-capo di stato affronta carichi di genocidio in un tribunale nazionale.
Questo giudizio fu una pietra miliare importante nel lungo processo di richiesta che i leader politici e militari rendano conto dei crimini inimmaginabili. La risoluzione del giudizio, col suo verdetto ed imposizione della pena, attestano il genocidio ed i crimini di lesa umanità contro le popolazioni indigene del Guatemala.
È la prima volta nella storia delle Americhe che qualcuno è stato giudicato e condannato per il genocidio dei popoli indigeni, in qualunque paese delle Americhe.
Presenteremo il nuovo documentario basato sul processo, chiamato "500 Anni", nel 2014. Quesot documentario continuerà la storia che cominciò con Quando le Montagne tremano, del 1982, e che è continuato Granello di sabbia, nel 2011.

Per vedere gli episodi in spagnolo: http://skylight.is/did-sp/  o in inglese: http://skylight.is/did/

772 - DICTADOR EN EL BANQUILLO

Skylight filmó el juicio por genocidio de los generales Efraín Ríos Montt y José Mauricio Rodríguez Sánchez, desde su comienzo el 19 de marzo 2013 hasta su conclusión el 10 de mayo 2013.
Efraín Ríos Montt fue jefe de estado por casi 17 meses durante 1982 y 1983 con José Mauricio Rodríguez Sánchez quien llegó a ser su Jefe de Inteligencia Militar.
Los cargos de genocidio y crímenes de lesa humanidad surgieron de las masacres de la población indígena perpetradas por las tropas guatemaltecas y fuerzas paramilitares durante esta fase de la brutal y larga guerra civil que vivió el país.
Estos 24 webisodios te llevan adentro de la sala de justicia para iluminar momentos culminantes de este juicio histórico. Este juicio marca la primera vez en el mundo que un ex-jefe de estado enfrenta cargos por genocidio en un tribunal nacional.
Este juicio fue un hito importante en el largo proceso de exigir que los líderes políticos y militares rindan cuentas por crímenes inimaginables. La resolución del juicio, con su veredicto e imposición de la pena, afirman el genocidio y los crímenes de lesa humanidad contra las poblaciones indígenas de Guatemala.
Es la primera vez en la historia de las Américas que alguien ha sido juzgado y condenado por el genocidio de los pueblos indígenas, en cualquier lugar de las Américas.
Vamos a estrenar el nuevo documental basado en el juicio, titulado “500 Años”, en 2014. Continuará la historia que comenzó con
Cuando las Montañas Tiemblan en 1982, y que continuó con Granito de Arena en 2011.
Puedes ver los web episodios en http://skylight.is/did-sp/

771 - DICTATOR IN THE DOCK

We filmed the entire genocide trial of General Efraín Ríos Montt, gavel to gavel, and have produced Dictator in the Dock, a series of 24 webisodes (3-5 minutes each) that will immerse you in the high drama of the courtroom.
We invite you to watch the Dictator in the Dock series in English or Spanish.
At the conclusion of the trial, on May 10, 2013, General Efraín Ríos Montt was convicted of genocide and crimes against humanity, sentenced to 80 years and taken directly to prison from the courtroom.
The trial convulsed Guatemala, setting off a fierce backlash from the country's ruling elite scrambling to deny that there ever was a genocide, because when the genocide was officially acknowledged in a national court of law, it busted history wide open and questioned the very legitimacy of the elite's power.
In a legal maneuver reminiscent of the Jim Crow era in the U.S., the guilty verdict was "vacated" 10 days later by the Constitutional Court of Guatemala, fully exposing the apparatus of impunity. It's certainly not the first time that law has been used to protect the powerful. But the trial is set to resume, and General Ríos Montt remains under house arrest. Time will tell.
The Ríos Montt trial was the first time anywhere in the world that a former head of state was prosecuted for genocide in a national court. But as the unfolding drama in the courtroom revealed, the trial turned out to be about much more than the General's personal responsibility for the atrocities he ordered against the Ixil Maya people of Guatemala during his dictatorship in 1982 and 1983. For the first time in the history of the Americas, the genocide of indigenous peoples was tried in a court of law. As Francisco Soto, legal representative of the Maya victims, said in his concluding statement, "Justice is poised to play an important role in the historical memory of our country. For the first time in 500 years we are able to judge genocide."
Over the past 30 years, in our films When the Mountains Tremble and Granito: How to Nail a Dictator, we have told the story of the conflict in Guatemala and the struggle to achieve justice for the atrocities committed. Our next film about the Guatemalan saga, with this epic trial at the center of the narrative, will be titled 500 years.

You can see the web episodes on http://skylight.is/did/ 

giovedì 18 luglio 2013

770 - PDH: MUORE UN MINORENNE AL GIORNO PER LA VIOLENZA

Una media di 30 minori di età muoiono assassinati ogni mese, rivela una relazione della Procura di Diritti umani (PDH). La maggioranza sono adolescenti e la principale causa è l’arma da fuoco. 
Da gennaio a maggio, la Polizia Nazionale Civile (PNC) ha registrato 163 omicidi dei quali 136 furono realizzati con armi, 15 con arma bianca, 7 per strangolamento e 5 con oggetti contundenti. Lo studio documenta che in 126 casi le vittime sono giovani tra 15 e 17 anni; in 18 casi giovani tra 12 e 14; 5 casi tra 9 e 11; 5 casi tra 6 e 8; 5 casi tra 3 e 5, e 4 casi tra 0 e 2. I tre dipartimenti dove sono avvenuti più omicidi di bambini e giovani da gennaio a maggio sono stati Guatemala, Petén ed Izabal.
Guatemala capitale, Mixco e Chinautla sono i municipi dove si sono concentrati i maggiori omicidi.
Tra le zone nella capitale, la zona 18 è la prima della lista dove si registrano più casi, secondo il documento.
La PDH ed Unicef concordano che mancano politiche di prevenzione per generare una cultura di pace. Gloria Castro, difensore dell'infanzia della PDH, ha affermato che la situazione di violenza verso i minorenni "è complessa e deplorevole." C'è facile accesso alle armi e se ne fa un uso indiscriminato in un paese con alti livelli di violenza ed insicurezza", ha commentato.
Castro ha esortato i genitori a comunicare coi propri figli ed insegnare la risoluzione di conflitti in maniera pacifica, alle istituzioni che generano politiche a rafforzare la prevenzione del delitto e della violenza.
Juan Quiñónez, specialista dell'Infanzia ed Adolescenza di Unicef, ha pensato che la violenza nei confronti dei minorenni avviene in ambienti come la famiglia, comunità, scuola, lavoro e contro minorenni che sono in istituti. Il tasso di omicidi "uno dei più violenti nel mondo, è prodotto di situazioni come la mancanza di controllo delle armi e la mancanza di politiche di prevenzione" precisò.
Quiñónez considera che si scommette su "politiche repressive", informò che lavorano vicino al Vice ministero dell’Interno piani che prevengono l’uso di armi da fuoco, violenza contro l'infanzia, i giovani e le donne. 
Il Ministero dell’Interno ha tentato di creare modelli che prevengono la violenza in maniera creativa come l'osservatorio 24/0.
Centro de Estudios de Guatemala, 10-16/07/2013

769 - PDH: AL DÍA MUERE UN MENOR POR VIOLENCIA

Un promedio de 30 menores de edad mueren asesinados cada mes, revela un informe de la Procuraduría de Derechos Humanos (PDH). La mayoría son adolescentes y la principal causa es por arma de fuego.
De enero a mayo, la Policía Nacional Civil (PNC) registró 163 homicidios de los cuales 136 fueron realizados con armas de fuego, 15 con arma blanca, 7 por estrangulamiento y 5 con objetos contundentes. El estudio documenta que en 126 casos las víctimas son jóvenes entre 15 y 17 años; 18 de entre 12 y 14; 5 de entre 9 y 11; 5 de entre 6 y 8; 5 entre 3 y 5, y 4 entre 0 y 2. Los tres departamentos donde más homicidios de niños y jóvenes ocurrieron de enero a mayo fueron Guatemala, Petén e Izabal.
Guatemala capital, Mixco y Chinautla son los municipios donde se concentraron los mayores homicidios.
Por zonas en la capital, la zona 18 aparece una vez encabezando la lista de donde se registran más casos, según el documento.
La PDH y Unicef coinciden en que faltan políticas de prevención para generar una cultura de paz. Gloria Castro, defensora de la niñez de la PDH, expresó que la situación de violencia hacia los menores “es compleja y lamentable”. “Hay fácil acceso a las armas y se hace un uso indiscriminado en un país con altos niveles de violencia e inseguridad”, comentó la defensora.
Castro llamó a los padres de familia a comunicarse con sus hijos y enseñar la resolución de conflictos de manera pacífica, a las instituciones que generan políticas a reforzar la prevención del delito y violencia.
Juan Quiñónez, especialista de la Niñez y Adolescencia de Unicef, opinó que la violencia hacia los menores se da en ambientes como la familia, comunidad, escuela, trabajo y contra menores que están institucionalizados.La tasa de homicidios “una de la más violentas en el mundo, es producto de situaciones como la falta de control de armas y falta de políticas de prevención” precisó.
Quiñónez considera que se apuesta por “políticas represivas” informó que trabajan junto al Viceministerio de Prevención de Gobernación planes preventivos de uso de armas de fuego, violencia contra la niñez, juventud y mujer.
El Ministerio de Gobernación ha tratado de crear modelos preventivos de violencia de manera creativa como el observatorio 24/0.
Centro de Estudios de Guatemala, 10-16/07/2013