Benvenuti nel blog “Orizzonte Guatemala”! Siamo un gruppo di amici del Guatemala e con questo strumento di comunicazione e condivisione vogliamo contribuire a fare conoscere l’attualità di questo bellissimo paese, al quale ci legano vincoli di amicizia e di solidarietà con tanti amici guatemaltechi.


domenica 31 gennaio 2010

44 - ANCORA ASSASSINII IN GUATEMALA

La  CSI denuncia fermamente l’assassinio di Evelinda Ramírea Reyes, dirigente del Fronte di Resistenza in Difesa del Popolo e delle Risorse Naturali (FRENA), affiliato al Fronte nazionale di Lotta (FNL), membro del Movimento Sindacale Indigeno e Contadino del Guatemala (MSICG). La settima scorsa, dirigenti del FRENA di San Marcos si sono recati in capitale per riunioni con differenti istituzioni dello Stato, allo scopo di denunciare gli abusi, le illegalità e arbitrarietà delle imprese DEOCSA-UNION FENOSA e delle autorità di Governo nell’applicazione dello Stato di prevenzione decretato dal 22 dicembre 2009.
Il 13 gennaio oltre 750 persone, tra le quali vi erano i dirigenti del FRENA, si sono riuniti con funzionari dell’esecutivo per sollecitare il ristabilimento delle garanzie costituzionali. Al loro ritorno a casa, sono stati intercettati da sconosciuti, che hanno sparato al veicolo nel quale viaggiavano quattro dirigenti, provocando la morte di Evelinda Ramírez Reyes.
La CSI condivide il comunicato emesso da URNG, Maíz, Winaq e MNR, che afferma che questo assassinio, come tanti altri, è il risultato dell’impunità con la quale i gruppi di potere parallelo operano contro la dirigenza sindacale e sociale che lotta per il rispetto dei diritti umani e sindacali”. “E’ necessario rafforzare lo Stato perché il popolo guatemalteco possa godere liberamente dei propri diritti fondamentali” ha affermato Guy Ryder, segretario generale della CSI.
In una lettera inviata alle autorità guatemalteche, la CSI sollecita l’intervento diretto e immediato del Presidente Alvaro Colom nella soluzione del caso, perché si trovi e si giudichi gli autori intellettuali e materiali  e si faccia tutto quanto è necessario per porre fine all’impunità e al clima antisindacale che perdura in Guatemala.
(Confederación Sindical Internacional – CSI, Adital, 22/01/2010)

43 - CONTINUAN LOS ASESINATOS

La CSI denuncia enérgicamente el asesinato de Evelinda Ramírez Reyes, dirigenta del Frente de Resistencia en Defensa del Pueblo y de los Recursos Naturales (FRENA), afiliado al Frente Nacional de Lucha (FNL), miembro del Movimiento Sindical, Indígena y Campesino de Guatemala (MSICG) La semana pasada, dirigentes del FRENA de San Marcos estuvieron en la capital en reuniones con diferentes instancias del Estado con el objetivo de denunciar los abusos, ilegalidades y arbitrariedades de la empresa DEOCSA-UNION FENOSA y de las autoridades de Gobierno en la aplicación del Estado de Prevención decretado desde el 22 de diciembre de 2009.
El 13 de enero, más de 750 personas, entre los que se encontraban dirigentes del FRENA, se reunieron con funcionarios del ejecutivo a fin de solicitar el restablecimiento de las garantías Constitucionales. A su regreso a sus hogares fueron interceptados por individuos desconocidos que dispararon al vehículo donde viajaban cuatro dirigentes, provocando la muerte de Evelinda Ramírez Reyes.
"La CSI coincide con el Comunicado emitido por las bancadas de la URNG_Maíz, Winaq y el MNR que afirma que este asesinato, como tantos otros asesinatos es el resultado de la impunidad con la cual los grupos de poder paralelo operan en contra de la dirigencia sindical y social que lucha por el respeto de los derechos humanos y sindicales." "Es menester fortalecer el Estado de derecho a fin de que el pueblo guatemalteco pueda gozar libremente de sus derechos fundamentales" señaló Guy Ryder, Secretario General de la CSI.
En una carta mandada a las autoridades guatemaltecas, la CSI solicita la intervención directa e inmediata del Presidente Álvaro Colom en la solución del asesinato, a fin de que se encuentre y se juzgue a los autores intelectuales y materiales y se haga todo lo necesario para acabar con la impunidad y el clima antisindical que subsiste en Guatemala.
(Confederación Sindical Internacional – CSI, Adital, 22/01/2010)

giovedì 28 gennaio 2010

42 - AUMENTA LA CONSIDERAZIONE PER LE RICHIESTE DELLE DONNE INDIGENE.

Negli ultimi due anni, la Difesa della Donna Indigena (DEMI) informa che c’è stato un aumento di considerazione per le domande presentate dalla popolazione femminile indigena del Guatemala, tre le quali si sottolinea la risoluzione di casi di discriminazione per etnia e genere.
Stando al Secondo rapporto del Presidente Alvaro Colom, il Programma di Attenzione Integrale della DEMI ha seguito dal 2008 al 2010 circa 2.440 donne, principalmente dell’area rurale, che avevano segnalato abusi e violazioni dei loro diritti individuali.
La citata organizzazione ha offerto assistenza legale a 1.728 donne, vittime di violenza familiare o di genere, sia in ambito pubblico che privato, iniziative inquadrate nella Politica Nazionale di Promozione e sviluppo integrale delle donne 2008-2023.
La pubblicazione mette in evidenza come sono state selezionate 60 donne indigene con doti di leadership per partecipare in un Corso di Diritti Umani che ha impartito la DEMI in coordinamento con l’Istituto delle Donne dell’Università di San Carlos di Guatemala. Durante quel periodo hanno beneficiato 2.514 donne indigene dei laboratori sull’importanza della documenti personali come strumento per l’esercizio della cittadinanza e in politica, così come per la efficacia dei diritti umani. La Difesa della Donna Indigena e il Ministero dell’Educazione hanno attivato 68 laboratori nelle scuole pubbliche di otto distinti dipartimenti, per sensibilizzare la gioventù al rispetto dei diritti delle donne e la partecipazione equa, ha concluso il dossier. (Cerigua)
Da Adital 25/01/2010

41 - AUMENTA LA ATENCION A LAS DEMANDAS DE LAS MUJERES INDIGENAS

En los últimos dos años, la Defensoría de la Mujer Indígena (DEMI) reporta un incremento de la atención a las demandas planteadas por la población femenina indígena de Guatemala, entre las que destaca la resolución de casos de discriminación por etnia y género.
De acuerdo con el Segundo Informe del Presidente Álvaro Colom, el Programa de Atención Integral de la DEMI atendió del 2008 al 2010, a 2 mil 440 mujeres, principalmente del área rural, quienes reportaron abusos y violaciones a sus garantías individuales.
La citada entidad brindó asesoría legal a mil 728 mujeres que sufrieron violencia intrafamiliar o de género, tanto en el ámbito público como privado, iniciativas enmarcadas en la Política Nacional de Promoción y Desarrollo Integral de las Mujeres 2008-2023.
La publicación destaca que fueron seleccionadas 60 mujeres indígenas con perfil de liderazgo para participar en el Diplomado en Derechos Humanos, que impartió la DEMI en coordinación con el Instituto de la Mujer de la Universidad de San Carlos de Guatemala (Iumusac). Durante el citado periodo fueron beneficiadas 2 mil 514 ciudadanas indígenas en los talleres sobre la importancia de la documentación como herramienta para el ejercicio ciudadano y político, así como para la vigencia de los derechos humanos.
La Defensoría de la Mujer Indígena y el Ministerio de Educación, implementaron 68 talleres en escuelas públicas de ocho distintos departamentos, para sensibilizar a la juventud sobre el respeto a los derechos de las mujeres y la participación equitativa, concluye el informe.
(La noticia es de Cerigua) Adital –25.01.10

martedì 26 gennaio 2010

40 - IMPLICAZIONI DELLA POLIZIA NEGLI OMICIDI IN GUATEMALA – 2 -

Nel 2009 il relatore speciale pubblicò un dossier che considerava l’applicazione delle raccomandazioni del 2007. Segnalò che erano state approvate delle leggi per la creazione della Commissione Internazionale contro l’impunità in Guatemala (CICIG), che consiste in una missione delle Nazioni Unite, che aiuterà nelle indagini e nei procedimenti giudiziari dei delitti commessi nel quadro della delinquenza organizzata. Senza dubbio, ha affermato anche: “Lo Stato continua senza investigare debitamente quelle morti, provocate da una violenza illecita, nemmeno offre una risposta appropriata. Le urgenti misure che si richiedono per migliorare le istituzioni della giustizia penale, la protezione dei testimoni, l’assegnazione di risorse e la politica fiscale non sono entrate in funzione”.
Secondo l’articolo 107 del Codice di procedura penale del Guatemala, il Pubblico Ministero è responsabile di investigare e giudicare i delitti, e costituisce il modello per la polizia, che svolge una funzione subordinata. Anche se tutte le indagini ricadono sotto il controllo del Pubblico Ministero, la polizia può iniziare delle indagini di propria iniziativa (art.112). Inoltre quando si tratta di fatti punibili perseguibili d’ufficio (cioè quando non è necessario che un cittadino privato presenti una denuncia perché il Pubblico Ministero inizi una indagine, per esempio nei casi di omicidio), la polizia raccoglierà con urgenza le prove per evitare la fuga dei sospettati (art. 304). Il sistema giudiziario deciderà poi sui casi presentati  dal Pubblico Ministero.

L’Ufficio del Procuratore per i diritti umani è un organismo indipendente finanziato dallo Stato, con il compito di vigilanza e di supervisione in ciò che riguarda il rispetto dei diritti umani.
Senza dubbio, le istituzioni incaricate di garantire la giustizia non sono efficaci. Un dossier del 2005 elaborato dal Pubblico Ministero segnalava che il tasso di condanne in caso di omicidio era circa dell’1,98%. Nel 2007 il relatore speciale dell’ONU sulle esecuzioni stragiudiziali, sommarie ed  arbitrarie, stimava questa cifra nell’1,4%. In effetti, circa il 98% degli omicidi che si commettono in Guatemala rimangono impuniti.
In un dossier del 2007, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e i Delitti segnalò che “in un simile clima di impunità, l’effetto dissuasivo della legge è minimo”.
Secondo il diritto internazionale dei diritti umani, il Guatemala ha l’obbligo di rispettare e garantire il diritto alla vita, questo include garantire che i rappresentanti dello Stato rispettino questo diritto e non commettano omicidi illegittimi e intenzionali. Inoltre, le autorità devono portare a termine le indagini in modo efficace e senza ritardi sugli omicidi quando questi vengono commessi, siano i sospetti agenti dello stato o privati cittadini, e portare i responsabili di fronte ad un tribunale competente perché siano giudicati secondo le norme riconosciute internazionalmente. Nononstante ciò, come dimostra il dossier di Amnesty International, le autorità guatemalteche non eseguono sistematicamente questi obblighi.
(pag. 5 - Implicación de La Policía en homicidios en Guatemala, dic. 2009)

39 - IMPLICACIÓN DE LA POLICÍA EN HOMICIDIOS EN GUATEMALA - 2 -

En 2009, el relator especial publicó un informe de seguimiento examinando la aplicación de las recomendaciones de 2007. Señaló que se habían aprobado leyes para crear la Comisión Internacional contra la Impunidad en Guatemala (CICIG), consistente en una misión de las Naciones Unidas que ayudaría en la investigación y el enjuiciamiento de los delitos cometidos en el marco de la delincuencia organizada.
Sin embargo, también afirmó: “El Estado sigue sin investigar debidamente esas muertes provocadas por la violencia ilícita ni dar una respuesta apropiada. Las urgentes medidas que se requieren para mejorar las instituciones de justicia penal, la protección de los testigos, la asignación de recursos presupuestarios y la política fiscal no se han puesto en marcha.”
Según el artículo 107 del Código Procesal Penal de Guatemala, el Ministerio Público es responsable de investigar y juzgar los delitos, y marca la pauta a la policía, que desempeña una función subordinada.
Aunque todas las investigaciones caen bajo el control del Ministerio Público, la policía puede iniciar investigaciones por propia iniciativa (artículo 112). Además, cuando se trata de hechos punibles perseguibles de oficio (es decir, en los que no hay necesidad de que un ciudadano privado presente denuncia para que el Ministerio Público inicie una investigación, por ejemplo, casos de homicidio), la policía reunirá con urgencia las pruebas para evitar la fuga de los sospechosos (artículo 304). El sistema judicial decidirá después sobre los casos presentados por el Ministerio Público. La Oficina del Procurador de los Derechos Humanos es un organismo independiente financiado por el Estado cuyo papel es de vigilancia y supervisión en lo referente al respeto de los derechos humanos.
Sin embargo, las instituciones encargadas de garantizar la justicia no son eficaces. Un informe de 2005 elaborado por el Ministerio Público señalaba que la tasa de condenas en casos de homicidio era de aproximadamente del 1,98. En 2007, el relator especial de la ONU sobre ejecuciones extrajudiciales, sumarias o arbitrarias estimó esta cifra en un 1,4 por ciento. En efecto, aproximadamente el 98 por ciento de los homicidios que se cometen en Guatemala quedan sin resolver.
En un informe de 2007, la Oficina de las Naciones Unidas contra la Droga y el Delito señaló que “en semejante clima de impunidad, el efecto disuasorio de la ley es mínimo”.
Según el derecho internacional de los derechos humanos, Guatemala tiene la obligación de respetar y garantizar el derecho a la vida. Esto incluye garanti zar que los agentes del Estado respetan ese derecho y no cometen homicidios ilegítimos y deliberados. Además, las autoridades deben llevar a cabo investigaciones eficaces y sin demora sobre los homicidios cuando éstos se cometen, sean los sospechosos agentes del estado o particulares, y llevar a los responsables ante un tribunal competente para que sean juzgados según las normas reconocidas internacionalmente. No obstante, como muestra la investigación de Amnistía Internacional, las autoridades guatemaltecas incumplen sistemáticamente estas obligaciones.
(Pag. 5 - Implicación de la policía en homicidios en Guatemala, dic. 2009)

venerdì 22 gennaio 2010

38 - IMPLICAZIONI DELLA POLIZIA NEGLI OMICIDI IN GUATEMALA – 1 –

Si continuano a denunciare omicidi in Guatemala commessi per mano della polizia o di gruppi clandestini nei quali sembra che siano coinvolti membri o ex membri della polizia.
I dati raccolti da altre organizzazioni per i Diritti Umani negli ultimi anni, come il Centro di Azione Legale per i Diritti Umani (CALDH), l’Ufficio per i Diritti umani dell’Arcivescovado di Città del Guatemala (ODHA), e Sicurezza in Democrazia, indicano che il numero di questi omicidi può raggiungere il centinaio ogni anno.
I casi descritti in questo documento sono compresi tra i molti omicidi denunciati ogni anno a Amnesty International, nei quali sono coinvolti membri della polizia, o ex membri, o – come in alcuni casi – soldati che svolgevano compiti di polizia. Le circostanze che riguardano alcune di queste morti indicano che può essersi trattato di omicidi illegali e intenzionali, portati a termine per ordine delle autorità o con la loro complicità, o accondiscendenza, cioè esecuzioni stragiudiziali.
Molte delle vittime hanno caratteristiche simili. In gran parte sono giovani e molti hanno avuto contatti con il sistema di giustizia penale, e o meglio, hanno antecedenti penali, o le forze di sicurezza locali sospettano che siano implicati in attività delittuose. Alcuni sembrano essere stati scelti come vittime, per essere in qualche modo in relazione con persone sospettate di aver commesso dei delitti. La maggior parte provengono dai quartieri più marginati e poveri del Guatemala.
Gli stessi omicidi sono soliti seguire un modello determinato. Solitamente i cadaveri delle vittime appaiono in luoghi isolati, come discariche, burroni, terreni abbandonati. In molti casi hanno le mani legate dietro la schiena, e presentano lesioni che potrebbero essere conseguenze di torture. La maggior parte sono stati strangolati o hanno ricevuto un colpo in testa, come un colpo di grazia.
Il linguaggio che utilizzano i mezzi di comunicazione, e in alcune occasioni, le autorità, per descrivere questi omicidi, che possono essere considerati di “pulizia sociale”, indica a volte un atteggiamento di tolleranza e anche appoggio nei loro confronti. Il fatto che non vengano investigati immediatamente, e anche che in alcuni casi non si realizzi nessuna indagine significativa, indica una certa accettazione da pare di alcuni funzionari. Dimostra anche l’inadempimento da parte delle autorità guatemalteche del loro dovere di proteggere il diritto alla vita e mettere a disposizione delle autorità giudiziarie i responsabili delle violazioni, così come prevede il diritto internazionale dei diritti umani. (pag.2-3)

37 - IMPLICACIÓN DE LA POLICÍA EN HOMICIDIOS EN GUATEMALA - 1 -

Continúan denunciándose informes de homicidios en Guatemala a manos de policías o de grupos clandestinos en los que al parecer están implicados miembros o ex miembros de la policía. Los datos recogidos por otras organizaciones de derechos humanos en los últimos años, como el Centro de Acción Legal en Derechos Humanos (CALDH), la Oficina de Derechos Humanos del Arzobispado de Guatemala (ODHA) y Seguridad en Democracia, indican que el número de estos homicidios puede llegar a cientos cada año. Los casos descritos en este documento figuran entre los muchos homicidios denunciados a Amnistía Internacional en los que están implicados policías, ex policías o –como en uno de los casos– soldados que llevaban a cabo tareas policiales.
Las circunstancias que rodearon a algunas de estas muertes indican que puede que se haya tratado de homicidios ilegales y deliberados llevados a cabo por orden de las autoridades o con su complicidad o aquiescencia, es decir, de ejecuciones extrajudiciales.
Muchas de las víctimas tienen características similares. Son en su mayoría jóvenes y muchas han tenido contacto con el sistema de justicia penal y, o bien tienen antecedentes penales, o las fuerzas de seguridad locales sospechan que están implicadas en actividades delictivas. Algunas parecen haber sido elegidas como víctimas por estar relacionadas de alguna forma con personas sospechosas de cometer delitos. La mayoría proceden de algunos de los barrios más marginales y pobres de Guatemala. Los propios homicidios suelen seguir una pauta determinada. Habitualmente los cadáveres de las víctimas aparecen en lugares aislados, como basurales, barrancos o predios baldíos. En muchos casos tienen las manos atadas a la espalda y muestran lesiones que podrían ser consecuencia de torturas. La mayoría han sido estranguladas o han recibido un disparo en la cabeza estilo tiro de gracia.
El lenguaje que utilizan los medios de comunicación, y en ocasiones las autoridades, para describir estos homicidios, que suelen calificarse como crímenes de “limpieza social”, indica a veces una actitud de tolerancia e incluso de apoyo hacia ellos. El hecho de que no se investiguen eficazmente de inmediato, o incluso en algunos casos que no se realice ninguna investigación significativa, indica cierta aquiescencia por parte de algunos funcionarios. También demuestra el incumplimiento por parte de las autoridades guatemaltecas de su obligación de proteger el derecho a la vida y poner a disposición judicial a los responsables de violarlo, tal como dispone el derecho internacional de los derechos humanos.
(Pag. 2 - Implicación de la policía en homicidios en Guatemala, dic. 2009)

lunedì 18 gennaio 2010

36 - TERREMOTO IN GUATEMALA

Una scossa di terremoto di magnitudo 6,0 nella scala Richter e' stata registrata in Guatemala, sul Pacifico al confine con il Salvador.
Secondo il servizio geologico americano l'epicentro e' stato a cento chilometri di profondità a un centinaio di chilometri dalla capitale Città del Guatemala. La scossa e' stata avvertita in gran parte del paese, ma al momento non ha prodotto danni materiali.
Ansa, 18 Gennaio, ore 17:39

35 - RAPPORTO DOYLE - 5 -

Il Rapporto di Pattuglia n.1 comprende l’osservazione che si eliminarono vari animali durante le operazioni (25 cavalli, 40 pecore e 35 mucche); se eliminarono anche 15 FIL. Il Rapporto di Pattuglia n.2 spiega che la missione delle pattuglie era “rastrellamento, ricerca e distruzione … per eliminare ogni ENO (Nemico)”. Nella sezione “Incontri con il nemico e risultati”, la pattuglia ebbe uno “scontro con una colonna nemica” che era composta da 20 persone armate e 100 uomini, donne e bambini. Secondo il documento, ci fu uno scambio di fuoco, che causò la morte di due donne e un bambino, e due bambini orfani. Inoltre sono stati distrutti “depositi di mais, sale, maiali e galline”.
Una delle conclusioni del dossier era che “il nemico e i civili sono fuggiti verso il nord … e si continui bombardando” (un modi di uccidere indiscriminato).
Tutti questi particolari di Sofia, scritti dagli ufficiali schierati nella zona delle operazioni nell’area Ixil, furono inviati ai propri superiori nella sede dell’offensiva a Nebaj, e da lì al Comando dello Stato Maggiore Generale dell’Esercito a Città del Guatemala, che rispondeva, al Comandante Generale Efraín Ríos Montt e al suo vice ministro della Difesa, Oscar Mejía Víctores. Questi documenti ci offrono una cronaca molto precisa, 27 anni dopo, di come si conducevano le operazioni  contro insurrezionali, che causarono gravi danni alle comunità Ixil della zona.
Quello a cui non abbiamo ancora accesso è la documentazione complementare delle altre unità coinvolte in questa offensiva (la task Force Gumarcaj, e i comandanti di Quetzaltenango, Huehuetenango, Nebaj, Chajul e altri) e gli archivi di decine di operazioni militari simili in tutto l’altopiano, durante il conflitto civile. 
(Kate Doyle, The National Security Archive) – fine -

34 - OPERACION SOFIA - 5 -

El Reporte de Patrulla No. 1 incluye la observación de que se eliminaron varios animales durante las operaciones (“25 caballos, 70 ovejas y 35 vacas”); se eliminaron a 15 FIL también. El Reporte de Patrulla No. 2 explica que la misión de las patrullas era: “rastreo, búsqueda y destrucción…para eliminar a todo ENO.” En la sección ENCUENTROS CON EL ENEMIGO Y RESULTADOS la patrulla tuvo un “enfrentamiento con una columna enemiga” que consistía de 20 personas armadas y 100 hombres, mujeres, niños. Según el documento, había un intercambio de fuego, que dejó a dos mujeres y un niño muertos, y dos niños huérfanos. Además se destruyeron “buzones de maíz, sal, cerdos, gallinas.” Unas de las conclusiones del informe era que “el enemigo y la gente civil han huido juntos hacía el norte y…que se continúe bombardeando” (una forma de matanza indiscriminada).
Todos estos detalles de Sofía, escritos por los oficiales desplegados en la zona de operaciones en el área Ixil, fueron enviados a sus superiores en la sede de la ofensiva en Nebaj y desde ahí a la Jefatura del Estado Mayor General del Ejército en la Ciudad de Guatemala – que respondía, de turno, al Comandante General Efraín Ríos Montt y su Vice Ministro de la Defensa Oscar Mejía Víctores. Estos documentos nos dan una crónica muy precisa, 27 años después, de cómo se lanzaban las operaciones de barrida contrainsurgentes que causaron mayor daño contra las comunidades ixiles de la zona. A lo que aún no tenemos acceso es a la documentación complementaria de las demás unidades involucradas en esta ofensiva (la Fuerza de Tarea Gumarcaj, y los comandantes de Quezaltenango, Huehuetenango, Nebaj, Chajul, y otros) y los archivos de docenas de operaciones similares por todo el altiplano durante el conflicto civil.
(Kate Doyle, The National Security Archive)  – Fin - 

domenica 17 gennaio 2010

33 - RAPPORTO DOYLE - 4-

Come esempio delle tattiche dei soldati contro i supposti “FIL”, si possono considerare le azioni di alcune pattuglie secondo un Rapporto di Pattuglia incluso nel documenti dell’Operazione Sofia.
La Terza Pattuglia della Seconda Compagnia, in un rapporto al Comandante a Nebaj durante la prima fase delle operazioni 16-31 luglio 1982, informò che c’erano 5 FIL morti e 80 FIL “catturati… bambini, donne, uomini e anziani”.
La Quarta Pattuglia informò “Contatti nell’area con il ENO (Nemico): durante lo sviluppo di una operazione è stato eliminato il seguente personale:
-          in un burrone si trovava nascosta una donna e, avvertendo una presenza estranea, l’uomo punta e fa fuoco, eliminando lei e due cioccolatini (bambini)...
-          eliminando un elemento vestito da civile e senza documenti, che cercò di scappare quando vide la pattuglia...
-          eliminando un elemento senza documenti di circa 17 anni di età, che scappava dalla pattuglia, insieme ad altri uomini, anch’essi in fuga..
-          eliminando una persona senza documenti di sesso maschile, che sbucava da una roccia con le braccia in alto (sic)…
Per determinare la partecipazione delle truppe alla violazione dei diritti umani e le conseguenti responsabilità degli ufficiali e della truppa, dobbiamo tenere conto che nell’area delle operazioni di “Sofia”, a carico del Primo battaglione di Paracadutisti, operava anche la Task Force Gumarcaij (la cui missione, secondo quanto indicato per PO Sofia, paragrafo I.B.4, era: “continuerà le operazioni antisovversive, controllo della popolazione e operazioni psicologiche nella sua giurisdizione…”); entrambe le forze realizzavano operazioni contemporaneamente.
Per questo ci sono documento degni di fiducia, come il PO Sofia (datato 15 luglio 1982), l’Ordine di Operazione n.1 (datato 2 agosto 1982), l’Ordine di Operazioni n.2 (datato 8 agosto 1982), così come i rapporti delle operazioni realizzate, cioè l’IPO n.1 (che contiene il periodo dal 16 al 31 luglio 1982), l’IPO n.2 datato 23 agosto (che comprende le operazioni portate avanti  nel periodo dal 1 al 19 agosto 1982, quando si concluse la missione).
Integrati nei dettagli con i Rapporti delle Pattuglie che possediamo, è possibile ricostruire gli itinerari seguiti dal Primo Battaglione di Paracadutisti, così come i luoghi, le date, gli orari dove sono state le singole pattuglie, e le loro azioni offensive, che possono essere trovare riscontro con le denunce degli abitanti oggetto di violenze, i dati dei Rapporti della CEH e REMHI, per determinare con precisione le responsabilità riguardo alle violazioni dei diritti umani e i massacri.
Anche se non abbiamo informazioni esplicite sulla commissione di massacri come parte della Operazioni di Sofia, quello che però abbiamo, sono le ripetute indicazioni del livello di violenza diretto contro i civili. L’IPO n.2 per esempio parla della distruzione di accampamenti, la morte di 7 FIL, perlustrazione nei cantoni di Nebaj, e la detenzione di 122 persone nel distaccamento di Nebaj; anche l’occupazione di Salquil, e l’assedio di 737 persone dei cantoni vicini, per metterli sotto il controllo della Task Force Gumarcaj in Salquil. L’Ordine di operazioni n.2, datato 8 agosto 1982, dice che “come risultato delle operazioni portate avanti dal Battaglione di paracadutisti, e l’appoggio del fuoco dei mortai da 120 mm. … la maggioranza della popolazione che ancora vive nelle aldeas sta vivendo una situazione disperata” (vedere l’Annesso A, Riassunto di Intelligence). Il movimento degli abitanti spaventati che abbandonavano le loro case era considerevole; ci sono molti riferimenti, nei documenti, alle aldeas deserte, la fuga della popolazione, i nascondigli ubicati nella montagna dalle truppe.
(Kate Doyle, The National Secutity Archive)  - continua -

32 - OPERACION SOFIA - 4 -

Como ejemplo de las tácticas de los soldados contra las supuestas “FIL,” se pueden examinar las acciones de ciertas patrullas según un Reporte de Patrulla incluido en los documentos de Sofía.
La Tercera Patrulla de la Segunda Compañía, reportando a la comandancia en Nebaj durante la primera fase de las operaciones 16-31 de julio 1982, informó que había 5 FIL muertos y 80 FIL “capturados… niños, mujeres, varones y ancianos.” La Cuarta Patrulla informó “Contactos en el área con el ENO [enemigo]: durante el desarrollo de la operación se eliminó el siguiente personal:”
--…en una quebrada se encontraba escondida una mujer y al advertir presencia extraña el hombre hizo fuego, eliminándola a ella y dos chocolates [niños]…
--…eliminándole un elemento vestido de civil y sin documentación que intentó huir al ver a la patrulla…
--…fue eliminado un elemento indocumentado de aproximadamente 17 años de edad que huía de la patrulla en compañía de otros hombres que huyeron.
--…eliminándole una persona indocumentada del sexo masculino que salió de unas peñas con los brasos [sic] en alto…
Para determinar la participación de las tropas en violaciones de derechos humanos y las responsabilidades consiguientes de oficiales y tropa, debemos tener en cuenta que en el área de operaciones "Sofía" a cargo del Primer Batallón de Paracaidistas también actuaba la Fuerza de Tarea Gumarcaj (cuya misión, según el P/O Sofía - párrafo I.B.4 - era : “continuará operaciones antisubversivas, control de la población y operaciones sicológicas en su jurisdicción ...” ); ambas fuerzas realizaban operaciones militares simultáneamente.
Se cuenta para ello con documentación fidedigna, tales como el P/O Sofía (de fecha 15 julio 82 ) la Orden de Operaciones Nº 01 (de fecha 02 agosto 82 ), la O/O Nº 2 (de fecha 08 agosto 82 ) así como los Informes de las Operaciones realizadas , vale decir el IPO Nº 001 (que abarca el periodo del 16 al 31 julio 82), el IPO Nº 002 de fecha 23 de agosto (que abarca las operaciones desarrolladas en el periodo del 01 al 19 agosto 82, en que finalizo la misión ). Complementados en detalle con los Reportes de Patrullas que se disponen, se puede reconstruir los itinerarios seguidos por el Primer Batallón de Paracaidistas así como los lugares, fechas y horas donde estuvieron cada patrulla y sus acciones ofensivas; lo cual puede ser contrastado con las denuncias de los pobladores abusados, los datos de los Informes de la CEH y REMHI, etc., para determinar con precisión las responsabilidades en cuanto a violaciones de DDHH y las masacres.
Si bien no tenemos información explícita sobre la perpetración de masacres como parte de las operaciones “Sofía,” lo que sí tenemos son repetidas indicaciones del nivel de violencia dirigido contra los civiles. El IPO No. 002, por ejemplo, habla de la destrucción de campamentos, la muerte de 7 FIL, cateos en los cantones de Nebaj y la detención de 122 personas en el destacamento de Nebaj; también la ocupación de Salquil y el cerco de 737 personas de los cantones cercanos para ponerlas bajo el control de la FT Gumarcaj en Salquil. La Orden de Operaciones No. 02, con fecha del 8 de agosto 1982, dice que “Como resultado de las operaciones ofensivas llevadas a cabo por el Batallón de Paracaidistas y el apoyo de fuego de los morteros 120mm… la mayoría de la población que aún vive en las aldeas están viviendo una situación desesperada.” (Ver Anexo “A,” Resumen de Inteligencia.) El movimiento de habitantes asustados abandonando sus hogares era masivo; hay múltiples referencias en los documentos a las aldeas desiertas, la huida de las poblaciones, los escondites ubicados en la montaña por las tropas.
(Kate Doyle, The National Security Archive) – sigue –

venerdì 15 gennaio 2010

31 - RAPPORTO DOYLE - 3 -

È evidente dall’archivio che i soldati sul campo che lavoravano nell’area delle operazioni dovevano informare i loro superiori di tutti i dettagli sui risultati dell’offensiva, i suoi problemi, bisogni e successi in modo rutinario durante la stessa operazione. L’Ordine di Operazione n.1 emesso dal capo di Sofia (ubicato in Nebaj) specifica per esempio:
Istruzioni per il coordinamento: 2. informare immediatamente sia sul numero e la composizione del nemico, sial sulla direzione di movimento, 8. le Compagnie, all’atto di occupare le posizioni di assedio, lo comunicheranno al Posto di Comando con la parola “Gloria”,  10. La Seconda Compagnia a conclusione del rastrellamento del Cerro XESIBACBITZ  lo notificherà al Posto di Comando perché questo dia l’ordine dell’inizio della tappa di rastrellamento finale dei crepacci.
Esiste un documento normativo utilizzato dagli ufficiali superiori per consegnare le informazioni all’Alto Comando, denominato “Dossier Periodico delle Operazioni” (IPO), e un altro generato al livello di pattuglia (consegnato al Comando a Nebaj) che era chiamato “Informazioni di Pattuglia”.
Abbiamo accesso a due IPO nell’archivio. L’IPO n.1 dice chiaramente che le altre unità anche produssero i loro Dossier Periodici di Operazioni, incluso la Task Force Gumarcaj, la Brigata Militare di Huehuetenango, il Distaccamento di Nebaj e il Distaccamento di Chajul – tutti luoghi e/o unità tra le più importanti nell’operazione. Questa circolazione costante di informazioni tra l’Alto Comando, il Comando delle operazioni e i soldati sul campo, è prova dell’ampiezza del comando e del controllo saldo che esisteva nell’Esercito durante questo tipo di offensive contro insurrezionali.
Il Colonnello Castellanos spedì l’IPO n.1, corrispondente al Primo Battaglione di Paracadutisti (impegnato nell’Operazione Sofia) del periodo compreso tra il 16 al 31 luglio 1982, mediante una comunicazione con data 5 agosto diretto al Capo del EMGE.
E’ evidente nei documenti che l’Esercito associava gli abitanti al comunismo e pertanto li considerava come nemici e bersagli legittimi. “Durante più di 10 anni” dice il Dossier Periodico delle Operazioni n.001, “i gruppi sovversivi che hanno operato nell’area del Triangolo Ixil, sono riusciti a portare avanti un lavoro completo di coscientizzazione ideologica in tutta la popolazione, avendo ottenuto il 100% di appoggio”. Un Dossier di Pattuglia lamenta lo stato di abbandono nel quale si trova la maggioranza della comunità rastrellate dalle truppe: “Nelle aldeas non c’è gente, si sono nascosti tutti”. Il fatto che gli abitanti avevano molta paura dei soldati è stato interpretato come un altro segnale della loro tendenza ideologica invece di una risposta razionale alle azioni degli stessi soldati: “I guerriglieri hanno conquistato tutta la gente, dato che quando arriva l’Esercito si nascondono sulle montagne”.
D’accordo con queste idee, le unità vedevano come intercambiabili i nemici combattenti e i loro “collaboratori e simpatizzanti”, cioè gli abitanti indigeni dell’area.
Ci sono pochi scontri diretti con i guerriglieri documentati nei dossier di Sofia – che comprendono un periodo di un mese e tre giorni di operazioni – però ci sono molteplici incontri e azioni contro gente disarmata. 
Frequentemente questa gente è identificata come “FIL” o Forze Irregolari Locali: persone responsabili di azioni di autodifesa contro l’Esercito, come tagliare le linee telefoniche, costruzione di barricate nelle strade per ostacolare i movimenti delle truppe. Il concetto di FIL era molto ampio, dato che includeva perfino la gente più vulnerabile (bambini, anziani, per esempio). Se non li uccidevano, le unità dell’Esercito li “recuperavano”, li evacuavano e li imprigionavano in uno dei distaccamenti militari nell’area.
(Kate Doyle, in The National Security Archive)

30 - OPERACION SOFIA - 3 -

Es evidente del archivo que los soldados en el campo trabajando en el área de operaciones debían informar a sus superiores todos los detalles sobre los logros de la ofensiva, sus  problemas,necesidades y éxitos en una manera rutinaria durante la mera operación. La Orden de Operaciones No. 01 emitido por la comandancia de Sofía (radicada en Nebaj) especifica, por ejemplo,
INSTRUCCIONES DE COORDINACIÓN: …2. Reportar inmediatamente tamaño, composición del enemigo, así como dirección del movimiento. …8. Las Compañías al ocupar sus posiciones en el cerco lo reportarán al PC [Puesto Comando] por medio de la palabra “Gloria”…10. La Segunda Compañía al finalizar el rastreo del Cerro XESIBACBITZ lo notificará al PC para que este de la orden de inicio de la etapa de rastreo final de las quebradas.
Existe un documento normativo utilizado por los oficiales superiores para entregar sus reportes al Alto Mando que se denominó “Informe Periódico de Operaciones” (IPO), y otro generado al nivel de patrulla (entregado a la comandancia en Nebaj) que se denominó “Reporte de Patrulla.”
Tenemos acceso a dos IPOs en el archivo. El IPO No. 1 dice claramente que las demás unidades también produjeron sus Informes Periódicos de Operaciones, incluso la FT Gumarcaj, la Brigada Militar de Huehuetenango, el Destacamento de Nebaj y el Destacamento de Chajul – todos lugares y/o unidades más importantes en la operación. Esta circulación constante de información entre el Alto Mano, la comandancia de la operación y los soldados en el campo es prueba de la amplitud del mando y control firme que existía dentro del Ejército durante estas tipas de ofensivas contrasubversivas.
El Coronel Castellanos remitió el IPO Nº 1, correspondiente al Primer Batallón de Paracaidistas (empeñado en la Operación "Sofía") del periodo comprendido del 16 al 31 de Julio 82, mediante un oficio de fecha 05 de Agosto dirigido al Jefe del EMGE. Es evidente en los documentos que el Ejército asociaba a los habitantes con el comunismo y por lo tanto los consideraba como enemigos y blancos legítimos. “Durante más de 10 años,” dijo el Informe Periódico de Operaciones No. 001, “los grupos subversivos que han operado en el área del Triangulo IXIL, logrando llevar a cabo un trabajo completo de concientización ideológica en toda la población habiéndose alcanzado un cien por ciento de apoyo.” Un Reporte de Patrulla se queja sobre el estado de abandono en el que se encuentra la mayoría de las comunidades rastreadas por las tropas: “En las aldeas no hay gente, toda está escondida. Todas las aldeas de la región están organizadas.” El hecho de que los habitantes tenían mucho temor de los soldados se interpretó como otra señal de sus tendencias ideológicas en vez de una respuesta racional a las acciones de los mismos soldados: “Los guerrilleros ya tienen ganada a toda la gente, puesto que cuando ven al Ejército, se esconden en las montañas.”
De acuerdo con estas percepciones, las unidades veían como intercambiables a los enemigos combatientes y a sus “colaboradores y simpatizantes,” es decir, los habitantes indígenas del área. Hay pocos enfrentamientos directos con guerrilleros documentados en los informes de Sofía – que cubren un período de un mes y tres días de operaciones – pero hay múltiples encuentros y acciones contra gente sin armas. Frecuentemente esta gente se identifica como las “FIL,” o fuerzas irregulares locales: personas responsables para acciones de auto-defensa contra el Ejército, tal como el corte de líneas telefónicas o la construcción de barricadas en las carreteras para obstaculizar los movimientos de las tropas. El concepto de las “FIL” era muy amplio, ya que incluía hasta la gente más vulnerable (niños y ancianos, por ejemplo). Si no los mataban, las unidades del Ejército los “recuperarían,” los evacuarían y los detendrían en uno de los destacamentos militares en el área.
(Kate Doyle, in The National Security Archive)

mercoledì 13 gennaio 2010

29 - RAPPORTO DOYLE - 2 -

Per dimostrare che il sistema di comando e controllo operava durante questa operazione “Sofia” (e per analogia durante le altre operazioni contro insurrezionali del periodo) bisogna sottolineare che gli autori dei massacri, delle distruzioni dei villaggi e dei raccolti e dell’uccisione degli animali, del bombardamento dei rifugi, ecc, erano truppe subordinate degli imputati, e che gli imputati sapevano o dovevano aver saputo dei crimini commessi, e che essi non erano riusciti a punire gli abusi.
E’ importante dimostrare che le azioni dei soldati sul campo erano il risultato diretto degli ordini dei loro ufficiali superiori, e che gli ufficiali non solo diedero inizio alle operazioni con i propri ordini, ma anche le seguirono molto attentamente, erano a conoscenza di tutto in “tempo reale”, inviarono nuove istruzioni durante tutte le operazioni che erano portate avanti dalle truppe, insomma, ebbero il totale controllo delle operazioni mentre erano portate avanti. I documenti di Sofia ci danno indicazioni di tutto ciò.
La pianificazione dell’operazione iniziò con un ordine del Capo di Stato Maggiore Generale dell’Esercito (EMGE) Héctor Mario López Fuentes, inviato per cablogramma l’8 luglio 1982, diretto al Comandante della Base Militare delle Truppe Paracadutiste “General Felipe Cruz” (BMTP, con sede a Puerto San Josè, Escuintla), Francisco Ángel Castellanos Góngora: Per favore, Prendere  nota, operazione richiesta area stabilita autorizzata, dipendendo sua unità amministrativamente e operativamente questo corpo, indipendentemente comando Fuerza Tarea Gumarcaj e zona militare MDGS Huehuetenango, effettui coordinamento. Accusare ricevuta. Lopez Fuentes, JEMGE.
La risposta giunse il 14 di luglio, firmata dal Comandante Castellanos, come “Copia n.1 di 20” del Piano dell’Operazione Sofia, “elaborato da questo comando in compimento a quanto ordinato dal Comando dello Stato Maggiore Generale dell’Esercito”.  Si inviarono altre copie del Piano alle unità che stavano partecipando all’operazione: Copia n.2 al Comandante della Forza Aerea del Guatemala, n.3 al Comandante della Brigata Militare di Quezaltenango, n.4 al Comandante della Zona Militare di Huehuetenango, e n.5 al Comandante della Task Force “Gumarcaj”.
Le comunicazioni continuarono con decine di messaggi dal Comando di Sofia al Capo dell’EMGE, e dal comandante della BMTP (che capeggiava l’operazione) ai comandanti in Nebaj, Quichè – dove si trovava la sede dell’offensiva – che riportavano avvenimenti importanti come banali, come una domanda per l’uso di un elicottero, novità su incontri con il nemico, la “cattura” di persone, incluso anziani e bambini, il “recupero” di armi, la distruzione di depositi di cibo e di abiti e di animali. Ci sono altri ordini inviati dall’Alto Comando ai comandanti subordinati: per esempio un ordine del Capo del EMGE alla Brigata Militare della Guardia d’Onore, con sede a Città del Guatemala, perché una compagnia di armi pesanti e mortai da 120 mm. partecipi all’operazione; un altro ordine con istruzioni emesse dal Viceministro Mejía Víctores (“Per disposizioni del Signor Presidente della Repubblica e comandante generale dell’esercito”), sui feriti militari e paramilitari destinati all’Ospedale Militare Centrale. Abbiamo le risposte degli ordini, che sono stati compiuti.
(Kate Doyle, in The National Security Archive)

28 - OPERACION SOFIA - 2-

Para probar que el sistema normativo de mando y control operaba durante esta operación “Sofía” (y por extrapolación durante las demás operaciones contrasubversivas del período), hay que evidenciar que los perpetradores de las matanzas, destrucción de aldeas, cosechas y animales, bombardeo de refugios, etc. eran tropas subordinadas de los imputados y que los imputados sabían o debían haber sabido de los crímenes cometidos y que ellos no consiguieron castigar los abusos. Es importante que demostrar que las actuaciones de los soldados en el campo eran resultado directo de las órdenes de su oficiales superiores, y que los oficiales no sólo iniciaron las operaciones con sus órdenes sino que también las siguieron muy cuidosamente, se enteraron de todo en “tiempo real,” enviaron nuevas instrucciones durante las operaciones que se cumplieron por las tropas – en fin, que tuvieron control total sobre el desarrollo de las operaciones mientras se llevaron a cabo. Los documentos de Sofía nos dan indicaciones de todo esto.
El planeamiento de la operación empezó con una orden del Jefe del Estado Mayor General del Ejército (EMGE), Héctor Mario López Fuentes, enviado por cable (“mensaje”) el 8 de julio 1982, dirigido al Comandante de la Base Militar de Tropas Paracaidistas “General Felipe Cruz” (BMTP, con sede en Puerto San José, Escuintla), Francisco Ángel Castellanos Góngora: SIRVASE TOMAR NOTA, OPERACIÓN SOLICITADA AREA CONVENIDA AUTORIZADA, DEPENDIENDO SU UNIDAD ADMINISTRATIVA Y OPERATIVAMENTE ESE CUERPO,INDEPENDIENTEMENTE MANDO FUERZA TAREA GUMARCAJ Y ZONA MILITAR “MGS” HUEHUETENANGO, EFECTUE COORDINACIONES. ACUSE RECIBO. LOPEZ FUENTES – JEMGE.
Su respuesta llegó el 14 de julio, firmada por el Comandante Castellanos, como “Copia No. 1 de 20” del Plan de Operaciones Sofía, “elaborado por este Comando en cumplimiento a lo ordenado por la Jefatura del Estado Mayor General del Ejército.” Se enviaron copias del Plan a las otras unidades que estarían participando en la operación: Copia No. 2 al Comandante de las Fuerzas Aéreas de Guatemala, No. 3 al Comandante de la Brigada Militar de Quezaltenango, No. 4 al Comandante de la Zona Militar de Huehuetenango, y No. 5 al Comandante de la Fuerza de Tarea “Gumarcaj.” Las comunicaciones continuaron con docenas de mensajes desde la comandancia de Sofía al Jefe del EMGE, y del comandante de la BMTP (quien encabezaba la operación) a los comandantes en Nebaj, Quiché – donde se encontraba la sede de la ofensiva – que reportaban sucesos importantes como triviales tales como una solicitud para el uso de un helicóptero, novedades sobre encuentros con el enemigo, la “captura” de personas, incluso de ancianos y niños, la “recuperación” de armas, la destrucción de buzones de comida, ropa y animales, entre otros. Hay otras órdenes enviadas por el Alto Mando a sus comandantes subordinados: por ejemplo, una orden del Jefe del EMGE a la Brigada Militar de Guardia de Honor, con sede en la ciudad de Guatemala, para que una compañía de armas pesadas y morteros de 120mm participe en la operación; otra con instrucciones emitidas por el Viceministro Mejía Víctores (“Por disposición Señor Presidente de la República y Comandante General del Ejército”) en cuanto a los derido militares y paramilitares destinados al Hospital Militar Central. Tenemos las respuestas de las órdenes, las cuales fueron cumplidas.

(Kate Doyle, in The National Security Archive)

martedì 12 gennaio 2010

27 - RAPPORTO DOYLE - 1 -

Il 16 luglio 1982 l’esercito del Guatemala lanciò una operazione militare contro insurrezionale nell’area Ixil, El Quichè. Lo scopo dell’offensiva era, secondo il piano originale, portare avanti “operazioni contro insurrezionali e psicologiche” nell’area delle operazioni della “Task Force Gumarcaj” per “sterminare gli elementi sovversivi della zona”. La campagna si protrasse fino al 19 agosto, e coinvolse ufficiali e truppe di varie unità delle Forze Armate.

L’operazione militare propriamente detta fu realizzata dal Primo Battaglione di Paracadutisti della Base militare delle Truppe Paracadutiste “Generale Felipe Cruz”, che si spostò via terra dalla sede di Puerto San Josè, Escuintla, verso la zona militare di Huehuetenango, dove iniziò due giorni dopo le operazioni offensive e psicologiche ordinate, allo scopo di dare maggiore forza alle operazioni della FT Gumarcaj nell’area di propria responsabilità e in coordinamento con questa Forza, che fornì l’appoggio logistico richiesto dal Comando dell’operazione Sofia.

I documenti dell’Operazione Sofia non si riferiscono esplicitamente alla commissione di massacri. Ma l’offensiva avvenne quando l’altopiano era nel pieno della guerra, in un momento e in una zona del paese nella quale – secondo le cifre della Commissione per il Chiarimento Storico – la maggior parte delle vittime subirono le brutalità della contro insurrezione. Questo fu il risultato di tattiche di guerra che erano state decretate per causare il massimo danno e distruzione non solo ai combattenti dei gruppi armati dell’opposizione ma anche alle comunità civili di tutta la regione. Per questo motivo Sofia è una operazione militare significativa per comprendere i modelli di azione dell’Esercito del Guatemala nella commissione di crimini durante il conflitto.  

L’importanza di questa operazione in relazione alla istanza – di tutte le operazioni contro insurrezionali effettuate dall’Esercito durante il periodo rilevante per il caso – è che abbiamo l’archivio militare di tutta la realizzazione delle operazioni, dall’inizio fino al giorno conclusivo. L’archivio, composto da 359 fogli, include l’ordine iniziale di lanciare l’offensiva, il Piano delle operazioni, messaggi e trasmissioni tra le unità, relazioni periodiche sui risultati, fino alle relazioni delle pattuglie scritte a mano sul campo. Queste informazioni ci danno una immagine molto precisa della intenzionalità del danno e delle sofferenze causate alle comunità indigene Ixil dall’Esercito nel corso della campagna per sradicare i gruppi armati guerriglieri.

Ci permette di comprendere anche concretamente come si svolgevano le operazioni di questa natura durante il periodo più violento del conflitto, le azioni militari tipiche di queste operazioni e il flusso delle comunicazioni. Alla fine, i documenti dell’Operazione Sofia ci permettono di concludere con sicurezza e chiarezza che la catena di comando era in funzione in ogni momento, e che l’Alto Comando – che in quel periodo comprendeva il Presidente, Comandante Generale dell’Esercito e Ministro della Difesa de facto Efraín Ríos Montt e il viceministro della Difesa Nazionale Oscar Humberto Mejía Víctores, entrambi imputati in questo caso – era perfettamente a conoscenza delle operazioni sul campo.

(Kate Doyle, in The National Security Archive)

26 - OPERACION SOFIA - 1 -

El 16 de julio 1982, el Ejército de Guatemala lanzó una operación militar de contrainsurgencia en el área Ixil, El Quiché. El propósito de la ofensiva, según el Plan original, era llevar a cabo “operaciones contrasubversivas y psicológicas en el Área de Operaciones de la FT [Fuerza de Tarea] Gumarcaj” para “exterminar a los elementos subversivos en el área.” La campaña duró hasta el 19 de agosto e involucró oficiales y tropas de varias unidades de las Fuerzas Armadas. La operación militar propiamente dicha fue realizada por el Primer Batallón de Paracaidistas de la Base Militar de Tropas Paracaidistas "General Felipe Cruz", que se desplazó por tierra desde su sede en Puerto San José, Escuintla, hasta la Zona Militar de Huehuetenango, donde inició dos días después sus operaciones ofensivas y psicológicas ordenadas, con la finalidad de darle mayor ímpetu a las operaciones de la FT Gumarcaj en su área de responsabilidad y en coordinación con esta Fuerza, la que proporcionó el apoyo logístico requerido por el Comando de la operación "Sofía." Los documentos de la Operación Sofía no se refieren explícitamente a la comisión de masacres. Pero la ofensiva ocurrió cuando el altiplano estaba en plena guerra, en un momento y en un área del país en que – según las cifras de la Comisión para el Esclarecimiento Histórico – la mayoría de las víctimas sufrieron de las barridas de contrainsurgencia, esto fue resultado de tácticas de guerra que fueron designadas para causar el máximo daño y destrucción no solo a los combatientes de los grupos armados de oposición sino también a las comunidades civiles de toda la región. Por esta razón, Sofía es una operación militar significativa para entender los patrones de actuación del Ejército de Guatemala en la perpetración de crímenes durante el conflicto. La importancia de esta operación en relación a la demanda – de todas las operaciones contrainsurgentes ejecutadas por el Ejército durante el período relevante al caso – es que tenemos el archivo militar de toda la realización de tarea, desde su inicio hasta su día final. El archivo, compuesto de 359 hojas, incluye desde la orden inicial de lanzar la ofensiva, el Plan de Operaciones, mensajes y transmisiones entre las unidades, informes periódicos de resultados, hasta los reportes de patrullas escritos a mano en el campo. Esta información nos da una imagen muy precisa de la intencionalidad del daño y el sufrimiento causado a las comunidades indígenas ixiles por el Ejército en el curso de su campaña para erradicar a los grupos armados guerrilleros. También nos permite comprender concretamente cómo se llevaban a cabo operaciones de esta naturaleza durante el período más violento del conflicto, las acciones militares típicas de tales operaciones y el flujo de las comunicaciones. Finalmente, los documentos de Operación Sofía nos permiten concluir con certeza y claridad que la cadena de mando funcionaba en todo momento y que el Alto Mando – que en ese entonces hubiera incluido el Presidente, Comandante General del Ejército y Ministro de la Defensa de facto Efraín Ríos Montt y el Viceministro de la Defensa Nacional Oscar Humberto Mejía Víctores, ambos imputados en este caso – estaba perfectamente enterado de las operaciones en el campo.
(Kate Doyle, in The National Security Archive)

martedì 5 gennaio 2010

25 - LA FAME CAUSATA DALLA SICCITA’ E’ APPENA INIZIATA

Perdite di vite umane, oltre che di raccolti e investimenti, sono conseguenza del fenomeno atmosferico “El Niño”, che ha causato una stagione secca più lunga del normale, e ciò in particolare nella zona del cosiddetto “Corredor Seco”, e il problema è ben lunghi dalla soluzione, anzi sembra appena iniziato.
La situazione di denutrizione nei dipartimenti di El Progreso, Zacapa, Chiquimula, Jalapa, Jutiapa, Santa Rosa y Baja Verapaz, che compongono il cosiddetto “Corredor Seco”, è stata fronteggiata con la distribuzione di alimenti donati da paesi amici del Guatemala, ma il nostro paese, secondo uno studio realizzato dalla ONG Acción contra el Hambre (ACH) si trova a rischio di una nuova crisi alimentare.
Secondo uno studio di questa associazione, il problema della mancanza di alimenti potrebbe estendersi a tutta la popolazione nelle prime settimane del 2010, dato che è previsto che in questo periodo si renda manifesta la mancanza di raccolti al terminare le riserve alimentari del paese.
Inoltre, secondo uno studio internazionale, il Guatemala si trova al primo posto tra i paesi con maggior indice di denutrizione nel continente americano, prima di Honduras e Haiti.
Ma il problema della denutrizione non è recente, dato che secondo uno studio della Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi e il Fondo delle Nazioni unite per l’infanzia, tra il 1960 e il 2000 si registrò il decesso di mezzo milione di bambini per fattori legati alla denutrizione.
D’altra parte il 10% del raccolto di mais bianco, principale alimento della dieta dei guatemaltechi, è stato danneggiato, e questo causerà un raccolto inferiore di almeno 2 milioni e 870 mila quintali di quanto sperato, secondo i dati del  Ministero dell’Agricoltura, Allevamento e Alimentazione (MAGA). Nonostante ciò, il MAGA è ottimista di fronte al fatto che si aspetta un aumento del 10% della produzione di grano rispetto a quella ottenuta nel 2008. Inoltre si aspetta un aumento significativo per il prossimo anno. 
Tra le prime azioni che sono state realizzate, il Programma Mondiale Alimentare (PAM), ha consegnato venti tonnellate di biscotti nutritivi in 164 comunità colpite dalla fame.
Da parte sua il Governo guatemalteco aveva previsto di destinare $7,4 milioni all’acquisto di alimenti, oltre a promuovere presso la comunità internazionale il pagamento di maggiori risorse per affrontare l’emergenza.
L’ultimo aiuto è stato offerto dall’Italia,che ha donato allo Stato guatemalteco $80.000, denaro che sarà utilizzato per finanziare un progetto che vuole evitare la morte di almeno mille bambini minori di cinque anni e che soffrono di denutrizione acuta.
Secondo quanto indicato nel comunicato pubblicato a questo proposito, con questo contributo si realizzerà l’acquisto di attrezzature antropometriche, antibiotici, zinco, ferro, acido folico, antiparassitari e alimenti terapeutici.
Un altro contributo è stato realizzato lo scorso mese di settembre quando la Comunità Europea ha promosso un programma nel quale di cercava di aiutare a combattere la denutrizione. In quella occasione erano stati consegnati al governo guatemalteco 15 milioni di dollari.
Questo progetto è stato ideato a partire dal 2008, con l’obiettivo di ridurre l’impatto della crisi economica mondiale, e senza dubbio è stato utile per affrontare il problema nutrizionale che si è reso maggiormente visibile nei primi mesi di questo anno.
Le risorse che sono state donate dalla Comunità Europea formano parte dei mille milioni di euro che questa entità ha destinato per appoggiare progetti produttivi in 25 paesi.
I NUMERI DELLA CRISI ALIMENTARE
600.000 bambini e bambine minori di cinque anni soffrono di denutrizione in Guatemala, secondo i dati del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia; 100.000 bambini tra 6 e 36 mesi di età, 50.000 donne gravide, e 12.000 piccoli agricoltori avrebbero voluto beneficiare della donazione della Commissione Europea.
1,7% è il tasso di denutrizione cronico infantile in Guatemala, questa è una cifra preoccupante, anche se si trova sotto il 10%, cifra che l’Organizzazione Mondiale della Salute stabilisce per determinare l’esistenza di carestia nel paese
Il 52% della popolazione è considerata povera. Il 9% dei bambini minori di cinque anni nel “Corredor Seco” soffre di denutrizione cronica, la cifra raddoppia per le bambine.
Il 71%del raccolto di fagioli è andato perduto, il 58% del raccolto di mais è andato perduto.
Inoltre durante una inchiesta realizzata da ACH, il 90% di 1.600 famiglie intervistate ha affermato che da novembre non ha assunto alimenti come carne, grano o verdure, e il 40% ha dichiarato che ha ridotto il numero di pasti giornalieri.
Paculam Ixtahuacán, un villaggio del dipartimento di Sololà, è considerato come uno degli abitati con maggiori indici di denutrizione cronica. Uno ogni due bambini minori di cinque anni non raggiunge la taglia né il peso che dovrebbe avere per la sua età, inoltre l’età mentale di questi bambini è minore del normale. In questo villaggio, il 90% degli abitanti devono sopravvivere con meno di otto quetzales al giorno (1 dollaro).
(di Andrea Orozco, in Reportage, 23 dicembre 2009)

24 - LA HAMBRUNA POR LA SEQUIA APENAS EMPIEZA

Pérdidas de vidas humanas, así como de cosechas e inversiones fue el resultado del fenómeno atmosférico "El Niño", que produjo una época seca más larga de lo normal, todo ello acontecido principalmente en el denominado 'Corredor Seco', pero el problema lejos de solucionarse al parecer apenas empieza.
La crisis de desnutrición en los departamentos de El Progreso, Zacapa, Chiquimula, Jalapa, Jutiapa, Santa Rosa y Baja Verapaz, que componen el denominado 'Corredor Seco', fue contrarrestada con la distribución de alimentos donados por países amigos de Guatemala, sin embargo, según un estudio realizado por la ONG Acción Contra el Hambre (ACH), nuestro país se encuentra en riesgo de una nueva crisis nutricional.
Según un informe de esta entidad, el problema de la falta de alimentos podría extenderse a toda la población durante las primeras semanas de 2010, pues se tiene previsto que esta sea la época en que se haga evidente la pérdida de cosechas al agotarse las reservas alimenticias del país.
Además, según un estudio internacional, Guatemala se encuentra en el puesto uno entre los países con mayor índice de desnutrición en todo el continente americano, superando a los países de Honduras y Haití.
Pero el problema de la desnutrición no es actual, pues, según un informe de la Comisión Económica para América Latina y el Caribe y el Fondo de las Naciones Unidas para la Infancia, entre 1960 y 2000, se reportó el deceso de medio millón de niños y niñas debido a factores relacionados con la desnutrición.
Por otro lado, la cosecha del maíz blanco, principal grano en la dieta de los guatemaltecos, se vio afectada en un 10%%, lo que provocará obtener 2 millones 870 mil quintales menos de lo esperado, esto según un informe del Ministerio de Agricultura, Ganadería y Alimentación (MAGA).
Sin embargo, el MAGA se encuentra optimista ante el hecho de que se calcula un alza de 10%% en la producción de granos, esto con respecto a la obtenida en 2008. Además, la institución espera obtener un aumento significativo para el próximo año.
Durante las primeras acciones que se realizaron, el Programa Mundial de Alimentos (PAM), hizo entrega de 20 toneladas de galletas nutritivas en 164 comunidades afectadas por la hambruna.
Por su parte, el Gobierno guatemalteco tenía previsto destinar $ 7,4 millones a la compra de alimentos además de promover ante la comunidad internacional el desembolso de mayores recursos para enfrentar la emergencia.
La última ayuda fue proporcionada por Italia, quién donó al Estado guatemalteco $80 mil, dinero que será utilizado para financiar un proyecto que pretende evitar la muerte de por lo menos mil niños menores de cinco años y que sufren desnutrición aguda.
Según lo indica el comunicado que se publicó al respecto, con este aporte se realizará la compra de equipo antroprométrico, antibióticos, zinc, micronutrientes, hierro, ácido fólico, desparasitantes y alimento terapéutico.
Otro aporte fue realizado en el mes de septiembre cuando la Comisión Europea (CE), lanzó un programa con el cual se buscaba ayudar en el combate a la desnutrición. En esa oportunidad fueron $15 millones los que se aportaron al Gobierno guatemalteco.
Este proyecto inició a planificarse desde 2008 con el objetivo de minimizar el impacto de la crisis económica mundial, sin embargo, fue oportuno para enfrentar el problema nutricional que se hizo mayormente visible durante los primeros meses de este año.
Los recursos que fueron donados por la CE forman parte de los mil millones de euros que esta entidad tiene destinados para apoyar proyectos productivos en 25 países.

Los numeros -
600 mil niños y niñas menores de cinco años sufren algún tipo de desnutrición en Guatemala, esto según datos del Fondo de Naciones Unidas para la Infancia, 100 mil niños de entre 6 y 36 meses, 50 mil mujeres embarazadas y 12 mil pequeños agricultores se deseaban beneficiar con la donación de la Comisión Europea
1.7% es la tasa de desnutrición crónica infantil en Guatemala, esta cifra es preocupante aunque se encuentra por debajo del 10%, cifra que la Organización Mundial de la Salud establece para determinar la existencia de hambruna, 52% de la población guatemalteca es considerada como pobre.
9% de los niños menores de cinco años en el Corredor Seco padecen desnutrición crónica, la cifra se duplica al hablar de las niñas.
71% Cosecha del frijol perdida, 58% cosecha de maíz perdida
Además, durante una encuesta realizada por ACH, el 90% de mil 600 familias abordadas informó que desde noviembre no ingiere alimentos como carnes, granos básicos o verduras, y el 40% declaró la reducción del número de comidas diarias.

Paculam Ixtahuacán, un caserío del departamento de Sololá, es considerado como uno de los poblados con mayores índices de desnutrición crónica. Allí, uno de cada dos niños menores de cinco años no llega a la talla y peso que debería según su edad, además, la edad mental de estos menores es menor a la normal. En este caserío el 90% de los habitantes tiene que sobrevivir con menos de ocho quetzales diarios.

(Andrea Orozco, Reportaje, Miércoles, 23 de Diciembre de 2009 )