Benvenuti nel blog “Orizzonte Guatemala”! Siamo un gruppo di amici del Guatemala e con questo strumento di comunicazione e condivisione vogliamo contribuire a fare conoscere l’attualità di questo bellissimo paese, al quale ci legano vincoli di amicizia e di solidarietà con tanti amici guatemaltechi.


lunedì 27 settembre 2010

268 - ASSASSINATO UN MEMBRO COORDINAMENTO NAZIONALE INDIGENO E CONTADINO

Il Coordinamento Nazionale Indigeno e Contadino – CONIC – ripudia con forza l’assassinio del compagno RICCARDO ESTRADA, della comunità Sucely, Laguna del Tigre, Peten, che era coordinatore del Consiglio della Direzione Dipartimentale del Petén. Questo nuovo fatto di sangue è avvenuto nella Comunità Santa Amelia, Laguna del Tigre, Peten il giorno 12 settembre, ad opera di uomini armati che hanno sparato a Ricardo Estrada, morto sul colpo.
Così si criminalizza la lotta del popolo indigeno e contadino del Guatemala, che lotta per il giusto diritto di vivere degnamente in un pezzo di terra difendendo i propri beni naturali.
Questo è il primo assassinio nella Laguna del Tigre, dopo che il presidente della Repubblica Alvaro Colom, ha ampliato la concessione all’impresa petrolifera PERENCO della capitale francese, mentre annunciava lo sgombro delle 37 comunità che vivono nella regione e l’istallazione di vari distaccamenti militari. E’ questa una grande contraddizione, mentre consegna il nostro territorio ed i beni naturali ad una impresa straniera, si impegna a sfrattare le umili famiglie che vivono storicamente nella loro terra ancestrale della Laguna del Tigre. Questa non è stata l’offerta del Presidente Colom, quando è venuto nelle nostre comunità a chiedere i nostri voti, con l’ipocrisia di portare la testa legata, fingendo “essere sacerdote maya”.
A causa di queste minacce di sgombri, le comunità della Laguna del Tigre si sono riunite in Assemblea permanente, preparandosi ad affrontare questa disposizione, dove alcuni proprietari terrieri sono arrivati e hanno costretto le comunità a presentare una difesa con costi fino a Q150, 000.00 per il pagamento dell’avvocato, secondo la nostra investigazione, è la figlia di un proprietario terriero quella che si assumerà il caso, il nostro compagno Ricardo Estrada, insieme alle comunità, si è opposto a questo procedimento.
Il deputato Manuel Barquin, della Grande Alleanza Nazionale “GANA”, ha manipolato i leader delle comunità, offrendo la sua consulenza in mala fede con il fine di guadagnare voti per le prossime elezioni.
ESIGIAMO che il Ministero Pubblico proceda all'investigazione d’ufficio di questo nuovo crimine compiuto contro il Coordinamento Nazionale Indigeno e Contadino CONIC, in particolare contro il compagno Ricardo Estrada.
ESIGIAMO che il Presidente della Repubblica, modifichi il suo procedimento, ritiri la sua minaccia di sfratto contro le 37 comunità che vivono nella Laguna del Tigre, si accordi con queste comunità per intraprendere un piano di sviluppo appropriato per la regione, soprattutto la riforestazione dell’area, dato che i vari governi, incluso l’attuale, hanno venduto e continuano a vendere il nostro legname prezioso alle imprese messicane.
ALLE COMUNITA’ CHE SONO MEMBRI DEL CONIC nella Lagna del Tigre e altre comunità e municipi del Petén chiediamo di rafforzare la nostra organizzazione e lotta comunitaria, municipale e regionale, per la difesa della Madre Terra, del Territorio e dei nostri beni naturali.
Perché il colore del sangue non si dimentica mai … i massacrati saranno vendicati, Ricardo Estrada … presente nella nostra lotta.
Guatemala, 14 settembre 2010
COORDINAMENTO NAZIONALE INDIGENO E CONTADINO – CONIC
Miembro de UASP, Frente contra la Minería, CLOC y Vía Campesina Internacional

267 - ASESINAN A MIEMBRO DEL CONSEJO DE DIRECCIÓN DEPARTAMENTAL DE CONIC

La Coordinadora Nacional Indígena y Campesina –CONIC- repudia enérgicamente el asesinato del compañero RICARDO ESTRADA, de la comunidad Sucely, Laguna del Tigre, Peten, que fungía como coordinador del Consejo de Dirección Departamental de Peten. Este nuevo hecho de sangre ocurrió en la comunidad Santa Amelia, Laguna del Tigre, Peten el día 12 de septiembre, por hombres armados que dispararon contra la persona de Ricardo Estrada, muriendo en el mismo lugar.
Así se criminaliza la lucha de los pueblos indígenas y campesinos de Guatemala, cuando pelean por su justo derecho a vivir dignamente en un pedazo de tierra y a defender sus bienes naturales.
Este es el primer asesinato en Laguna del Tigre, después que el Presidente de la República Álvaro Colom, ampliara la concesión a la empresa petrolera PERENCO de capital Francesa, mientras anunciaba el desalojo de las 37 comunidades que viven en la región y la instalación de varios destacamentos militares. Que contradicción más grande, mientras entrega nuestro territorio y bienes naturales a una empresa extrajera, se ocupa en desalojar a humildes familias que viven históricamente en sus tierra ancestrales en la Laguna del Tigre. Ese no fue el ofrecimiento del Presidente Colom, cuando llegó a nuestras comunidades a pedir nuestros votos, con la hipocresía de llevar la cabeza amarrada, fungiendo “ser sacerdote maya”.
A raíz de estas amenazas de desalojos, las comunidades de Laguna del Tigre, han estado en Asambleas permanentes, preparándose para enfrentar dicha disposición, donde algunos finqueros han llegado obligando a las comunidades de interponer recursos de amparo cobrándoles hasta Q150,000.00 para pago de honorario de abogado, según nuestra investigación, es hija de un finquero la que supuestamente llevaría el caso, nuestro compañeros Ricardo Estrada junto a las comunidades se han opuesto a dicho procedimiento.
El diputado Manuel Barquín de la Gran Alianza Nacional “GANA” ha manipulado a líderes de las comunidades, ofreciendo su asesoría de mala fe con el fin de ganar votos para las siguiente contiendas electorales.
EXIGIMOS al Ministerio Público que de oficio proceda a la investigación de este nuevo crimen cometido contra la Coordinadora Nacional Indígena y Campesina CONIC, específicamente en contra del compañero Ricardo Estrada.
EXIGIMOS AL Presidente de la República, que corrija su procedimiento, que retire su amenaza de desalojo en contra de las 37 comunidades que viven en la Laguna del Tigre, que se sienta con dichas comunidades para emprender un plan de desarrollo acorde a la región, principalmente la reforestación del àrea porque los distintos gobiernos, incluido su gobierno, han vendido y siguen vendiendo nuestras maderas preciosas a empresas mexicanas.
A LAS COMUNIDADES MIEMBROS DE CONIC en Laguna del Tigre y otras comunidades y municipios del Peten a fortalecer nuestra organización y lucha comunitaria, municipal y regional, para la defensa de la Madre Tierra, el Territorio y nuestros bienes naturales.
Porque el color de la sangre jamas se olvida... los masacrados seràn vengados.
Ricardo Estrada presente en nuestra lucha.
Guatemala, 14 de septiembre de 2010.
COORDINADORA NACIONAL INDIGENA Y CAMPESINA –CONIC-
Miembro de UASP, Frente contra la Minería, CLOC y Vía Campesina Internacional

domenica 26 settembre 2010

266 - VIOLENZA ED INSICUREZZA: OLTRE 2.130 MORTI FINO AD AGOSTO 2010

Lo scorso lunedì 13 settembre, il Gruppo di Appoggio Mutuo (GAM) ha divulgato il testo "Riassunto della relazione sulla situazione dei diritti umani in Guatemala ed atti di violenza da gennaio ad agosto 2010" che descrive la situazione della violenza nel paese. Secondo la relazione, fino ad agosto ci sono stati già 2.132 morti.
Il documento fa un'analisi delle città e delle realtà che maggiormente soffrono per l'ondata di violenza. Oltre agli assassinii, sono anche aumentati i casi di linciaggio, come forma a reazione popolare contro la situazione. Solo nel mese di agosto, vi sono stati 136 casi.
"La popolazione guatemalteca ha dimostrato il proprio scontento e stanchezza davanti ai costanti abusi da parte dei delinquenti, ma soprattutto, per la mancanza di iniziativa di coloro che sono responsabili di garantire la sicurezza" analizza il GAM. Nonostante la disperazione della popolazione, il linciaggio dei delinquenti è lontano da risolvere il problema della violenza, secondo la fondazione.
Nel paragone con l'anno 2009, la relazione rivela che nel 2010 c’è stata una riduzione del numero di morti e degli atti di violenza. Tuttavia, il GAM osserva che questo anno è molto più violento a confronto con il 2008.
Secondo lo studio, il municipio più violento continua ad essere la capitale, Città della Guatemala, seguito da Villa Nueva, Mixco e Villa Canales. Anche gli autisti del trasporto pubblico continuano ad essere uno dei principali bersagli dei delinquenti, seguiti dai commercianti e venditori.
Nel caso delle donne, rimane l'alto indice delle morti, senza che ci sia l'interesse delle autorità ad investigare i casi. Per il GAM, questo dimostra "che le donne non sono una priorità per i governi." Da gennaio fino ad agosto di questo anno, quasi 300 donne furono assassinate nel paese, l’85% delle morti sono provocate dall'uso di armi.
"Il 53% delle donne muoiono in aree urbane, nella maggioranza dei casi i corpi delle donne sono ritrovati in terreni abbandonati, ma le autorità attribuiscono queste morti alla ‘violenza comune ', qualcosa che ancora non si può affermare, dato che è necessario arrivare ad un processo di investigazione per chiarire questi delitti", si segnala nello studio.
Per la fondazione, sembra che non sia servito a niente che il paese abbia firmato accordi di pace, poiché le conseguenze dei conflitti nel territorio dimostrano "mancanza di interesse ad applicare quanto concordato", e l'infiltrazione di poteri paralleli dentro lo Stato sembra avere debilitato tutte le istituzioni del paese.
Il "Guatemala affronta una situazione difficile, violenza, insicurezza, cattiva amministrazione di fondi e fenomeni naturali, contribuiscono a causare maggiore paura nella popolazione", afferma lo studio. Da alcuni anni il GAM tiene monitorata la situazione dei diritti umani in Guatemala.
Più informazioni sul GAM: http://www.gam.org.gt.
Adital - 16.09.10

265 - VIOLENCIA E INSEGURIDAD: MÁS DE 2.130 MUERTES OCURRIERON HASTA AGOSTO DE 2010

El último lunes (13), el Grupo de Apoyo Mutuo (GAM) divulgó el informe "Resumen ejecutivo del informe sobre la situación de los derechos humanos en Guatemala y actos de violencia de enero a agosto de 2010", que describe la situación de la violencia en el país. De acuerdo con el informe, hasta agosto ya se produjeron 2.132 muertes.
El documento hace un análisis de las ciudades y de los segmentos que más sufren por la ola de violencia. Además de asesinatos, los casos de linchamiento, como forma de reacción popular contra la situación, también ha aumentado. Sólo en el mes de agosto, ocurrieron 136 casos.
"La población guatemalteca demostró su descontento y cansancio ante los constantes abusos por parte de los delincuentes, pero sobre todo, por la falta de iniciativa de las entidades responsables de proporcionar seguridad", analiza el GAM. A pesar de la desesperación de la población, el linchamiento de los delincuentes está lejos de resolver el problema de la violencia, según la fundación.
En la comparación con el año 2009, el informe revela que en 2010 hubo una reducción en el número de muertes y actos de violencia. Sin embargo, el GAM observa que este año está siendo mucho más violento cuando se lo compara con 2008.
De acuerdo con el estudio, el municipio más violento continúa siendo la capital, Ciudad de Guatemala, seguido por Villa Nueva, Mixco y Villa Canales. Los choferes del transporte colectivo también continúan siendo uno de los principales blancos de los delincuentes, seguidos por los comerciantes y vendedores.
En el caso de las mujeres, el alto índice de muertes permanece, sin que se haya verificado el interés de las autoridades en investigar los casos. Para el GAM, esto muestra "que las mujeres no son prioridad para los gobiernos". Desde enero hasta agosto de este año, casi 300 mujeres fueron asesinadas en el país, de las cuales el 85% de las muertes son provocadas por el uso de armas de fuego.
"El 53% de las mujeres mueren en áreas urbanas, en la mayoría de los casos las mujeres son encontradas en terrenos baldíos, pero las autoridades atribuyen estas muertes a la ‘violencia común’, algo que todavía no se puede afirmar, ya vez que es necesario llegar a un proceso de investigación para el esclarecimiento de estos delitos", se señala en el estudio.
Para la fundación, parece que de nada sirvió que el país haya firmado acuerdos de paz, ya que las consecuencias de los conflictos en el territorio demuestran "falta de interés para aplicar lo acordado", y la infiltración de poderes paralelos dentro del Estado parece haber debilitado toda la institucionalidad del país.
"Guatemala enfrenta una situación difícil, violencia, inseguridad, mala administración de fondos y fenómenos naturales, contribuyen para provocar más miedo en la población", afirma el estudio. Desde hace algunos años el GAM monitorea la situación de los derechos humanos en Guatemala.
Más informaciones sobre el GAM: http://www.gam.org.gt.
Adital - 16.09.10

giovedì 23 settembre 2010

264 - I GUATEMALTECHI SI MOBILITANO AFFINCHE’ GLI USA APPROVINO IL TPS

La Rete per la Pace e lo Sviluppo del Guatemala (RPDG) invita tutta la comunità guatemalteca a condividere veglie, Messe, conferenze stampa ed altri atti, previsti da sabato 4 settembre, in varie città degli Stati Uniti, fino a giovedì 9. L'obiettivo è fare sì che il presidente statunitense Barack Obama approvi lo Status di Protezione Temporanea (TPS per la sua sigla in inglese), per i cittadini guatemaltechi.
"Sappiamo che attualmente il Dipartimento per la Sicurezza sta ancora valutando il caso del Guatemala. Crediamo per questo motivo, che sia possibile ottenere una risposta positiva, diventa allora necessario intensificare la campagna di firme, invio di lettere e chiamate telefoniche", si spiega nell'invito.
Turbate per la barbarie commessa contro gli emigranti nello stato di Tamaulipas, in Messico, le organizzazioni che partecipano a questa campagna per il TPS, sostengono che "condannano quell'atto ed esigono al governo messicano che si investighi e si applichi la legge nei confronti dei responsabili."
Dal 4 di agosto le donne guatemalteche fanno circolare una lettera per farla arrivare al Presidente Obama, appoggiando la richiesta del TPS per i guatemaltechi che si trovano negli Stati Uniti. Il sollecito è stato realizzato dal governo del Guatemala il 4 giugno, quando è stato decretato lo stato di emergenza causato dall'eruzione del Vulcano Pacaya e dall'impatto della tempesta tropicale Agatha.
Se la domanda fosse accetta, la commissione statunitense, che analizza già i danni causati dai fenomeni naturali in Guatemala, come la distruzione delle infrastrutture e le sue conseguenze nell'economia, investirà nel recupero e nella ricostruzione delle zone danneggiate.
Nel documento, le donne guatemalteche commentano anche che è urgente che gli Stati Uniti approvino la legge migratoria per risolvere i 'molteplici problemi esistenti.' "Se c'è qualcuno che ha motivi per desiderare questa nuova legge, sono le decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici guatemaltechi clandestini nel territorio statunitense, che contribuiscono allo sviluppo degli Stati Uniti, molti dei quali vengono deportati in maniera violenta, massiccia ed inumana", enfatizzano.
Anche le militanti del Guatemala si sono dirette al presidente del loro paese, Álvaro Colom, chiedendo che continui a realizzare i tutti gli sforzi possibili per arrivare ad una risposta soddisfacente da parte degli Stati Uniti, più rapidamente possibile.
Il TPS è un beneficio accordato dal governo statunitense ai paesi che sono stati colpiti da disastri naturali o altri fenomeni, e che permette ai cittadini del paese danneggiato che si trovino negli Stati Uniti, di rimanere legalmente per un tempo determinato nel territorio statunitense. Questo status migratorio concede anche il permesso per lavorare durante tutto il periodo di validità del TPS.
Adital - 06.09.10

263 - GUATEMALTECOS (AS) SE MOVILIZAN PARA QUE EUA APRUEBE TPS

La Red por la Paz y el Desarrollo de Guatemala (RPDG) invita a toda la comunidad guatemalteca a participar de vigilias, misas, conferencias de prensa y otros actos, que están ocurriendo desde el sábado (4), en varias ciudades de Estados Unidos, y que se extienden hasta el jueves (9). El objetivo es hacer que el Presidente estadounidense Barack Obama apruebe el Status de Protección Temporaria (TPS, por su sigla en inglés) para los guatemaltecos.
"Sabemos que actualmente, el Departamento de Seguridad, se encuentra todavía evaluando el caso de Guatemala. Creemos por eso que es posible tener una respuesta afirmativa, entonces se hace necesario intensificar más la campaña de firmas, envío de cartas y llamadas telefónicas", se explica en la invitación.
Conmocionadas por la barbarie cometida contra los migrantes en el estado de Tamaulipas, en México, las organizaciones participantes de esta campaña por el TPS, dicen que "condenan ese acto y exigen al gobierno mexicano que se investigue y se aplique la ley a los responsables".
Desde el 4 de agosto las Mujeres Guatemaltecas hacen circular una carta para ser dirigirla al Presidente Obama, reforzando el pedido por el TPS para los guatemaltecos que se encuentran en Estados Unidos. La solicitud fue realizada por el gobierno de Guatemala el último 4 de junio, cuando se decretó el estado de emergencia ocasionado por la erupción del Volcán de Pacaya y por el impacto de la tempestad tropical Agatha.
Si el pedido fuere aprobado, la comisión estadounidense, que ya analiza los daños causados por los fenómenos naturales en Guatemala, como la destrucción de la infraestructura y sus consecuencias en la economía, invertirá en la recuperación y reconstrucción de las zonas afectadas.
En el documento, las Mujeres Guatemaltecas comentan también que es urgente que Estados Unidos apruebe la ley migratoria para resolver los 'múltiples problemas existentes'. "Si hay alguien que tiene motivos para ansiar esta nueva ley, ellos son las decenas de miles de trabajadores y trabajadoras guatemaltecas indocumentados en territorio estadounidense, que contribuyen al desarrollo de Estados Unidos, muchos de los cuales vienen siendo deportados de manera violenta, masiva e inhumana", enfatizan.
Las militantes de Guatemala también se dirigieron al Presidente de su país, Álvaro Colom, pidiendo que continúe realizando sus mejores esfuerzos para llegar a una respuesta satisfactoria por parte de Estados Unidos, lo más rápido posible.
El TPS es un beneficio dado por el gobierno estadounidense a los países que fueron afectados por desastres naturales u otros impactos, y que permite a los ciudadanos del país afectado (que se encuentren en Estados Unidos), permanecer legalmente por un tiempo determinado en el territorio estadounidense. Este status migratorio también concede permiso para trabajar durante todo el período de vigencia del TPS.
Adital - 06.09.10

lunedì 20 settembre 2010

262 - TESTIMONIANZA COMMOVENTE E STORICA SENTENZA

Giornata storica ieri quando un giudice di una Corte Distrettuale statunitense nella Florida Meridionale, William J. Zloch, ha condannato il soldato guatemalteco Gilberto Jordán, ex appartenente alle forze speciali guatemalteche, a dieci anni di prigione federale. Jordán è stato condannato per aver mentito nella sua domanda di cittadinanza, per nascondere il suo ruolo nel massacro del 1982 di centinaia di civili disarmati a Dos Erres, in Guatemala. Nel condannare Jordán al tempo massimo previsto dalla legge in caso di frode nella naturalizzazione, il giudice Zloch ha fatto capire che ha inteso trasmettere un messaggio chiaro: “coloro che commettono all'estero violazioni di diritti umani rilevanti” non possono trovare “porto sicuro da condanne” negli Stati Uniti. La sentenza rappresenta la prima volta che alcune delle dozzine di ex Kaibiles delle forze speciali, responsabili degli assassinii circa 28 anni fa, sono stati condannati.
Il massacro di Dos Erres ebbe luogo durante la fase più intensa delle politica della “terra bruciata” del governo guatemalteco nel dicembre 1982. Secondo le dichiarazioni di alcuni testimoni, confermate dagli archivi declassificati degli Stati Uniti, i Kaibiles entrarono nella città di Dos Erres la mattina del 6 dicembre 1982, e separarono gli uomini dalle donne e dai bambini. Cominciarono a torturare gli uomini e a stuprare le donne e nel pomeriggio avevano ucciso pressoché la comunità intera, incluso i bambini. Si crede che più di 250 persone siano morte, i loro corpi gettati in un pozzo asciutto o lasciati nei campi vicini.
Jordán, che fu arrestato dall’Immigrazione Americana e da agenti del Controllo della Dogana, nella sua casa in Delray Florida, lo scorso 5 maggio, confessò di aver gettato un bambino nel pozzo all'inizio del massacro e di portare dozzine di altri uomini, donne e bambini al pozzo per essere uccisi. Comunque, il suo crimine negli Stati Uniti era di aver mentito sui moduli che aveva completato nel 1996, quando faceva domanda formale per divenire cittadino degli Stati Uniti. Sul modulo non aveva rivelato i suoi dodici anni di servizio nell'Esercito guatemalteco, e ha mancato di rispondere alla domanda che chiede: “Ha mai commesso un crimine o violazione per la quale Lei non fu arrestato?”
Normalmente, le istruzioni per le condanne raccomandano fino a sei mesi, seguiti da deportazione, in caso di frode per la naturalizzazione. Il codice penale statunitense permette che una sentenza sia al di fuori delle indicazioni previste, comunque se “esiste una circostanza aggravata o attenuata di qualsiasi genere… non preso in esame dalla Commissione Sanzionatoria…”
Nella sala delle udienza di Fort Lauderdale ieri il giudice Zloch ha definito i crimini commessi da Jordán partecipando al massacro “senza precedenti,” sottolineando che non c'era esempio nei casi precedenti, di un imputato che ha mentito “partecipando ad un assassinio di massa.”
Le udienze per determinare la sentenza sono cominciate il 15 settembre, quando Jordán fu condotto da un maresciallo statunitense nella sala delle udienza, indossando un'uniforme beige della prigione, i ceppi alle caviglie e le mani ammanettate davanti. Ha zoppicato fino al banco della difesa e gli sono state date delle cuffie per poter ascoltare il procedimento in spagnolo per mezzo di un interprete. Dietro a lui si sono seduti sua moglie e altri membri della sua famiglia, compreso un figlio in uniforme dei Marines Americani.
Era presente anche Ramiro Osorio Cristales, oggi ha 33 anni, e ne aveva cinque quando la sua famiglia fu uccisa durante il massacro. Ramiro - uno degli unici due testimoni sopravvissuti al massacro di Dos Erres - descrisse di aver visto come sua madre, il più giovane fratello e la sorellina furono assassinati dai soldati Kaibiles. Egli vide i corpi di suo padre e di altri quattro fratelli nelle rovine del villaggio, quando fu condotto via alla conclusione del massacro. Ramiro si è salvato perché uno dei soldati Kaibles, responsabile dell’uccisione della sua famiglia, decise di adottarlo.
Nel chiedere una sentenza maggiore, l’avvocato Hillary Davidson ha sostenuto che “le atrocità” commesse Jordán e dal suo compagno Kaibiles erano “legate inestricabilmente con la bugia che disse Jordán” per ottenere la cittadinanza. Sebbene la difesa di Jordán, l’avvocato Robin Rosen-Evans, ha indicato che Jordán viveva pacificamente negli Stati Uniti da più di venti anni ed aveva esortato il giudice a considerare solamente l’“atto di occultamento” nella sua decisione di condanna, Davidson dichiarò che l’udienza non era circa “un caso di frode di naturalizzazione paradigmatico dove il crimine è rubare nei negozi,” ma riguarda atti di assassinio di massa che “hanno cancellato un villaggio intero dalla faccia di questa terra.”
Il giudice fu d'accordo, ed è apparso incredulo di fronte ad alcuni degli argomenti portati dalla difesa. Quando Rosen-Evans ha chiesto alla Corte di riconoscere che Jordán stava agendo, durante il massacro, sulla base di ordini del suo superiore, il giudice Zloch sostenne di nuovo: “Bene, se quello è il caso, non sarebbero stati condannati i militari nel processo di Norimberga”.
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La Corte distrettuale Stati Uniti di Fort Lauderdale, di Kate Doyle.
L'udienza si è conclusa dopo le discussioni finali degli avvocati ed è ripresa il giorno successivo con la decisione del giudice Zloch. Definendo “riprovevole” il crimine, il giudice affermò che lui era “a conoscenza di una forma più grave di frode migratoria che del'assassinio di massa di civili innocenti”. Sottolineò come chiedendo la cittadinanza Jordán nascose il suo passato brutale al governo degli Stati Uniti e ai “suoi vicini”, ed evitò la giustizia in Guatemala. Chiedendo il massimo di dieci anni, Zloch disse “qualsiasi cosa di meno sarebbero totalmente inadeguata come giusta punizione per questo crimine.”
Questo atto era il risultato di una collaborazione innovativa tra il Settore della Giustizia e l'Immigrazione degli Stati Uniti e le Dogane (ICE) a livello del loro funzionamento. Avvocati, analisti ed agenti hanno lavorato insieme per più di un anno per identificare Jordán e tre altri ex Kaibiles coinvolti presumibilmente nel massacro, mentre ora vivono negli Stati Uniti. Jordán è il primo dei quattro casi andare a giudizio.
Nonostante le indicazioni del giudice Zloch che Jordán è scappato dalla giustizia guatemalteca vivendo negli Stati Uniti, non c'è stata condanna in Guatemala per il terribile massacro. Anche se il governo avesse aperto una investigazione criminale nel 1994 con la prima esumazione dei corpi dal pozzo, il caso è aperto da 16 anni e solamente di recente è sembrato prendere vita nuova.
Il giorno 8 settembre un giudice in Guatemala ha stabilito che tre dei 17 ex Kaibiles accusati di prendere parte al massacro ora possono essere giudicati. Ci si aspetta che il processo cominci fra pochi giorni. Fra le prove che l'accusa cercherà di presentare vi sono documenti declassificati forniti dal National Security Archive.
I documenti rivelano che poco dopo l'operazione dei Kaibiles, ufficiali americani investigarono il massacro e conclusero che l'Esercito era l'unica forza capace di tale atrocità organizzata.
http://nsarchive.wordpress.com /
17/09/2010

261 - WRENCHING TESTIMONY AND A HISTORIC SENTENCE

History was made yesterday when a U.S. District Court Judge in Southern Florida, William J. Zloch, sentenced former Guatemalan special forces soldier Gilberto Jordán to ten years in federal prison. Jordán was convicted of lying on his citizenship application to hide his role in the 1982 massacre of hundreds of unarmed civilians in Dos Erres, Guatemala. In condemning Jordán to the maximum time allowed by law for naturalization fraud, Judge Zloch made clear that he intended the ruling to send a clear message that “those who commit egregious human rights violations abroad” cannot find “safe haven from prosecution” in the United States. The sentence marks the first time that any of the dozens of Kaibil special forces who carried out the murders almost 28 years ago has been prosecuted.
The Dos Erres massacre took place as the most intense phase of the Guatemalan government’s scorched earth policies was winding down in December 1982. According to witness testimony, and corroborated through U.S. declassified archives, the Kaibiles entered the town of Dos Erres on the morning of December 6, 1982, and separated the men from women and children. They started torturing the men and raping the women and by the afternoon they had killed almost the entire community, including the children. More than 250 people are believed to have died, their bodies thrown into a dry well or left in nearby fields.
Jordán, who was arrested by U.S. Immigration and Customs Enforcement agents at his home in Delray, Florida, on May 5, confessed to throwing a baby down the well at the start of the massacre and bringing dozens of other men, women and children to the well to be killed. His crime in the United States, however, was lying on the form he filled out in 1996 when he applied to become a United States citizen. On the form, he did not reveal his 12-year service in the Guatemalan Army, and he failed to check the box asking “Have you ever committed a crime or offense for which you were not arrested?”
Normally, sentencing guidelines recommend 0-6 months followed by deportation for naturalization fraud. The U.S. criminal code allows for a sentence outside the suggested range, however, if “there exists an aggravated or mitigating circumstance of any kind… not taken into consideration by the Sentencing Commission…” In his Fort Lauderdale courtroom yesterday, Judge Zloch called the crimes committed by Jordán by participating in the massacre “unprecedented,” noting that there was no example in previous cases of a defendant having lied about “participating in mass murder.”
The sentencing hearing began on September 15, when Jordán was led by a U.S. marshal into the courtroom wearing a beige prison uniform, his ankles shackled and hands cuffed before him. He hobbled to the defense table and was given headphones so that he could listen to the proceedings in Spanish through an interpreter. Behind him sat his wife and other members of his family, including a son in a U.S. Marines uniform.
Also present was Ramiro Osorio Cristales, now 33 years old, who was five when his family was killed during the massacre. Ramiro – who took the stand for the government as one of the only two known surviving witnesses of the Dos Erres massacre – described watching as his mother, younger brother and baby sister were murdered by the Kaibil soldiers. He saw the bodies of his father and four more brothers in the ruins of the village as he was led away once the killing was over. Ramiro survived because one of the Kaibles responsible for the slaughter of his family decided to adopt him.
In asking for an increased sentence, government attorney Hillary Davidson argued that the “atrocities” committed by Jordán and his fellow Kaibiles were “inextricably intertwined with the lie Jordán told” to gain citizenship. Though Jordán’s defense lawyer Robin Rosen-Evans pointed out that Jordán had lived peacefully in the United States for more than twenty years and urged the judge to consider only the “act of concealment” in his sentencing decision, Davidson countered that the hearing was not about “a paradigmatic naturalization fraud case where the crime is shoplifting,” but concerned acts of mass murder that “wiped an entire village off the face of this earth.”
The judge agreed, and appeared incredulous at some of the arguments made by the defense. When Rosen-Evans asked the court to recognize that Jordán had been acting during the massacre under orders from his superiors, Judge Zloch shot back: “Well, if that’s the case then individuals on trial at Nuremberg would not have been convicted.”

The US District Court In Ft. Lauderdale, by Kate Doyle.
The hearing ended following the lawyers’ final arguments and resumed the next day with Judge Zloch’s decision. Calling the crime “reprehensible,” the judge stated that he was “unaware of a more serious basis of immigration fraud than the mass murder of innocent civilians.” He pointed out that by achieving citizenship Jordán hid his brutal past from the United States government and from “his neighbors,” and avoided justice in Guatemala. In calling for the maximum of ten years, Zloch said, “Anything less would be totally inadequate as just punishment for this crime.”
The ruling was the result of an innovative collaboration between the Department of Justice and U.S. Immigration and Customs Enforcement (ICE) at the working level. Lawyers, analysts and agents worked together for more than a year to identify Jordán and three other former Kaibiles allegedly involved in the massacre, now living in the United States. Jordán is the first of the four cases to go to trial.
Despite Judge Zloch’s suggestion that Jordán has evaded Guatemalan justice by living in the United States, there has been no conviction in Guatemala for the terrible massacre. Although the government opened a criminal investigation in 1994 with the first exhumation of bodies from the well, the case has been pending for 16 years and only recently appeared to take on new life. On September 8, a judge in Guatemala ruled that three of 17 former Kaibiles accused of taking part in the massacre can now be tried. The trial is expected to start within days. Among the evidence the prosecution will seek to introduce are declassified U.S.documents provided by the National Security Archive. The documents reveal shortly after the Kaibil operation, U.S. officials investigated the massacre and concluded that the Army was the only force capable of such an organized atrocity. 
17/09/2010

sabato 18 settembre 2010

260 - CAMERA PENALE DEVE INVESTIGARE AGGRESSIONI CONTRO DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI

Le Organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno chiesto alla Camera Penale della Corte Suprema di Giustizia (CSJ) di portare avanti le indagini di dieci casi di violazioni contro difensori di diritti umani, tra ambientalisti, sindacalisti e dirigenti contadini, che hanno sofferto rappresaglie per il loro lavoro.
Luisa Pineda, assistente legale dell'Unità di Protezione dei Difensori dei Diritti umani (UDEFEGUA), ha informato che il documento di richiesta è stato consegnato al magistrato César Barrientos, presidente della Camera; la giurista ha riferito che esiste una impunità del 99% in questi casi.
Tra gli attivisti aggrediti vi sono Yuri Melini, direttore del Centro di Azione Legale Ambientale Sociale (Calas) chi è stato vittima di un attentato che quasi gli è costato la vita il 4 di settembre 2008.
Personale dell'organizzazione Sicurezza nella Democrazia (SEDEM), e in particolare la sua direttrice, Iduvina Hernández, è stata minacciata di morte; in San Juan Cotzal, Quiché, membri della Squadra di Studi Comunitari ed Azione Psicosociale (ECAP), sono stati vittime di tortura da parte di agenti della Polizia Municipale, per avere registrato il linciaggio di un ufficiale in San Juan Cotzal, ha sostenuto Pineda.
L'intervistata ha indicato che anche le associazioni sollecitano che si riaprano casi come quello del leader contadino Israel Carías Ortiz, che fu assassinato accanto ai suoi due figli il 6 febbraio 2007 a Zacapa; gli autori materiali sono stati già condannati ma si deve identificare ancora l'autore intellettuale del fatto.
Delfina Vicente Yac, sindacalista ed impiegata della maquila SAE International, nella quale difende i diritti dei lavoratori, ha subito minacce di morte per costringerla ad abbandonare il sindacato, ha detto Pineda. (Cerigua).
Adital – 08 /09/2010

259 - CAMARA PENAL DEBE INVESTIGAR AGRESIONES CONTRA DEFENSORES DE DERECHOS HUMANOS

Organizaciones de derechos humanos pidieron a la Cámara Penal de la Corte Suprema de Justicia (CSJ) avanzar en la investigación de 10 casos de violaciones contra defensores de derechos humanos, entre ambientalistas, sindicalistas y dirigentes campesinos, quienes han sufrido represalias por su trabajo.
Luisa Pineda, asistente legal de la Unidad de Protección a Defensoras y Defensores de Derechos Humanos (UDEFEGUA), informó que el documento de petición fue entregado al magistrado César Barrientos, presidente de la Cámara; la jurista refirió que existe una impunidad del 99 por ciento en estos casos.
Entre los activistas agredidos se encuentran Yuri Melini, director del Centro de Acción Legal Ambiental Social (CALAS), quien sufrió un atentado el 4 de septiembre de 2008, que casi le cuesta la vida.
Personal de la organización Seguridad en Democracia (SEDEM) y su directora, Iduvina Hernández han sufrido amenazas de muerte; en San Juan Cotzal, Quiché, integrantes del Equipo de Estudios Comunitarios y Acción Psicosocial (ECAP) fueron víctimas de tortura por parte de agentes de la Policía Municipal, por haber grabado el linchamiento de un oficial en San Juan Cotzal, Quiché dijo Pineda.
La entrevistada indicó que las entidades también solicitan que se reactiven casos como el del líder campesino Israel Carías Ortiz, quien fue asesinado junto a sus dos hijos el 6 de febrero de 2007 en Zacapa; los autores materiales ya fueron condenados pero aún falta que se deduzca quién fue el autor intelectual del hecho.
Delfina Vicente Yac, sindicalista y empleada de la maquila SAE International en donde defiende los derechos laborales de trabajadoras y trabajadores ha sufrido amenazas de muerte para que abandone el sindicato, dijo Pineda. (Cerigua).
Adital – 08 /09/2010

giovedì 16 settembre 2010

258 - CONTRO TUTTO E TUTTI

Quando COPAE ha presentato il suo terzo studio relativo al monitoraggio ambientale a Città del Guatemala il 25 di agosto, sapevamo che avremmo smosso le acque.
Montana Exploradora del Guatemala (filiale di Goldcorp), sempre di più assediata dagli studi scientifici contrari, ha cambiato strategia. Fino ad ora si limitava a ricevere le critiche con indifferenza, più o meno leggevano quello che diceva la relazione, traevano le loro conclusioni e producevano un comunicato, allegando imprecisioni in tali risposte. Ma oggigiorno la cosa è cambiata.
Abbiamo percepito già questo cambiamento di atteggiamento quando E-tech ha presentato una relazione, incaricato da OXFAM América, sulla situazione dei fiumi nella zona dello sfruttamento del progetto Marlin. In quell'occasione non hanno avuto dubbi ad affermare la mancanza di rigore scientifico dello studio, malgrado questo studio fosse realizzato da studiosi con irreprensibile percorso professionale, e i dati raccolti erano basati su studi precedenti della stessa impresa. Non dubitano a qualificare come irrefutabile verità una serie di studi realizzati da AMAC, associazione di monitoraggio ambientale comunitaria, nonostante la sua provata attuazione come corpo interno dell'impresa. Nemmeno dubitano di accettare come verità indiscutibile i dati del Ministero dell’Ambiente, che ha realizzato solo tre studi in un anno e che lo stesso viceministro Zurita ha qualificato come inadeguati.
Non potevamo dubitare, quindi, che facessero a pezzi la nostra relazione. Ma quello che più ci ha sorpreso è stata la rapidità con cui ciò è stato fatto.
Commentavamo, un po’ scherzo, un po’ sul serio, che gli analisti dell'impresa avevano battuto un autentico record tirando fuori un comunicato contro la relazione di E-tech appena due ore dopo la presentazione della relazione. La cosa più sorprendente è stata vedere come l'impresa aveva realizzato già una relazione discutendo la serietà della relazione di COPAE appena quaranta minuti dopo avere ricevuto la relazione.
Non si dubita della capacità di lettura di una relazione di poco più di 50 pagine in quaranta minuti, ma leggerla, commentarla, analizzarla e parlare, con fondamento, in quaranta minuti è farina di un altro sacco.
Essenzialmente ciò che questo dimostra, è che l'impresa ha poca, per non dire nulla, capacità di critica.
Che cosa è che indicava la terza relazione di monitoraggio presentata da COPAE? Semplicemente che esistono indizi di principio di un possibile drenaggio acido da parte dell'impresa, cosa normale in un sfruttamento minerario, e che esiste la necessità di realizzare più studi. Che questi studi si realizzassero in forma indipendente e seria, perché è in gioco la vita dei guatemaltechi, e che il governo della Repubblica del Guatemala si assuma il suo ruolo in tutto questo tema. Nient'altro.
Non sono stati emessi giudizi di valore, non ipotesi catastrofiche né sono state dette affermazioni irresponsabili, si sono chieste più indagini e più prudenza per un'attività industriale che, si è dimostrato già, non è tanto buona per gran parte della società guatemalteca. La risposta dell'impresa indica che sono incapaci di accettare che qualcuno li metta in discussione. Non importa se lo studio è scientifico o no, non importano gli standard utilizzati, non importa chi li avalli. Importa che non è una relazione realizzata da loro stessi, una relazione alla quale non si può mettere mano "e pertanto non è una relazione valida” .
La serietà di questo tema ci porta a discutere quanto l'impresa è a beneficio dello sviluppo delle comunità?, quanto il suo lavoro è a beneficio del bene del paese? e quanto lavora per appoggiare la liberazione delle comunità della rete della povertà e dell'esclusione, come l'affermano nelle loro campagne pubblicitarie?
La terza relazione di monitoraggio dei fiumi Tzala e Quivichil è il monitoraggio più coscienzioso che si realizza su questo tema nell'area. COPAE è l'unica organizzazione che realizza mensilmente un monitoraggio costante della qualità dei fiumi, ed è un studio che dura da tre anni. È l'unica organizzazione che fa affidamento su di un laboratorio indipendente. È, insomma, una relazione fatta col rigore scientifico che si richiede per la serietà del tema, può discutersi la forma, ma naturalmente non la sostanza del tema.
Le prove sono lì, è la terza relazione che si realizza e, nonostante le critiche, neppure una sola delle trentasei dimostrazioni prese durante i tre anni ha potuto essere confutata.
La questione è logica. A chi credere: ad un studio fatto con coscienza, con esami mensili ed avallato da prestigiose dipartimenti internazionali, o a studi incompleti di un governo con serie carenze, o ad un'impresa che si gioca milioni di dollari in questo tema?
Opinione del Dipartimento per la Comunicazione della Copae,03/09/2010

257 - CONTRA VIENTO Y MAREA

Cuando COPAE presentó su tercer estudio de monitoreo ambiental en Ciudad de Guatemala el día 25 de agosto, sabíamos que íbamos a levantar ampollas.
Montana Exploradora de Guatemala (subsidiaria de Goldcorp), cada vez más asediada por los estudios científicos en su contra ha cambiado de estrategia. Hasta ahora se limitaba a recibir las críticas como las vacas ven pasar los trenes, más o menos leían lo que el informe decía, sacaban sus conclusiones y hacían un comunicado alegando inconsistencias en dichos informes. Pero hoy en día la cosa cambio.
Ya percibimos este cambio de actitud cuando E-tech presentó un informe, encargado por OXFAM América, sobre la situación de los ríos en la zona de la explotación del proyecto Marlin. En esa ocasión no dudaron de afirmar la falta de rigor científico del estudio, a pesar de que dicho estudio estaba realizado por científicos con una irreprochable trayectoria profesional, y que los datos recogidos estaban basados en estudios previos de la propia empresa. No dudan en calificar como irrefutable verdad una serie de estudios realizados por AMAC (asociación de monitoreo ambiental comunitario) a pesar de su probada actuación como estamento interno de la empresa. Tampoco dudan en aceptar como verdad incuestionable los datos del Ministerio de Medio Ambiente (que solo realizó tres estudios en un año y que el propio Viceministro Zurita califico como escasos).
No podíamos dudar, por consiguiente, que hicieran pedazos nuestro informe. Pero quizás lo que más nos llamó la atención fue la rapidez con que se hizo.
Comentábamos, medio en broma, medio en serio, que los analistas de la empresa habían batido un autentico record al sacar un comunicado contra el informe de E-tech apenas dos horas después de presentado el informe. Lo más asombroso fue ver como la empresa ya había realizado un informe cuestionando la seriedad del informe de COPAE apenas ¡40 minutos! después de recibir el informe.
No se duda de la capacidad de lectura de un informe de poco más de 50 páginas en 40 minutos pero leerlo, comentarlo, analizarlo y hablar, con fundamento, en cuarenta minutos es harina de otro costal.
Básicamente lo que demuestra esto es que la empresa tiene poca, por no decir nula, capacidad de crítica. ¿Qué es lo que decía o indicaba el tercer informe de monitoreo de COPAE? Pues simplemente de que existen indicios de comienzo de un posible drenaje acido por parte de la empresa, cosa dentro de lo normal en una explotación minera, y que existe la necesidad de realizar más estudios. Que estos estudios se hicieran de forma independiente y seria pues la vida de guatemaltecos está en juego y que el gobierno de la Republica de Guatemala asuma su rol en todo este asunto. Nada más. No se hicieron juicios de valor, no se hicieron supuestos catastróficos ni se realizaron afirmaciones irresponsables, se pidió más estudios y más cuidado con una actividad industrial que, ya se ha demostrado, no es tan buena para la gran parte de la sociedad guatemalteca. La respuesta de la empresa nos indica que son incapaces de aceptar que alguien les cuestione. No importa si el estudio es científico o no, no importan los estándares utilizados, no importa quién lo avale. Importa que no es un informe realizado por ellos, un informe al que no “se le puede meter mano” y por lo tanto no es un informe valido.
La seriedad de este asunto nos lleva a cuestionar ¿qué tanto esta la empresa a favor del desarrollo de las comunidades?, ¿qué tanto su labor está a favor del bien del país? y ¿qué tanto se trabaja para apoyar la liberación de las comunidades de la red de la pobreza y la exclusión, como lo afirman en sus campañas publicitarias?.
El tercer informe de monitoreo de los ríos Tzala y Quivichil es el monitoreo más concienzudo que se realiza sobre este tema en el área. COPAE es la única organización que realiza un monitoreo constante de la calidad de los ríos MENSUALMENTE, y es un estudio que lleva tres años. Es la única organización que cuenta con un laboratorio independiente. Es, en suma, un informe hecho con el rigor científico que se requiere para la seriedad del asunto, se puede cuestionar la forma pero desde luego no el fondo del asunto.
Las pruebas están ahí, es el tercer informe que se realiza y a pesar de las críticas ni una sola de las 36 muestras tomadas durante los 3 años ha podido ser refutada.
La cuestión es lógica. A quien creer ¿a un estudio hecho a conciencia, con muestras mensuales y avalado por prestigiosos estamentos internacionales, o a estudios incompletos de un gobierno con serias carencias, o a una empresa que se juega millones de dólares en este asunto?
Opinión por el Eje de Comunicacion de la Copae,03/09/2010 

martedì 14 settembre 2010

256 - 30 AGOSTO: DATA RICHIAMA ATTENZIONE SU CASI DI DESAPARECIDOS NEL PAESE

Organizzazioni e paesi di varie parti del mondo utilizzano la Giornata Internazionale dei Desaparecidos - celebrata il 30 agosto - per ricordare e lottare per tutte le persone che furono arrestate e non hanno più contatti con i loro parenti e con la società in generale. Solamente in Guatemala, secondo informazioni del Gruppo di Appoggio Mutuo (GAM), il numero di casi di persone scomparse è arrivato già a quarantacinquemila.
La sparizione forzata non è una violazione rara in America Latina ed nei Caraibi. Secondo la Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg, le organizzazioni in difesa dei diritti umani stimano che, tra 1966 e 1986, circa novantamila persone - includendo bambini e neonati - siano sparite in paesi come Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, El Salvador, Guatemala, Haiti, Honduras, Messico, Perù ed Uruguay.
La pratica è molto diffusa in Guatemala. Secondo la relazione "La sparizione forzata in Guatemala", edita nel luglio di questo anno dal GAM, in un periodo di 28 anni, nel paese vi sono stati già quarantacinquemila casi di sparizione forzata. Di quel totale, 6.159 sono avvenuti tra gli anni 1981 - 1983, secondo informazioni della Commissione per il Chiarimento Storico (CEH).
Una caratteristica ricorrente in tutti i casi richiama l'attenzione delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani: la mancanza di indagini. "Durante tutta la storia delle violazioni ai diritti umani e dell’apertura dei processi, non è stato investigato un solo caso di sparizione forzata, molto meno sono incominciati i processi contro i responsabili", ha affermato il GAM.
A causa di ciò, il Gruppo chiede che lo Stato guatemalteco promuova indagini per trovare gli scomparsi e che i parenti delle vittime abbiano sostegno psicosociale.
"Essendo questo organismo [l’Esecutivo] il maggiore responsabile delle violazioni ai diritti umani nel recente passato, il Presidente della Repubblica è chiamato a garantire che si realizzino indagini che permettano la ricerca e la localizzazione degli scomparsi. Consideriamo che questo organismo può essere rappresentato dal Pubblico Ministero nel processo di investigazioni oltre a poter fornire le risorse economiche per garantire un'indagine profonda", sostiene.
La relazione del GAM segnala inoltre che, malgrado il paese preveda una "normativa legale ampia e ricca sul tema della proibizione del delitto di sparizione forzata", la mancanza di informazione sui casi ostacola ancora la preparazione dei processi e che questi siano iniziati. "È importante che con le indagini si costruiscano nuove figure giuridiche, come quello dello ‘status giuridico' di assenza per sparizione forzata, che permetta di agire davanti allo Stato e l'iniziativa privata, alienare beni, riconoscere figli ed altro, ma senza che si debba ricorrere alla morte presunta", commenta.
Sparizione forzata
Secondo il documento edito dal GAM, la cattura illegale di una persona ad opera di agenti della sicurezza pubblica o privata, con l'intenzione di ottenere qualche tipo di informazione dalla vittima, costituisce sparizione forzata. Si caratterizza per la mancanza di investigazione e, conseguentemente, per l'impunità degli autori del delitto.
Minacce all'integrità fisica e psichica, trattamenti crudeli, inumani e degradanti sono solo alcune situazioni vissute dalle persone scomparse che, inoltre, vedono violati i loro diritti alla libertà individuale, alla vita, alla difesa e alla sicurezza personale e collettiva.
Il GAM ricorda inoltre che le vittime delle sparizioni forzate non sono solo i desaparecidos, ma anche i loro parenti, amici e colleghi, che vivono con dubbi ed incertezze in relazione a quei casi. "A differenza del sequestro, la sparizione forzata non si realizza per motivi economici, non esiste mai una richiesta di denaro o ricatto affinché la vittima appaia viva, e cerca creare più vittime producendo paura tra la popolazione", spiega il GAM.
Per leggere la relazione completa: http://www.gam.org.gt/public/publi/pdf/desaparicion.pdf
Adital, 30/08/2010

255 - 30 DE AGOSTO: FECHA LLAMA ATENCIÓN SOBRE CASOS DE DESAPARECIDOS EN EL PAÍS

Organizaciones y pueblos de varias partes del mundo aprovechan el Día Internacional de los Desaparecidos -celebrado hoy (30)- para recordar y luchar por todas las personas que fueron detenidas y no tienen contacto con sus familiares y la sociedad en general. Solamente en Guatemala, según informaciones del Grupo de Apoyo Mutuo (GAM), el número de casos de desaparecidos ya llegó a los 45 mil.
La desaparición forzada no es una violación rara en América Latina y el Caribe. De acuerdo con la Fundación Internacional Raoul Wallenberg, organizaciones defensoras de los derechos humanos estiman que, entre 1966 y 1986, cerca de 90 mil personas -incluyendo niños y bebés- hayan desaparecido en países como Argentina, Bolivia, Brasil, Chile, Colombia, El Salvador, Guatemala, Haití, Honduras, México, Perú y Uruguay.
La práctica es muy característica en Guatemala. De acuerdo con el informe "La desaparición forzada en Guatemala", publicado en julio de este año por el GAM, en un período de 28 años, el país ya produjo 45 mil casos de desaparición forzada. De ese total, 6.159 ocurrieron solamente entre los años de 1981 y 1983, según informaciones de la Comisión para el Esclarecimiento Histórico (CEH).
Una característica recurrente en todos los casos llama la atención de las organizaciones de derechos humanos: la falta de investigación. "A lo largo de toda la historia de violaciones a los derechos humanos y de apertura de juicios, no fue investigado un solo caso de desaparición forzada, mucho menos se iniciaron procesos judiciales contra los responsables", afirmó el GAM.
A causa de esto, el Grupo pide que el Estado guatemalteco promueva investigaciones para encontrar a los desaparecidos y que los familiares de las víctimas tengan seguimiento psicosocial.
"Siendo este organismo [el Ejecutivo] el mayor responsable de las violaciones a los derechos humanos en el pasado reciente, el Presidente de la República es convocado a garantizar que se produzcan investigaciones que permitan la búsqueda y la localización de los desaparecidos. Consideramos que este organismo puede estar representado por el Ministerio Público en el proceso de investigaciones, además de que pueda facilitar los recursos económicos para garantizar una investigación profunda", sostiene.
El informe del Grupo señala además que, a pesar de que el país tiene una "normativa legal amplia y rica en el tema de la prohibición para cometer el delito de desaparición forzada", la falta de información sobre los casos todavía impide la preparación de los procesos y que éstos sean iniciados. "Es importante que con la investigación se construyan nuevas figuras jurídicas, como el del ‘Estatus Jurídico’ de ausencia por desaparición forzada que permita administrar ante el Estado y la iniciativa privada, alienar bienes, reconocer hijos y otros, pero sin que se tenga que recurrir a la supuesta muerte", comenta.
Desaparición forzada
De acuerdo con el documento publicado por el GAM, la desaparición forzada constituye la captura ilegal de una persona por agentes de seguridad públicos o privados con la intención de conseguir algún tipo de información de la víctima. Se caracteriza por la falta de investigación y, consecuentemente, por la impunidad de los autores del delito.
Amenazas a la integridad física y psíquica, tratamientos crueles, inhumanos y degradantes son sólo algunas situaciones vivenciadas por las personas desaparecidas que, además, tienen sus derechos a la libertad individual, a la vida, a la defensa y a la seguridad personal y colectiva, violados.
El GAM recuerda además que las víctimas de desapariciones forzadas no son sólo los desaparecidos, sino también sus familiares, amigos y colegas, que viven con dudas e incertidumbres en relación con el caso. "A diferencia del secuestro, la desaparición forzada no se realiza por motivos económicos, no existe nunca una nota de petición de dinero o chantaje para que la víctima aparezca viva, y busca crear más víctimas al producir temor entre la población", explica el GAM.
Adital, 30/08/2010

lunedì 13 settembre 2010

254 - GENOCIDIO, FORMA ESTREMA DI RAZZISMO

In questo mese (di agosto) si commemorano due date importanti a livello internazionale: la Giornata Mondiale dei Popoli Indigeni - 9 agosto - e la nascita di Nelson Mandela -18 di agosto -, sudafricano, Premio Nobel della Pace per la sua instancabile lotta contro la segregazione razziale nel suo paese.
Sono date per riflettere sui diritti umani individuali e collettivi di grandi gruppi e popoli che hanno sofferto l’esclusione per centinaia di anni.
Nel nostro paese, il razzismo fu causa importante dei massacri commessi dall'Esercito e dai suoi gruppi paramilitari durante il conflitto armato interno, specialmente tra 1981 e 1982. La politica della terra bruciata causò la distruzione di più di 400 comunità rurali ed tolse la vita di molte migliaia di persone, in gran maggioranza indigeni. Il Tribunale Permanente dei Popoli [1] dichiarò, nella Sessione sul Guatemala, già nel gennaio 1983 che "i massacri ed il terrore scatenato contro le etnie indigene, col manifesto proposito di distruggerle parzialmente, costituisce genocidio." E che lo Stato del Guatemala, in forma specifica il Governo di Ríos Montt, era responsabile del delitto di genocidio.
A quel Tribunale giunse il sacerdote gesuita ed antropologo guatemalteco Ricardo Falla a presentare la denuncia di uno dei maggiori massacri commessi durante la guerra: il massacro di San Francisco. In questo villaggio situato in Huehuetenango, il 17 Luglio di 1982 furono assassinati più di 370 bambini, anziani, donne ed uomini dell'etnia Chuj.
Questa comunità fu sterminata. Sopravvissero solo coloro non si trovavano lì quello giorno e i pochi che, aiutati dal loro ingegno, dall'oscurità della notte e dalla pioggia, riuscirono a scappare. In totale, una ventina di persone.
Il padre Falla sta per pubblicare il suo più recente libro che affronta in forma molto più ampia questo massacro, dai suoi antecedenti storici, le sue implicazioni posteriori ed una proposta di futuro. Il libro racconta il massacro a partire dall'attestazione di tre testimoni oculari; ma non si limita solo a descrivere la tragedia, bensì analizza la storia della comunità, per verificare come si arrivò al massacro. Racconta che cosa successe ai sopravvissuti, coloro che attraversarono la frontiera messicana cercando salvare le loro vite insieme a migliaia di contadini terrorizzati.
Il libro narra le loro esperienze nei nascondigli e il ritorno in Guatemala, le loro lotte per recuperare le loro terre, la loro identità, la loro storia e la loro dignità. La loro partecipazione, sia nel processo delle esumazione e della ricerca di un posto dove celebrare un degno funerale ai loro parenti e vicini, sia nei processi legali per tentare di portare in giudizio i responsabili di simili crimini. Processi legali che seguono impantanati e che permettono che coloro che hanno maggiormente violato i diritti umani nel nostro paese continuino ad essere liberi e perfino occupando per anni carichi importanti nel Governo e nell'Esercito.
Perché, tanti anni dopo, continuare a parlare dei massacri e del genocidio? perché non confinarli nel passato, ancora meglio, nel’oblio, come alcuni propongono? Per molte ragioni, ma ne menzionerò solo due:
- Perché la storia del conflitto armato nel nostro paese non è un tema del passato, ha grandi conseguenze nel presente e da noi dipende come interesserà il nostro futuro.
- Perché i popoli indigeni ed il Guatemala in generale devono continuare a combattere per la giustizia, lottando, con le parole del padre Falla, "per la sopravvivenza in un Stato che continua a praticare silenziosamente un genocidio di bassa intensità."
Guatemala, 16 agosto del 2010.
Nota: [1] sessione Guatemala. Madrid, 27-31 gennaio di 1983. IEPALA, Madrid. p. 400.
(Di Helvi Mendizabal, Avancso)
Adital

253 - GENOCIDIO, FORMA EXTREMA DE RACISMO

En este mes se conmemoran dos fechas importantes a nivel internacional: el Día Mundial de los Pueblos Indígenas -9 de agosto- y el nacimiento de Nelson Mandela -18 de agosto-, sudafricano Premio Nobel de la Paz por su incansable lucha contra la segregación racial en su país.
Son fechas para reflexionar sobre los derechos humanos individuales y colectivos de grandes grupos y pueblos que han sufrido exclusión por cientos de años.
En nuestro país, el racismo fue causa importante de las masacres cometidas por el Ejército y sus grupos paramilitares durante el conflicto armado interno, especialmente entre 1981 y 1982. La política de tierra arrasada acabó con más de 400 comunidades rurales y cegó la vida de muchos miles de personas, en su gran mayoría indígenas. El Tribunal Permanente de los Pueblos[1] declaró en su Sesión sobre Guatemala, ya en enero de 1983, que "las matanzas y el terror desencadenado contra las etnias indias, con el manifiesto propósito de destruirlas parcialmente, constituye genocidio". Y que el Estado de Guatemala, de forma específica el Gobierno de Ríos Montt, era responsable del delito de genocidio.
A ese Tribunal llegó el sacerdote jesuita y antropólogo guatemalteco Ricardo Falla a presentar la denuncia de una de las mayores matanzas cometidas durante la guerra: la masacre de San Francisco. En esta aldea de finca situada en Huehuetenango, el 17 de julio de 1982 fueron asesinados más de 370 niños, ancianos, mujeres y hombres de la etnia Chuj.
Esta comunidad fue exterminada. Sólo sobrevivieron quienes no se encontraban allí ese día y unos pocos a quienes su ingenio, la oscuridad de la noche y la lluvia les ayudaron a escapar. En total, unas 20 personas.
El padre Falla está por publicar su más reciente libro que aborda de forma mucho más amplia esta masacre, desde sus antecedentes históricos, sus implicaciones posteriores y una propuesta de futuro. El libro relata la masacre a partir del testimonio de tres testigos presenciales; pero no se limita sólo a describir la tragedia, sino analiza la historia de la comunidad para averiguar cómo se llegó a la masacre. Cuenta qué pasó con los sobrevivientes, quienes junto a miles de aterrorizados campesinos cruzaron la frontera mexicana buscando salvar sus vidas.
Narra sus experiencias en el refugio y en el retorno a Guatemala, sus luchas por recuperar sus tierras, su identidad, su historia y su dignidad. Su participación tanto en el proceso de exhumación y la búsqueda de un lugar dónde dar digno entierro a sus familiares y vecinos, así como en los procesos legales para tratar de llevar a juicio a los responsables de semejantes crímenes. Procesos legales que siguen empantanados y que permiten que los mayores violadores de los derechos humanos en nuestro país sigan libres e incluso ocupando por años cargos importantes en el Gobierno y el Ejército.
¿Por qué, tantos años después, seguir hablando de las masacres y del genocidio?, ¿por qué no dejarlas en el pasado, aún mejor, en el olvido, como algunos proponen? Por muchas razones, pero sólo mencionaré dos.
- Porque la historia del conflicto armado en nuestro país no es un asunto del pasado, tiene grandes implicaciones en el presente y de nosotros depende cómo afectará nuestro futuro.
- Porque los pueblos indígenas y el pueblo de Guatemala en general deben seguir luchando por la justicia, luchando, en palabras del padre Falla, "por la sobrevivencia en un Estado que sigue practicando silenciosamente un genocidio de baja intensidad."
Guatemala, 16 de agosto del 2010.
Nota: [1] Sesión Guatemala. Madrid, 27-31 de enero de 1983. IEPALA, Madrid. p. 400.
Por Helvi Mendizabal, Avancso
Adital

sabato 11 settembre 2010

252 - MINA MARLIN - SAN MIGUEL IXTAHUACAN


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fotos Copae, San Marcos

251 - CONTINUA A POSTICIPARSI LA CHIUSURA DELLA MINIERA MARLIN

Lo scorso 31 agosto avrebbe dovuto terminare il processo di sospensione temporanea dell'attività mineraria del progetto Marlin I ed altre attività relazionate alla concessione data all'impresa Goldcorp, Montana Exploradora S. A., mentre si esaminano le accuse  per violazioni ai diritti umani e per l’inquinamento.
Guillermo Porras, procuratore generale della Nazione (PGN), ha ordinato a Romeo Rodríguez, ministro dell’Energia e delle Miniere (MEM) di realizzare il procedimento per la sospensione.
Tuttavia, la chiusura non è avvenuta: d’accordo con il MEM, il ritardo è dovuto al fatto che non è chiaro il processo: "ignoriamo in che cosa consiste, è stato per questo che abbiamo fatto ricorso al Procuratore Generale della Nazione, affinché ci spieghi come farlo, ciò che vogliamo è che il processo non ritardi."
Tuttavia, Olga Camey, portavoce del Parlamento Ambientale, ha affermato che la situazione deve chiarirsi,  perchè nessuno ha apparentemente chiaro il compito che gli corrisponde: "il 31 terminava il termine dei quindici giorni che aveva stabilito la PGN per l'accettazione delle relazioni, ma non è stato presentato nulla, ora il termine dovrà ampliarsi, almeno 30 giorni in più e questo ritarderà ancora il procedimento."
Da parte sua Yuri Melini, del Centro di Azione Legale, Ambientale e Sociale (Calas), commenta che nel flusso di attività che aveva presentato il Ministero dell’Energia e Miniere, per questa chiusura non erano state prese in considerazione, di nuovo, le comunità danneggiate, "la mancata consultazione delle comunità, può creare anche ritardi, poiché se non si riesce a stabilire accordi coi rappresentanti di questi luoghi, quello che succederà è che può annullarsi tutto il processo e cominciarlo tutto di nuovo."
Il PGN, dopo aver ascoltato il deputato indipendente Aníbal García, che ha indicato che non si è notificato del procedimento alle autorità, ha sostenuto: "Siamo funzionari nuovi e se si commisero errori nel procedimento sono stati involontari." (di Alexis Batres in La Hora).
COPAE 03/09/2010

250 - SUSPENSIÓN DE MINA MARLIN SIGUE POSTERGÁNDOSE

El pasado 31 de agosto debió haber finalizado el proceso de suspensión temporal de la actividad minera del proyecto Marlin I y demás actividades relacionadas con la concesión otorgada a la empresa Goldcorp, Montana Exploradora S. A., mientras se investigan las acusaciones en su contra por violaciones a los derechos humanos y contaminación.
Guillermo Porras, procurador general de la Nación (PGN), ordenó a Romeo Rodríguez, ministro de Energía y Minas (MEM), que realizara el procedimiento para dicha suspensión.
Sin embargo, dicho cierre no ocurrió; de acuerdo con el MEM, el atraso se dio por que no se tiene claro el proceso, "ignoramos en que consiste, fue por ello que recurrimos a la PGN, para que nos explique cómo hacerlo, lo que queremos es que el proceso no se atrase".
Sin embargo, Olga Camey, vocera del Parlamento Ambiental, expresó que la situación debe aclararse por que al parecer nadie tiene claro el papel que le corresponde, "el 31 finalizaba el plazo de los 15 días que estableció la PGN para la recepción de los informes, pero no se presentó nada, ahora el plazo deberá ampliarse, al menos 30 días más y esto retrasará aún más el procedimiento."
Por su parte Yuri Melini, de Centro de Acción Legal, Ambiental y Social (CALAS), comenta que en el flujograma que presentó el MEM para dicho cierre no se tomó en cuenta, de nuevo, a las comunidades afectadas, "el no consultar con las comunidades, también atrasa, ya que si no se logra establecer acuerdos con los representantes de estos lugares, lo que sucederá es que puede anularse todo el proceso y comenzarlo todo de nuevo".
El PGN, luego de escuchar al diputado independiente Aníbal García, quien mencionó que tampoco se ha notificado del proceso a las autoridades, argumentó: "Somos funcionarios nuevos y si se cometieron lapsos en el proceso han sido involuntarios." (Por Alexis Batres en La Hora)
COPAE  03/09/2010    

venerdì 10 settembre 2010

249 - III RELAZIONE SUL MONITORAGGIO ED ANALISI DELLA QUALITÀ DELL'ACQUA

Dall'anno 2007 la Commissione Pastorale Pace ed Ecologia (COPAE), della Pastorale Sociale della Diocesi di San Marcos, realizza un monitoraggio delle acque superficiali dei fiumi Quivichil e Tzalá, vicini allo sfruttamento del progetto minerario Marlin, proprietà di Montana Exploradora del Guatemala, che a sua volta è sussidiaria dell'impresa canadese Goldcorp.
La relazione che presentiamo oggi è la terza che realizziamo e deve essere vista come una continuazione del lavoro realizzato dal 2007 e delle due relazioni anteriori presentate nel 2008 e 2009.
Come Diocesi di San Marcos, vogliamo esprimere la nostra profonda preoccupazione per alcuni dei risultati ottenuti, poiché esiste la tendenza, nei punti ubicati sotto alla miniera, a presentare concentrazioni di metalli e altri componenti relazionati al settore minerario, in maggiori concentrazioni che nei punti di riferimento ubicati sopra alla miniera.
Tale è il caso del manganese, che presenta concentrazioni al di sopra del limite massimo permesso, che è di 0.05 mg/L, e che presenta alte concentrazioni nei punti CSW1, CSW2 e CSW3 che si trovano sotto la miniera, durante vari mesi del periodo di studio. Questi livelli possono essere messi in relazione con i drenaggi acidi provenienti della Miniera Marlin. Esiste anche reiterazione della presenza di arsenico nel punto CSW3, la cui concentrazione in questo punto si è mantenuta vicino al limite massimo permesso, che è di 0.01 mg/L, essendo la concentrazione più alta durante il mese di settembre, cioè di 0.05 mg/L.
In questo caso, i risultati possono essere in relazione all’inquinamento diretto proveniente della diga della miniera Marlin.
È molto probabile che queste concentrazioni tendano ad aumentare nei prossimi anni, poiché la miniera Marlin è relativamente giovane per la durata delle operazioni, e per le esperienze conosciute in altri paesi, questi indizi di inquinamento si verificano tempo dopo che questo tipo di miniere iniziano le proprie operazioni.
Questa preoccupazione aumenta sapendo che la miniera Marlin non dispone ancora di un piano di chiusura, addizionale a quello che si trova nello Studio di Impatto Ambientale, poiché oltre agli impatti prodotti durante lo sfruttamento, si sa che il maggior impatto per l'ambiente, derivato da questa attività, si presenta dopo il momento della chiusura delle operazioni.
Ciò indica che i potenziali impatti, prodotto delle operazioni che realizza la miniera Marlin, uniti al fatto che Montana Exploradora del Guatemala S.A., sta esplorando nuovi punti di sfruttamento nell'area, mettono a rischio la fornitura e la qualità delle masse di acqua superficiali così come della falda acquifera sotterranea, ciò che incrementa la vulnerabilità dei contadini e della vita in generale dell'area di influenza di questo progetto, come la perdita delle risorse utilizzabili provenienti da queste fonti di acqua, macro invertebrati acquatici e pesci tra gli altri.
Di fronte a ciò esponiamo:
La necessità che lo Stato del Guatemala realizzi studi indipendenti, seri, profondi, etici, a lungo termine e collegati a norme internazionali, che permettano di avere una migliore panoramica della situazione ambientale, prodotto dell’impatto che lo sfruttamento di minerali realizzato dalla Montana Exploradora del Guatemala sta producendo nell'area. Ugualmente il compimento delle misure cautelari previste dalla CIDH.
La necessità di realizzare la continuazione, da parte delle istituzioni governative, dei piani di sfruttamento e chiusura della miniera Marlin, e che questi siano esaustivi e legati alle norme internazionali.
Che il settore accademico, la Procura dei Diritti umani ed altri organismi specializzati diano continuità alla problematica che si vive nell'area, al fine di garantire che i diritti delle popolazioni non siano danneggiati.
Che il sistema delle Nazioni Unite accreditate nel paese, ponga attenzione a questa problematica.
Si rivolge un appello agli abitanti delle comunità interessate dall’impatto generato dell'estrazione mineraria, affinché siano attente ai cambiamenti che possano esistere nella qualità e quantità di acqua, come una reiterazione dei problemi di salute, e che siano denunciati alle autorità corrispondenti.
Città del Guatemala, 25 agosto 2010
COPAE, 25/08/2010

248 - III INFORME DEL MONITOREO Y ANÁLISIS DE LA CALIDAD DEL AGUA

Desde el año 2007 la Comisión Pastoral Paz y Ecología (COPAE), parte de Pastoral Social de la Diócesis de San Marcos, realiza un monitoreo de aguas superficiales a los ríos Quivichil y Tzalá, cercanos a la explotación del proyecto minero Marlin, propiedad de Montana Exploradora de Guatemala, que a su vez es subsidiaria de la empresa canadiense Goldcorp.
El informe que presentamos hoy es el tercero que realizamos y ha de ser visto como una continuación del trabajo realizado desde el 2007 y de los dos informes anteriores presentados en 2008 y 2009.
Como Diócesis de San Marcos queremos expresar nuestra profunda preocupación por algunos de los resultados obtenidos, ya que existe una tendencia en los puntos ubicados debajo de la mina, a presentar concentraciones de metales y otros compuestos relacionados a minería en mayores concentraciones que los puntos de referencia (ubicados arriba de la mina).
Tal es el caso del Manganeso, el cual presentó concentraciones arriba del límite máximo permisible (el cual es de 0.05 mg/L), presentó altas concentraciones en los puntos CSW1, CSW2 y CSW3 (que se encuentran abajo de la mina), durante varios meses del período de estudio. Estos niveles pueden estar relacionados a drenajes ácidos provenientes de la Mina Marlin. También existe recurrencia de presencia de Arsénico en el punto CSW3, cuyas concentraciones en este punto se mantuvieron cerca del límite máximo permisible (el cual es de 0.01 mg/L), encontrándose la concentración más alta durante el mes de septiembre la cual fue de 0.05 mg/L. En este caso, los resultados puede estar relacionado a contaminación directa proveniente del dique de colas de la mina Marlin.
Es muy probable que estas concentraciones tiendan a aumentar en los próximos años, ya que la mina Marlin es relativamente joven en cuanto a su tiempo de operación, y por las experiencias conocidas en otros países, estos indicios de contaminación se dan tiempo después de que este tipo de minas inician sus operaciones.
Dicha preocupación se incrementa al saber que la mina Marlin aún no cuenta con un plan de cierre o reclamación, adicional a lo que se encuentra en el Estudio de Impacto Ambiental, ya que además de los impactos producidos durante la explotación, se sabe que los mayores impactos al ambiente provenientes de esta actividad se presentan justo o tiempo después del momento del cierre de operaciones.
Lo anterior nos indica que los potenciales impactos, producto de las operaciones que realiza la mina Marlin, aunado a que Montana Exploradora de Guatemala S.A., está explorando nuevos puntos de explotación en el área, ponen en riesgo el abastecimiento y la calidad de los cuerpos de agua superficiales como también del manto acuífero subterráneo, lo cual incrementa la vulnerabilidad de los pobladores y de la vida en general del área de influencia de dicho proyecto, así como la pérdida de los recursos aprovechables provenientes de estas fuentes de agua (macro invertebrados acuáticos y peces entre otros).
Ante esto Exponemos:
La necesidad de que el Estado de Guatemala realice estudios independientes, serios, profundos, éticos, a largo plazo y apegados a normas internacionales, que permitan tener una mejor panorámica de la situación ambiental real, producto de los impactos que la explotación de minerales realizada por Montana Exploradora de Guatemala está produciendo en el área. Asimismo el cumplimiento de las mediadas cautelares emitidas por la CIDH.
La necesidad de realizar un seguimiento, por parte de instituciones gubernamentales, a los planes de explotación y cierre de la mina Marlin, y que estos sean exhaustivos y apegados a las normas internacionales.
Que el sector académico, Procuraduría de Derechos Humanos y otros organismos especializados den seguimiento a la problemática que se vive en el área, con el fin de garantizar que los derechos de las poblaciones no sean vulnerados.
Que el sistema de naciones unidas acreditadas en el país, ponga atención a esta problemática.
Se hace un llamado a los pobladores de las comunidades que se ven afectados por los impactos generados de la extracción minera, para que estén atentos a los cambios que puedan existir en la calidad y cantidad de agua, así como una recurrencia en problemas de salud, y que sean denunciados a las autoridades correspondientes.
Ciudad de Guatemala, 25 de agosto de 2010
COPAE, 25/08/2010