Benvenuti nel blog “Orizzonte Guatemala”! Siamo un gruppo di amici del Guatemala e con questo strumento di comunicazione e condivisione vogliamo contribuire a fare conoscere l’attualità di questo bellissimo paese, al quale ci legano vincoli di amicizia e di solidarietà con tanti amici guatemaltechi.


mercoledì 29 maggio 2013

756 - NONOSTANTE TUTTO, IL PROCESSO PER GENOCIDIO HA APERTO UNA FINESTRA ALLA GIUSTIZIA E ALLA VERITÀ

La sentenza di condanna a 80 anni di prigione nei confronti dell’ex capo di Stato di facto Efraín Ríos Montt per genocidio e crimini contro l'umanità commessi durante il conflitto armato, emessa da un tribunale guatemalteco il 10 maggio di 2013, è stata annullata dalla Corte Costituzionale dieci giorni dopo.
La decisione della Corte Costituzionale costituisce un'atrocità giuridica, poiché non ha solo oltrepassato le sue funzioni, ma ha violato apertamente precetti legali ed avallato gli sporchi meccanismi sui quali si è costruita l'impunità in Guatemala. Inoltre evidenzia la mancanza di indipendenza di questo organo rispetto ai gruppi economicamente e politicamente più poderosi.
Essendo il Guatemala uno dei paesi con le più profonde disuguaglianze sociali, dove l'élite economica dominante, come il potere politico e militare, hanno goduto della certezza dell’impunità, il giudizio per genocidio contro un ex capo di Stato ha messo fine a quella certezza. Oggi sanno che in qualunque momento la giustizia può raggiungerli. Per questo si sono impegnati a ostacolare il processo e, una volta emessa la sentenza, hanno unito le forze per annullarlo.
Inoltre, ai membri dei gruppi dominanti, portatori di un profondo razzismo, abituati a discriminare e disprezzare i popoli indigeni, è per loro inconcepibile che siano gli indigeni coloro che hanno portato al banco degli accusati un generale che esercitò il potere in modo brutale, proprio difendendo i privilegi economici di tali gruppi.
Tuttavia, il processo per genocidio ha aperto una finestra per la giustizia e la verità, basi indispensabili per la costruzione della pace. Nelle udienze pubbliche è emersa con tutta la sua crudezza la verità che governanti e militari avevano voluto seppellire ad ogni costo. Ciò rappresenta un'opportunità affinché le giovani generazioni conoscano un capitolo essenziale della storia del Guatemala, requisito indispensabile per delineare un futuro differente.
Il Tribunale sottolineò che la violenza sessuale contro le donne ixiles fu un elemento costitutivo del genocidio. Le testimonianze e le perizie presentate nel processo provarono che le violazioni sessuali non furono solo dirette a recare danno alle donne, ma anche alla distruzione del tessuto sociale delle comunità, avendo come oggettivo l'eliminazione del paese ixil. Questo processo rafforza le lotte per la giustizia di genere per crimini del passato e del presente, cosa che ha un significato trascendente davanti all'impunità diffusa che circonda la violenza contro le donne nel Guatemala di oggi, il femminicidio.
Un'altra delle esperienze preziose che ha lasciato il processo è stata la costruzione di ampie alleanze sostegno delle vittime, che hanno riunito organizzazioni dei diritti umani, di donne, di popoli indigeni, di contadini, oltre a intellettuali e progressiste. Inoltre, si è generata una forte solidarietà internazionale. Tutto ciò lascia come insegnamento che l'unità tra entità sociali molto diverse attorno ad un obiettivo comune è possibile ed è indispensabile per fare avanzare le cause giuste.
Questo emblematico processo non si è concluso. La lotta per la giustizia continua. Quanto raggiunto è il risultato degli sforzi incessanti di donne ed uomini del popolo maya-ixil che non cesseranno fino a raggiungere giustizia. In quel lungo cammino hanno avuto l'appoggio di organizzazioni per i diritti umani e professionisti del diritto che sono anche loro degni di lode.
Riconoscimento speciale meritano la giudice Yasmín Barrios, Presidente del Tribunal de Mayor Riesgo che ha pronunciato la sentenza, insieme agli altri due membri di questo organo giurisdizionale, così come la Pubblico Ministero Generale, Claudia Paz y Paz, e la squadra responsabile del caso nella Procura.
Di fronte alla campagna di minacce ed intimidazioni scatenate dai gruppi più conservatori del paese, è indispensabile ed urgente garantire la sicurezza e l'integrità delle vittime, querelanti, giudici e magistrati, come dei difensori e patrocinatori dei diritti umani che hanno accompagnato la lotta per la giustizia.
[Luz Méndez è Presidente del Consiglio Consulente dell'Unione Nazionale delle Donne Guatemalteche (UNAMG). Ha partecipato al tavolo delle negoziazioni di pace come integrante della Squadra Politica Diplomatica dell'Unità Rivoluzionaria Nazionale Guatemalteca. Nell'ambito internazionale, ha fatto parte della Squadra di Esperta in Genere per le negoziazioni di pace del Burundi, convocato per UNIFEM; integra il Consiglio Consulente di Globale Fund for Women. Collabora col Programma delle Americhe www.cipamericas.org/es
Sandra Sebastián, Plaza Pubblica (www.plazapublica.com.gt)]
CIP Américas, Programa de las Américas
Adital, 24/05/2013

755 - PESE A TODO, EL JUICIO POR GENOCIDIO ABRIÓ UNA VENTANA A LA JUSTICIA Y LA VERDAD

La sentencia condenatoria de 80 años de prisión contra el ex jefe de Estado de facto Efraín Ríos Montt por genocidio y crímenes contra la humanidad cometidos durante el conflicto armado, emitida por un tribunal del sistema de justicia guatemalteco el 10 de mayo de 2013, fue anulada por la Corte de Constitucionalidad diez días después.
La decisión de la corte constitucional constituye una atrocidad jurídica, ya que no sólo se excedió en sus funciones, sino que violó abiertamente preceptos legales y avaló los sucios mecanismos sobre los cuales se ha construido la impunidad en Guatemala. Además evidencia la falta de independencia de este órgano respecto a los grupos económica y políticamente más poderosos.
Siendo Guatemala uno de los países con las más profundas desigualdades sociales, en donde la elite económica dominante, así como el poder político y militar, han gozado de certeza de impunidad, el juicio por genocidio contra un ex jefe de Estado puso fin a esa certeza. Hoy saben que en algún momento la justicia los puede alcanzar. Por ello se empeñaron en abortar el juicio y, una vez emitida la sentencia, unieron fuerzas para anularlo.
Además, a los integrantes de los grupos dominantes, portadores de un profundo racismo, acostumbrados a discriminar y despreciar a los pueblos indígenas, les es inconcebible que sean indígenas quienes hayan llevado al banquillo de los acusados a un general, que ejerció el poder en forma brutal, precisamente defendiendo los privilegios económicos de tales grupos.
Sin embargo, el juicio por genocidio abrió una ventana a la justicia y la verdad, bases indispensables para la construcción de la paz. En las audiencias públicas emergió con toda su crudeza la verdad que gobernantes y militares habían querido enterrar a toda costa. Esto ha significado una oportunidad para que las jóvenes generaciones conozcan un capítulo esencial de la historia de Guatemala, requisito indispensable para delinear un futuro diferente.
El Tribunal destacó que la violencia sexual contra las mujeres ixiles fue un elemento constitutivo del genocidio. Los testimonios y peritajes presentados en el juicio probaron que las violaciones sexuales no sólo estuvieron dirigidas a dañar a las mujeres, sino también a la destrucción del tejido social en las comunidades, teniendo como objetivo la eliminación del pueblo ixil. Este juicio fortalece las luchas por la justicia de género por crímenes del pasado y del presente, lo cual tiene un significado trascendente ante la impunidad rampante que rodea la violencia contra las mujeres en la Guatemala de hoy, particularmente el feminicidio.
Otra de las experiencias valiosas que dejó el juicio fue la construcción de amplias alianzas en respaldo a las víctimas, que incluyeron a organizaciones de derechos humanos, de mujeres, de pueblos indígenas, de campesinos, así como intelectuales y personas progresistas. Además, se generó una fuerte solidaridad internacional. Todo ello dejó como aprendizaje que la unidad de expresiones sociales muy diversas alrededor de un objetivo común sí es posible y es indispensable para hacer avanzar las causas justas.
Este emblemático juicio no ha concluido. La lucha por la justicia continúa. Lo avanzado es resultado de los esfuerzos inclaudicables de mujeres y hombres del pueblo maya-ixil, que no cesarán hasta alcanzar justicia. En ese largo camino han tenido el apoyo de organizaciones de derechos humanos y profesionales del derecho, quienes también son dignas de encomio.
Reconocimiento especial merecen la jueza Yasmín Barrios, Presidenta del Tribunal de Mayor Riesgo que dictó la sentencia, junto con los otros dos integrantes de este órgano jurisdiccional, así como la Fiscal General, Claudia Paz y Paz, y el equipo responsable del caso en el Ministerio Público.
Ante la campaña de amenazas e intimidaciones desatadas por los grupos más retrógrados del país, es indispensable y urgente garantizar la seguridad y la integridad de víctimas, querellantes, jueces y fiscales, así como defensores y defensoras de los derechos humanos que han acompañado la lucha por la justicia.
[Luz Méndez es Presidenta del Consejo Asesor de la Unión Nacional de Mujeres Guatemaltecas (UNAMG). Participó en la mesa de negociaciones de paz como integrante del Equipo Político Diplomático de la Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca. En el ámbito internacional, formó parte del Equipo de Expertas en Género para las negociaciones de paz de Burundi, convocado por UNIFEM; es integrante del Consejo Asesor de Global Fund for Women. Colabora con el Programa de las Américas
www.cipamericas.org/es
Fotos: Sandra Sebastián, Plaza Pública (www.plazapublica.com.gt)]
CIP Américas, Programa de las Américas
Adital, 24/05/2013

mercoledì 22 maggio 2013

754 - "IN GUATEMALA NON C'È MAI STATO UN GENOCIDIO"

Parlando alla BBC Mundo, l'avvocato difensore di Efrain Rios Montt, Francisco Garcia Gudiel, ha detto che le prove non sono riuscite a dimostrare che le uccisioni e le violazioni che si sono verificate tra il 1982 e il 1983 sono stati genocidio.
"Respingiamo la sentenza, perché è ingiusta. In Guatemala, come in ogni parte del mondo, la decisione deve essere coerente con quanto è provato e che non è successo qui".
Le parole sono di Francisco Garcia Gudiel, avvocato dell'ex governante de facto Efrain Rios Montt.
Parlando alla BBC News, Garcia Gudiel ha detto di essere fiducioso che sarà annullata la sentenza contro Rios Montt emessa dal giudice la settimana scorsa, che lo ha dichiarato colpevole di genocidio e crimini contro l'umanità.
Dopo il verdetto, la difesa ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale per annullare la decisione. Il risultato di questa richiesta sarà reso pubblico a partire da lunedi.
Pur riconoscendo che, all’epoca di Rios Montt ci sono stati eccessi, Garcia Gudiel ha categoricamente rifiutato l'esistenza di un genocidio.
La condanna per genocidio è la prima al mondo da un tribunale nazionale ad un ex presidente.
Questo è un riassunto della conversazione.
Perché pensa che si dovrebbe annullare la sentenza?
La giustizia ha preso una decisione che noi non approviamo, perché è stata presa violando la legge. Ci sono stati gli ordini diretti di tribunali e corti superiori al tribunale che ha emesso la sentenza, nei quali si ordinava di sospendere l'elaborazione del processo, in attesa di chiarimento.
Ci sono molte questioni incidentali irrisolte e la Corte costituzionale era del parere che non si pronunciasse la sentenza fino a quando fossero risolte le questioni incidentali. La corte ha disobbedito a questo ordine e ha pronunciato la sentenza. Ecco perché non siamo d'accordo con la sentenza.
In secondo luogo, perché non condividiamo l'idea che ci sia stato un genocidio in Guatemala. In Guatemala non c'è mai stato un genocidio. Al processo non è mai stato provato che vi era un ordine da parte del governo, come entità sovrana, per eliminare gli Ixil.
Dei 50.000 Ixil che vi erano nell'anno 1982, durante il processo è stato dimostrato che solo 232 sono morti. Pensa che ci può essere un genocidio? Non si può quindi affermare che si intendeva sterminare gli Ixil. E' anche dimostrato che molti sono morti per cause naturali, non per i proiettili.
Ma il giudice ha stabilito che vi erano prove sufficienti per garantire che vi era genocidio, che Rios Montt sapeva e non ha fatto nulla a riguardo, voi respingete l’affermazione del giudice?
Rifiutiamo la sentenza, perché è ingiusta. In Guatemala, come in ogni parte del mondo, la decisione deve essere coerente con le prove. Qui non è successo.
La sentenza contiene le testimonianze di donne violentate, ma che una persona è stata violentata non significa che vi era genocidio in Guatemala. In Guatemala ci sono stati eccessi della guerra, e da entrambe le parti, non solo dalla parte dell’esercito.
C’è molta differenza con il genocidio. Nessuna prova ha dimostrato che si stavano perseguitando gli Ixil.
Pensa che il tribunale annullerà la sentenza?
Sì, siamo estremamente fiduciosi. In quale paese al mondo si è visto che un giudice immediatamente dopo aver condannato qualcuno si sta ingraziando la gente? E' come dire loro: ho compiuto la missione. Questo solo dimostra che il giudice è sbilanciato verso una parte. Il diritto penale dovrebbe giudicare le azioni, non le persone.
La sentenza è insostenibile per una serie di violazioni del giusto processo e del diritto di difesa. Quel processo cade, cade. Sicuramente.
La corte ha viziato il processo per ambizione e interesse di giungere rapidamente ad una condanna.
Come sta Ríos Montt in questo momento?
E’ molto malato.
Ha una seria cardiopatia, un problema di ipertensione arteriale, problemi alla prostata, ha problemi a cinque vertebre gli rendono difficile rimanere seduti e le gambe sono addormentate tutto il giorno.
Ma in tribunale sembrava in buona salute, lucido, pronto ad affrontare la battaglia legale.
Questa è la percezione che si ha, quello che si vede in superficie. Fin dall'inizio del dibattito ha fatto un grande sforzo per mantenere quella posizione, anche a scapito della propria salute.
Come è il morale?
Molto bene. Ha tanta pace interiore.
Mi ha detto "avvocato, non abbia paura, sono in pace, so che non ho fatto nulla di male in questo paese. Quello che ho fatto, l’ho fatto pensando al benessere dei guatemaltechi. Se la storia mi giudica come genocida, non importa. Io non sono genocida ".
Che cosa pensa del ruolo svolto dalle ONG internazionali in tutto il processo?
Stiamo lanciando una crociata nazionale per espellere gli stranieri che vengono a ficcare il naso nella giustizia di Guatemala. Creeremo fondi, stiamo acquistando telecamere video e macchine fotografiche per metterli in evidenza, pagheremo la pubblicità, perché gli stranieri delle ONG che influenzano le decisioni siano dichiarati non grati ed espulsi dal paese.
Sono disgustato dal ruolo delle ONG che hanno incanalato fondi europei sperperandoli qui in Guatemala, dalle ONG che sono solo parassiti in Guatemala.
Quali conseguenze potrà avere questo processo?
Purtroppo, le organizzazioni internazionali che sostengono questa serie di circostanze hanno preso il caso contro Rios Montt come emblematico. Hanno detto: Rios Montt non ha alcuna immunità perché non è un membro del Congresso, così è molto più facile da giudicare. E se noi dimostriamo al mondo che siamo stati in grado di imprigionare Rios Montt, faremo imprigionare gli altri personaggi coinvolti in questo problema.
E' un effetto domino. Il problema è che in Guatemala gli ex guerriglieri hanno cooptato le istituzioni giudiziarie. Tutte le persone che in quel momento aderivano all’ideologia di sinistra sono ora in una posizione privilegiata nell’amministrazione della giustizia e hanno cercato il desiderio di rivincita, di vendetta, non di giustizia.
BBC Mundo, 20/05/2013

753 - "EN GUATEMALA JAMÁS HUBO GENOCIDIO"

En conversación con BBC Mundo, el abogado defensor de Efraín Ríos Montt, Francisco García Gudiel, manifestó que el juicio no demostró que las matanzas o las violaciones ocurridas entre 1982 y 1983 fueran genocidio.
"Rechazamos el fallo porque es injusto. En Guatemala, como en cualquier parte del mundo, el fallo debe ir acorde a lo probado y aquí no sucedió eso".
Esta palabras pertenecen a Francisco García Gudiel, abogado del expresidente de facto Efraín Ríos Montt.
En conversación con BBC Mundo, García Gudiel dijo estar confiado de que se anulará la sentencia dictada la semana pasada contra Ríos Montt por un tribunal nacional, que lo halló culpable de genocidio y crímenes de lesa humanidad.
Tras conocerse el veredicto, la defensa presentó un recurso ante la Corte Constitucional para que se anule el fallo. El resultado de esta petición se dará a conocer a partir de este lunes.
Aunque reconoció que en la época de Ríos Montt se cometieron excesos, García Gudiel negó rotundamente la existencia de un genocidio.
La condena por genocidio es la primera en el mundo a un exmandatario ante un tribunal nacional.
Ésta es una síntesis de la conversación.
¿Por qué cree que se debería anular la sentencia?
La justicia ha tomado una decisión que no avalamos, porque se ha tomado violentando la ley. Existieron órdenes expresas de cortes y de salas de apelaciones superiores al tribunal que emitió la sentencia, en las cuales se ordenaba suspender el trámite del proceso mientras se depuraba el mismo.
Hay muchas cuestiones incidentales pendientes de resolver y la corte de constitucionalidad era del criterio de que no se dictara sentencia hasta que se resolvieran estas cuestiones incidentales. El tribunal desobedeció esta orden y dictó esta sentencia. Por eso es que estamos en desacuerdo con el fallo.
En segundo lugar, porque no compartimos el criterio de que en Guatemala hubo genocidio. En Guatemala jamás hubo genocidio. En el juicio nunca se probó que existiera una orden del gobierno, como ente soberano, de eliminar a los ixiles.
De los 50.000 ixiles que había en el año 82, durante el juicio se probó que fallecieron únicamente 232. ¿Crees tú que puede haber genocidio? No se puede decir entonces que se pretendía exterminar a los ixiles. Además se probó que muchos murieron por muerte natural, no por balas.
Pero la jueza determinó que hubo pruebas suficientes para asegurar que hubo genocidio, que Ríos Montt lo supo y no hizo nada al respecto, ¿ustedes rechazan la afirmación de la jueza?
Rechazamos el fallo porque es injusto. En Guatemala , como en cualquier parte del mundo, el fallo debe ir acorde a lo probado. Aquí no sucedió eso.
La sentencia recoge los testimonios de mujeres violadas, pero que una persona haya sido violada no quiere decir que en Guatemala hubo genocidio. En Guatemala hubo excesos de la guerra, y de los dos lados, no sólo del lado del ejército.
De eso a genocidio hay mucha diferencia. No se probó que se persiguiera a los ixiles.
¿Creen ustedes que la corte va a anular el fallo?
Si, estamos sumamente confiados. ¿En qué país del mundo se ha visto que un juez inmediatamente después de sentenciar a alguien se esté congraciando con la gente? Es como decirles les cumplí. Eso sólo demuestra que el juez está parcializado hacia una de las partes. El derecho penal debe juzgar actos, no personas.
El fallo es insostenible por una serie de violaciones al debido proceso y al derecho de defensa. Que el proceso se cae, se cae. Definitivamente.
El tribunal vició el proceso por la ambición y el interés de llegar rápido a una sentencia condenatoria.
¿Cómo se encuentra Ríos Montt en este momento?
Está muy enfermo.
Tiene una cardiopatía seria, un problema de hipertensión arterial, problemas de próstata, tiene problemas en cinco vértebras que le dificultan permanecer sentado y sus piernas están dormidas las 24 horas.
Sin embargo en la corte se lo veía bien de salud, lúcido, listo para enfrentar la pelea legal
Ésa es la percepción que tú tienes, por lo que viste superficialmente. Desde que comenzó el debate él ha estado haciendo un gran esfuerzo por mantener esa postura, aún en detrimento de su propia salud.
¿Y cómo está de ánimo?
Muy bien. Tiene mucha paz interior.
Me dijo, "licenciado, no tenga pena, yo tengo paz, yo sé que no hice nada malo por este país. Lo que hice, lo hice pensando en el bienestar de los guatemaltecos. Si la historia me juzga de genocida, allá ellos. Yo no soy genocida".
¿Qué opina del papel que han jugado las ONG internacionales en todo el proceso?
Estamos iniciando una cruzada a nivel nacional para que expulsen a los extranjeros que vengan a meter sus narices en la justicia de Guatemala. Vamos a crear fondos, vamos a comprar cámaras de video y fotografía para ponerlos en evidencia, vamos a pagar publicidad para que todo extranjero de las ONG que participe influyendo en decisiones de Guatemala, sea declarado non grato y expulsado del país.
Estoy indignado con el papel de las ONG que han canalizado fondos de los europeos, despilfarrándolos acá en Guatemala, para las ONG que sólo son parásitos para Guatemala.
¿Qué consecuencias va a tener este proceso?
Desgraciadamente, los organismos internacionales que apoyan esta serie de circunstancias han tomado el proceso contra Ríos Montt como emblemático. Han dicho: Ríos Montt ya no tiene inmunidad porque ya no es congresista, por eso es mucho más fácil juzgarlo. Y si demostramos al mundo que fuimos capaces de encarcelar a Ríos Montt, vamos a encarcelar al resto de personajes involucrados en este problema.
Es un efecto dominó. El problema es que en Guatemala, los exguerrilleros han cooptado las instituciones de justicia. Todas las personas que en ese momento se movían en la ideología de izquierda hoy están en posiciones privilegiadas en la administración de justicia y han buscado ese deseo de revancha, de venganza y no de justicia.
BBC Mundo 20/05/2013

martedì 21 maggio 2013

752 - ANNULLATA LA SENTENZA CONTRO RÍOS MONTT PER GENOCIDIO

La Corte Costituzionale del Guatemala ha annullato la condanna a 80 anni di reclusione inflitta per genocidio all’ex presidente di fatto Efrain Rios Montt.
Secondo i giudici la decisione si è basata su un errore di procedura e ha condannato senza attendere l'esito di una ricusazione richiesta dalla difesa.
Rios Montt è stato condannato il 10 maggio per genocidio e crimini di guerra durante il suo mandato nei primi anni Ottanta.
Secondo l'inviato speciale della BBC in Guatemala, Will Grant, in sostanza, la nuova decisione del tribunale ha due conseguenze immediate.
In primo luogo, ha revocato – immediatamente - il giudizio di genocidio contro Rios Montt.
In secondo luogo dispone che il processo riprenda al punto in cui era lo scorso 19 aprile, perché a quel tempo la Corte costituzionale aveva affermato che Rios Montt era rimasto senza difesa, dopo che l'avvocato dell’ex generale era stato espulso dalla Corte brevemente per aver accusato il giudice di parzialità.
"Quelle ore che Rios Montt era senza difesa legale hanno fatto tornare il processo al punto in cui si trovava più o meno un mese fa", ha detto Grant.
Tutte le testimonianze e le dichiarazioni rese da quel momento dovranno essere di nuovo presentate davanti ai tre giudici, così come le dichiarazioni finali di entrambe le parti.
Ripetizione
Nel breve termine Rios Montt lascerà l'ospedale militare dove si trova per problemi di ipertensione per continuare gli arresti domiciliari.
Francisco Garcia Gudiel, avvocato difensore, ha detto alla BBC che il caso aveva subito una serie di carenze e violazioni.
"La sentenza è insostenibile per una serie di violazioni del giusto processo e del diritto di difesa. Tale processo cade, cade. Sicuramente" ha affermato Garcia Gudiel.
L'accusa ha sostenuto che la difesa è alla ricerca di qualsiasi cavillo giuridico o amministrativo per ostacolare il processo.
Dal momento in cui hanno annunciato il verdetto, la difesa di Rios Montt ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale chiedendo che la sentenza fosse annullata.
La condanna per genocidio è stata la prima al mondo comminata da un tribunale a un ex presidente nazionale.
Dieci giorni dopo la sentenza storica, che ora è stata cancellata, le scene di giubilo tra gli indigeni e gli attivisti nel tribunale affollato contrastano con una conferenza stampa di basso profilo in cui la decisione dell’annullamento è stata annunciata nella notte di lunedì.
In ogni caso, la decisione della Corte Costituzionale di annullare la sentenza contro Rios Montt non è la fine della battaglia legale di nessuna delle parti.
Ciò che rimane da fare ora è la ripetizione di una parte del processo, le ultime settimane di processo, che porterà anche alla ripetizione di una sentenza che nella sua prima versione è stato una pietra miliare per la giurisprudenza globale.
BBC Mundo, 21/05/2013

751 - ANULAN SENTENCIA CONTRA RÍOS MONTT POR GENOCIDIO

La Corte Constitucional de Guatemala anuló este lunes la sentencia de 80 años de prisión impuesta por genocidio al exgobernante de facto Efraín Ríos Montt.
Según los magistrados la decisión se basó en un error de procedimiento al dictarse sentencia sin esperar el resultado de una recusación que introdujo la defensa.
Ríos Montt fue condenado el pasado 10 de mayo por genocidio y crímenes de guerra durante su mandato a principios de los años ochenta.
Según el enviado especial de la BBC a Guatemala, Will Grant, en esencia la nueva decisión de la corte tiene dos consecuencias inmediatas.
Primero, revoca -por lo pronto- la sentencia de genocidio contra Ríos Montt.
En segundo lugar lleva el proceso judicial al punto en que se encontraba el pasado 19 de abril, ya que en ese momento la misma Corte Constitucional estableció que Ríos Montt se había quedado sin defensa, luego que el abogado del exgobernante fuese expulsado de la corte brevemente por acusar al juez de parcialidad.
"Esas horas en las cuales Ríos Montt estuvo sin defensa legal a su lado ha regresado el proceso a como se encontraba hace más o menos un mes", indica Grant.
Todos los testimonios y declaraciones escuchados desde ese punto van a tener que realizarse nuevamente ante el panel de tres jueces, así como las declaraciones finales de ambas partes.
Repetición
En el corto plazo Ríos Montt dejará el hospital militar donde se encuentra por problemas de hipertensión para seguir en arresto domiciliario.
Francisco García Gudiel, abogado defensor, dijo a la BBC que el caso había adolecido de una serie de deficiencias y violaciones.
"El fallo es insostenible por una serie de violaciones al debido proceso y al derecho de defensa. Que el proceso se cae, se cae. Definitivamente", dijo García Gudiel.
La parte acusadora argumenta que la defensa está buscando cualquier tecnicismo legal o administrativo para obstaculizar el juicio.
Desde el momento que se dio a conocer el veredicto, la defensa de Ríos Montt presentó el recurso ante la Corte Constitucional pidiendo que se anulara el fallo.
La condena por genocidio era la primera en el mundo a un exmandatario ante un tribunal nacional.
A diez días del histórico fallo, que ahora ha sido anulado, las escenas de júbilo entre indígenas y activistas en un tribunal repleto de gente contrastan con una rueda de prensa de bajo perfil en la que la decisión de anulación fue dada a conocer este lunes en la noche.
En todo caso, la decisión de la Corte Constitucional de anular la sentencia contra Ríos Montt no significa el fin de la batalla legal para ninguna de las partes.
Lo que queda ahora es la repetición de parte del proceso, el de las últimas semanas del juicio, que llevará también a la repetición de una sentencia que en su primera versión fue un hito histórico para la jurisprudencia mundial.
BBC Mundo, 21/05/2013
 

sabato 18 maggio 2013

750 - IL GUATEMALA CHIEDE ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE DI CONTINUARE AD APPOGGIARE IL PROCESSO DI PACE

Il Ministero dell’Estero ha reso pubblica una lettera alla comunità internazionale accreditata in Guatemala in merito al processo per genocidio che venerdì scorso si è concluso contro l’ex generale Efraín Ríos Montt.
In una sala strapiena di persone, Rios Montt disse che non ha paura della prigione, e che i suoi avvocati proporranno azioni legali per rivedere la sentenza che lo dichiarò genocida. Attivisti festeggiano la risoluzione.
La lettera enumera dieci punti, nei quali la Cancelleria segnala che il caso è un risultato in materia del rafforzamento del sistema di giustizia ed indipendenza di poteri dalla firma della Pace nel 1996.
Afferma che il processo rende possibile l’avanzamento del paese nel consolidamento della democrazia, l'esercizio della cittadinanza, il rispetto dei diritti umani e la costruzione della cultura di pace.
Secondo la lettera, il Governo ha rispettato la libertà, indipendenza ed autonomia delle istituzioni giudiziali, e pertanto rispetta le conclusioni e risoluzioni, riferendosi specialmente a questo caso.
In quel senso, il Guatemala ha sollecitato a continuare l’impegno e l’appoggio a quanto stabilito negli Accordi di pace nel quadro del pieno rispetto delle istituzioni pubbliche. Menzionò che ciò deve riflettersi nella non ingerenza di temi nazionali e giudiziali che si analizzano, deliberano e risolvono "con libertà, indipendenza ed autonomia."
In precedenza, il presidente Otto Pérez Molina disse di essere disposto, in nome dello Stato del Guatemala, a chiedere perdono al popolo ixil per i massacri avvenuti nel passato e che furono giudicate dal Tribunale che, oltre a condannare il generale ritirato a 80 anni di prigione, ha deciso oggi che lo Stato deve chiedere perdono.
Inoltre, la giudice ha ordinato la riparazione degna per le vittime delle atrocità commesse dalle forze dello Stato.
Prensa Libre, 13/05/2013

749 - GUATEMALA PIDE A COMUNIDAD INTERNACIONAL CONTINUAR APOYO EN PROCESO DE PAZ

El Ministerio de Relaciones Exteriores emitió una carta a la comunidad internacional acreditada en Guatemala para referirse al proceso por genocidio, que el viernes último llegó a sentencia contra el militar retirado Efraín Ríos Montt.
En una sala repleta de personas, Ríos Montt dijo que no le tiene miedo a la cárcel, y que sus abogados plantearán acciones legales para revertir el fallo que lo declaró como genocida. Inserto, activistas festejan la resolución.
La carta enumera diez puntos, donde la Cancillería señala que el caso es un logro en materia del fortalecimiento del sistema de justicia e independencia de poderes desde la firma de la Paz en 1996.
Expresa que el proceso posibilita que el país avance en la consolidación de la democracia, el ejercicio de la ciudadanía, el respeto de los derechos humanos y la construcción de la cultura de paz.
De acuerdo con la nota, el Gobierno ha respetado la libertad, independencia y autonomía de las instituciones judiciales, y por tanto respeta las conclusiones y resoluciones, para referirse a este caso en especial.
En ese sentido, Guatemala solicitó continuar con el compromiso y apoyo al logro de los establecido en los Acuerdos de paz en un marco de pleno respeto a la institucionalidad pública. Mencionó que ello se debe reflejar en la no injerencia de asuntos nacionales y judiciales que se conocen, deliberan y resuelven "con libertad, independencia y autonomía".
Horas antes, el presidente Otto Pérez Molina dijo estar dispuesto, en nombre del Estado de Guatemala, a pedir perdon al pueblo ixil por las matanzas ocurridas en el pasado y que fueron juzgadas por el Tribunal Primero A de Riesgo, quien además de condenar al militar retirado a 80 años de cárcel, resolvió hoy que el Estado debe pedir ese perdón.
Además, la jueza ordenó la reparaciòn digna para las vìctimas de las atrocidades ocurridas por fuerzas del Estado.
Prensa Libre, 13/05/2013

martedì 14 maggio 2013

748 - GUATEMALA, 80 ANNI AL DITTATORE

«Ha ordinato lo sterminio di 1.771 indigeni maya». È la prima volta nel mondo che un ex capo di Stato viene condannato in patria per violazioni dei diritti umani
Un minuto di applausi dopo l’interminabile silenzio. Poi, un grido spontaneo, inarrestabile, dirompente: «Justicia, justicia» (giustizia, giustizia) e «Nunca más» (mai più). Per qualche istante, il “processo del secolo” in Guatemala si è trasformato in una festa popolare. Poi, nell’aula del Tribunale di massima sicurezza della capitale, è tornata la calma. E il giudice Jazmín Barrios ha potuto terminare di leggere la sentenza di condanna a 80 anni di carcere: 50 per genocidio e 30 per crimini contro l’umanità, nei confronti dell’ex dittatore José Efraím Rios Montt. Riconosciuto colpevole di aver ordinato lo sterminio sistematico di 1.771 indigeni di etnia ixil, la tortura e la scomparsa di altri 29mila maya. Nei suoi cinquecento giorni di potere assoluto, tra il marzo 1982 e l’agosto 1983, Rios Montt ha incitato l’esercito – afferma il verdetto – a far “piazza pulita” degli indios del Quiché in quanto «potenziali fiancheggiatori della guerriglia» e «nemici interni». Il massacro è andato avanti al ritmo di 800 omicidi al mese.
Era la strategia della “terra bruciata” in cui la distruzione della coltivazioni per provocare carestie, lo stupro di massa e gli infanticidi sono state «comuni armi di guerra», ha detto il giudice Barrios. Accuse smentite con decisione dall’ex generale 86enne in una vibrante dichiarazione appena due giorni fa. «Non sono un genocida», aveva affermato Rios Montt. Il tribunale, però, ha creduto ai 98 sopravvissuti ai massacri del periodo più sanguinoso della lunga guerra civile (1960-1996). Che hanno sfidato pregiudizi, minacce e pressioni per testimoniare in aula in questi quattro mesi convulsi.
Tanto è durato il giudizio, aperto il 28 gennaio scorso – esattamente un anno dopo l’incriminazione avvenuta al termine dell’immunità parlamentare dell’ex militare – e interrotto più volte.
L’ultima, il 19 aprile scorso – su richiesta della Corte costituzionale – dopo una serie di pressioni da parti di gruppi vicini al passato regime.
Che hanno scatenato una battaglia mediatica – con tanto di pamplet e voltantini diffamatori – contro gli attivisti per i diritti umani e la Chiesa cattolica, da sempre al fianco degli indigeni perseguitati, accusata di fomentare il popolo alla rivolta.
Il giudice Barrios – nota per la mano dura verso gli ex gerarchi, tra cui i militari accusati dell’assassinio del vescovo Juan Gerardi, autore della principale inchiesta sui crimini della guerra civile –, però, non ha ceduto. Sostenuta dalle proteste della società civile, il 30 aprile ha ordinato il proseguimento del dibattimento.
E nella tarda serata di venerdì (l’alba in Italia) ha pronunciato la sentenza-spartiacque.
È la prima volta in America Latina e nel mondo che un ex dittatore viene condannato per genocidio da una corte nazionale. Una pietra miliale nella giurisprudenza internazionale, hanno affermato dall’Onu. Assolto, invece, in quanto «esiste il legittimo dubbio sulla sua concreta partecipazione al massacro», l’ex capo dell’intelligence militare, José Rodríguez.
Nonostante il fondamentale valore simbolico del verdetto, però, Rios Montt potrebbe non trascorre i suoi ultimi anni in prigione. La difesa ha già annunciato che ricorrerà in appello.
E, nonostante il presidente ed ex generale Otto Pérez Molina abbia detto di voler rispettare la sentenza, gran parte dell’esercito è schierata con l’ex leader. La tentazione della violenza – che si acuita negli ultimi mesi come hanno sottolineato da poco i vescovi – è forte.
di Lucia Capuzzi, Avvenire, 12/05/2013

lunedì 13 maggio 2013

747 - ESTRATTI DELLA SENTENZA CONTRO RIOS MONTT

Conoscenza
La dichiarazione e la perizia militare effettuata dal perito Rodolfo Robles Espinoza permette di stabilire che i membri dell'alto comando dell'Esercito conoscevano i fatti e che la loro posizione avrebbe potuto fermare gli attacchi concreti alla popolazione civile, la distruzione del gruppo maya ixil.
Per quanto in precedenza esposto, i giudici considerano che l'accusato, José Efraín Ríos Montt, ha avuto conoscenza di tutto quello che stava succedendo e non l’ha fermato, nonostante avesse il potere per evitare che fosse perpetrato. Perché diciamo che era informato? Perché logicamente essendo al vertice dello Stato del Guatemala, nella sua qualità di capo di Stato de facto, aveva conoscenza della pianificazione elaborata per controllare le zone rosse dove ritenevano che ci fosse guerriglia.
Come abbiamo potuto constatare dalle dichiarazioni dei testimoni, si distrussero i villaggi, si bruciarono le abitazioni ed si ammazzarono le persone. Sarebbe illogico pensare che il capo di Stato de facto, José Efraín Ríos Montt, ignorava quello che stava succedendo nei villaggi del Quiché, quando gli stessi testimoni indicano che arrivavano elicotteri ed aeroplani che lanciavano bombe sulla popolazione, perché come ha indicato il perito José Luis Quilo Ayuso, il comandante generale dell'Esercito era il generale Rios Montt, confermando che i piani sono stati autorizzati dal presidente della Repubblica e che furono elaborati dal direttore dell’Intelligence Militare.
E’ stato il generale Rios Montt a dare l'ordine di elaborare il piano nazionale di sicurezza, e ha sviluppato ed ordinato l'elaborazione del piano di campagna nazionale denominato “Victoria 82”, cosicché non solo ha ordinato la sua elaborazione ma anche lo conosceva, e naturalmente ha autorizzato la sua attuazione, avendo anche conoscenza dei massacri avvenuti, senza ordinare che cessassero per le ragioni esposte. Noi giudici consideriamo che la condotta dell'accusato, Efraín Ríos Montt, si inquadra nel delitto di genocidio contemplato nell'articolo 376 del Codice Penale in qualità di autore, di conformità con l'articolo 36, comma terzo dello stesso articolo, per ciò deve imporsi la pena corrispondente.
In relazione dell'accusato José Mauricio Rodríguez Sánchez come direttore dell’intelligence dell'Esercito, secondo quanto manifestato dal perito Robles Espinoza indicando che un D2 non ha ingerenza nel campo delle operazioni e non può essere ritenuto responsabile di nessuna azione.
Per quel motivo noi giudici optiamo per assolverlo dai delitti per i quali è accusato, in applicazione dell'articolo 14 della Costituzione Politica del Guatemala e dell’articolo 14 del Codice Penale, che stabilisce che il dubbio favorisce l'imputato. Per quel motivo decidiamo di assolvere il signor José Mauricio Rodríguez Sánchez in base all'obiettività che ha manifestato sempre questo tribunale.
I giudici, effettuando lo studio ed inquadramento delle azioni effettuate dall’accusato José Efraín Ríos Montt, che è stato comprovato con le prove introdotte nel dibattito, considerano che effettivamente il suddetto inquadrò la sua condotta tra i delitti contro l'umanità, per ciò gli si deve imporre la pena corrispondente.

Pene
I giudici, in ottemperanza dell'articolo 65 del Codice Penale, procedono ad effettuare analisi: del minimo e del massimo della pena per il delitto di genocidio, l'articolo 376 del Codice Penale stabilisce delitto di genocidio, contemplando la pena da 30 a 50 anni di prigione. All’interno di quei parametri, i giudici hanno optato per imporre la pena di 50 anni di prigione incommutabili. In relazione al minimo e massimo della pena per delitti contro l’umanità, l'articolo 378 del Codice Penale stabilisce la pena da 20 a 30 anni di prigione. Dentro quel parametro optiamo per una pena di 30 anni di prigione incommutabile.
Il tribunale è cosciente che nessun essere umano vive la totalità degli anni della pena imposta. Tuttavia, in compimento della legge, abbiamo applicato la pena corrispondente perché non possiamo non considerare che un gran numero di persone furono assassinate nei molteplici massacri nell'area ixil. 

Conclusioni
Crediamo fermamente che il riconoscimento della verità aiuta a guarire le ferite dal passato e l'applicazione della giustizia è un diritto delle vittime, il quale contribuisce anche a rafforzare lo stato di diritto nel nostro paese, creando coscienza che questo tipo di fatti non devono tornare a ripetersi, perché il popolo del Guatemala desidera vivere in pace, riconoscendo la nostra identità, la nostra ricchezza pluriculturale, multilingue ed il rispetto alla libera espressione delle nostre idee. Non vogliamo che fatti di questa natura tornino a ripetersi. Crediamo realmente che perché ci sia pace in Guatemala debba esistere previamente giustizia.
Prensa Libre, 12/05/2013

746 - EXTRACTOS DEL VEREDICTO CONTRA EFRAIN RIOS MONTT

Con conocimiento
La declaración y peritaje militar efectuado por el perito Rodolfo Robles Espinoza permite establecer que los miembros del alto mando del Ejército tenían el dominio del hecho y que su posición podía haber detenido los ataques reales a población civil, la desaparición del grupo maya ixil.
Por lo antes expuesto, los juzgadores consideramos que el acusado, José Efraín Ríos Montt, tuvo conocimiento de todo lo que estaba ocurriendo y no lo detuvo a pesar de tener el poder para evitar su perpetración. ¿Por qué decimos que estaba enterado? Porque lógicamente al estar al mando del Estado de Guatemala, en su calidad de jefe de Estado de facto, tenía conocimiento de la planificación elaborada para controlar las zonas rojas donde creían que estaba la guerrilla.
Como pudimos constatar con la declaración de los testigos, se arrasaron las aldeas se quemaron las viviendas y mataron a las personas. Sería ilógico pensar que el jefe de Estado de facto, José Efraín Ríos Montt, desconocía lo que estaba ocurriendo en las aldeas de Quiché, cuando los propios testigos indican que llegaban helicópteros y aviones que tiraban bombas a la población, pues tal como indicó el perito José Luis Quilo Ayuso, el comandante general del Ejército era el general Ríos Montt, confirmando que los planes son autorizados por el presidente de la República y fueron elaborados por el director de Inteligencia Militar.
Fue el general Ríos Montt que dio la orden de elaborar el plan nacional de seguridad, y desarrollo y ordenó la elaboración del plan de campaña nacional al cual se le denominó Victoria 82, así que no solo ordenó su elaboración sino también lo conocía, y desde luego autorizó para que se llevara a la práctica, teniendo conocimiento también de las masacres ocurridas, sin ordenar que cesaran por la razones expuestas. Los juzgadores consideramos que la conducta del acusado, Efraín Ríos Montt, encuadra en el delito de genocidio contemplado en el artículo 376 del Código Penal en calidad de autor, de conformidad con el artículo 36, inciso tercero del mismo cuerpo legal, por lo que debe imponerse la pena correspondiente.
En relación del acusado José Mauricio Rodríguez Sánchez como director de inteligencia del Ejército, de acuerdo con lo manifestado por el perito Robles Espinoza al indicar que un D2 no tiene injerencia en el campo de operaciones y no se le puede responsabilizar de ninguna acción.
Por eso quienes juzgamos optamos por absolverlo de los delitos por los cuales se le acusa en aplicación del artículo 14 de la Constitución Política de Guatemala y artículo 14 del Código Penal que indica que la duda favorece al reo. Por eso nos inclinamos en absolver al señor José Mauricio Rodríguez Sánchez y en base a la objetividad que siempre ha manifestado este tribunal.
Los juzgadores al efectuar el estudio y encuadramiento de las acciones efectuadas por el acusado José Efraín Ríos Montt, lo cual quedó comprobado con la prueba introducida en el debate, consideramos que efectivamente el sindicado encuadró su conducta en los deberes contra la humanidad, por lo que debe imponerse la pena correspondiente.

Penas
Los juzgadores, en cumplimiento del artículo 65 del Código Penal, procedemos a efectuar análisis: del mínimo y máximo de la pena por el delito de genocidio, el artículo 376 del Código Penal establece delito de genocidio, contemplando la pena de 30 a 50 años de prisión. Dentro de ese parámetro, los juzgadores hemos optado por imponer la pena de 50 años de prisión inconmutables. En relación al mínimo y máximo sobre la pena de delitos contra deberes de humanidad, el artículo 378 del Código Penal establece la pena de 20 a 30 años de prisión. Dentro de ese parámetro optamos por la pena de 30 años de prisión inconmutable.
El tribunal está consiente de que ningún ser humano vive la totalidad de cantidad de años de la pena impuesta. Sin embargo, en cumplimiento de la ley, hemos aplicado la pena correspondiente porque no podemos dejar de considerar que fue un gran número de personas las que fueron asesinadas en las múltiples masacres en el área ixil. 

Conclusiones
Creemos firmemente que al reconocer la verdad, ayuda a sanar las heridas del pasado y la aplicación de la justicia es un derecho que asiste a las víctimas, el cual también contribuye a fortalecer el estado de Derecho en nuestro país, haciendo conciencia de que este tipo de hechos no deben de volver a repetirse porque el pueblo de Guatemala desea vivir en paz, reconociendo nuestra identidad, nuestra riqueza pluricultural, multilingüe y el respeto a la libre expresión de nuestras ideas. No queremos que hechos de esta naturaleza vuelvan a repetirse. Creemos que en realidad para que exista paz en Guatemala debe existir previamente justicia. - fin -
Prensa Libre, 12/05/2013

domenica 12 maggio 2013

745 - ESTRATTI DELLA SENTENZA CONTRO EFRAIN RIOS MONTT - 3 -

Piani militari
Noi giudici sappiamo che per qualunque attività umana che realizzi processi di pianificazione esiste una motivazione previa, un obiettivo da raggiungere. Le idee sorgono nel pensiero umano dove si giustificano e si elaborano le attività tendenti alla realizzazione degli obiettivi, determinando a chi vanno diretti, la metodologia, le tecniche e anche la valutazione dei risultati, e ciò è applicabile a qualunque area della conoscenza. Fu anche utilizzato e posto essere nei piani operativi dell'Esercito, identificati come piano Victoria 82, Firmeza 83 e piano Operazione Sofia, con la finalità di distruggere quelli che erano considerati come nemici, all’interno del contesto del conflitto armato che si produsse nel nostro paese.
Il piano Victoria 82 contempla come obiettivi identificare la popolazione, eliminare i sovversivi che non potevano deporre le armi, distruggere i comitati clandestini locali e ordina la militarizzazione dalle persone, come l'uso di operazioni psicologiche per cambiare il modo di pensare. Si usano reti di informatori e l'indottrinamento contempla la formazione di pattuglie e posti di registro, censimenti e l'obbligo dei responsabili di fare rapporto ogni 15 giorni sulla situazione, negli annessi si trova il foglio di comando che prevede la comunicazione al presidente della Repubblica e comandante generale dell'Esercito, circostanza importante perché serve per stabilire che l'accusato José Efraín Ríos Montt era informato del riferito piano.
È importante analizzare come dentro le istruzioni si indica che “si deve rispettare la vita di donne e bambini fino a dove sia possibile", dettaglio che lasciò aperta la possibilità di ammazzare questi elementi della popolazione. L'istruzione avrebbe dovuto contemplare la proibizione totale per difendere e proteggere la popolazione civile, cosa che non avvenne nel presente caso. Dentro la documentazione annessa al piano Operazione Sofia si trovano telegrammi nei quali si stabilisce che si catturarono bambini, i quali furono portati al distaccamento. Nei telegrammi si informa anche che si controllava la popolazione e che si era compiuta la missione. Seguendo una via logica, troviamo che i piani prima enunciati presentano una correlazione, dato che il piano Victoria 82 e Firmeza 83 danno le linee, la strategia da seguire, mentre il piano Operazione Sofia prevede la realizzazione.

Perché genocidio
Effettuando analisi dottrinaria del delitto di genocidio e confrontandola con le prove prodotte nel dibattito, troviamo che con le dichiarazioni di donne ed uomini ixiles è stato verificato che effettivamente appartengono al gruppo etnico ixil e che le loro comunità erano ubicate nelle aree di Santa María Nebaj, San Juan Cotzal e San Gaspar Chajul, nel dipartimento di Quiché, ed è stato provato che erano popolazioni civili dedite all'agricoltura. Attraverso le prove apportate nello svolgimento del dibattito con la dichiarazione delle vittime e con perizie, si è verificato che è stato parzialmente distrutto un gruppo etnico un 5,5% della popolazione maya ixil, essendosi compiuto il massacro di membri del gruppo, come si dimostra grazie alle dichiarazioni delle vittime sopravvissute, che indicarono con chiarezza come furono ammazzati i loro parenti, e le perizie antropologiche ed archeologiche mostrano l'esistenza di molteplici cimiteri clandestini.
Durante il presente dibattito si è verificato in forma obiettiva che la popolazione civile del gruppo ixil fu oggetti di assassinio in forma massiccia, massacri, torture, violenze sessuali massicce, spostamento forzato, trasferimento di bambini di un gruppo etnico ad un altro, per quello che i giudici sono completamente convinti dell'intenzione di produrre la distruzione fisica del gruppo ixil. Per questo si constata nel caso che si giudica che si sono prodotti gli elementi che configurano il delitto di genocidio, regolato nell'articolo 376 del Codice Penale. – continua -
Prensa Libre, 12/05/2013

744 - EXTRACTOS DEL VEREDICTO CONTRA EFRAIN RIOS MONTT - 3 -

Planes militares
Quienes juzgamos entendemos que cualquier actividad humana al realizar procesos de planificación ha existido una motivación previa, un objetivo que alcanzar. Las ideas surgen en el pensamiento humano que se justifican y se elaboran las actividades tendientes a la realización de los objetivos, determinando a quiénes van dirigidos, la metodología, la técnicas e inclusive la evaluación de los resultados, y esto que es aplicable para cualquier área del conocimiento. También fue utilizado y puesto en marcha en los planes operativos del Ejército, identificados como plan Victoria 82, Firmeza 83 y plan operación Sofía, solo que con la finalidad de destruir a aquellos que eran considerados como enemigos, dentro del contexto del conflicto armado que se produjo en nuestro país.
El plan Victoria 82 contempla como objetivos definir a la población, eliminar a los subversivos que no pudieron deponer las armas, aniquilar a los comités clandestinos locales y ordena la militarización de las personas, así como el uso de operaciones psicológicas para cambiar la forma de pensar. Se utilizan redes de informantes y el adoctrinamiento contempla la formación de patrullas y puestos de registro, censos y la obligación de los comandos de reportar cada 15 días la situación, en los anexos aparece la hoja de distribución que contempla la distribución al presidente de la República y comandante general del Ejército, circunstancia importante porque sirve para establecer que el acusado José Efraín Ríos Montt estaba enterado del referido plan.
Es importante analizar que dentro de las instrucciones de colaboración se indica que “debe respetarse la vida de mujeres y niños hasta donde sea posible”, circunstancia que dejó abierta posibilidad de matar a estos elementos de la población. Pues la instrucción debió contemplar la prohibición total para defender y proteger a la población civil, lo cual no ocurrió en el presente caso. Dentro de la documentación adjunta al plan operación Sofía se encuentran telegramas en los cuales se establece que se capturaron niños, los cuales fueron llevados al destacamento. En los telegramas también se informa que se tiene control de población y que se ha cumplido con la misión. Siguiendo un camino lógico, encontramos que los planes antes enunciados guardan entre sí correlación, puesto que el plan Victoria 82 y Firmeza 83 dan los lineamientos, la estrategia a seguir, mientras que el plan operación Sofía concretiza la realización.

Por qué genocidio
Al efectuar análisis doctrinario del delito de genocidio y confrontarlos con la prueba producida en el debate, encontramos que con la declaración de las mujeres y hombres ixiles se comprobó que efectivamente pertenecen al grupo étnico ixil y que tenían asentadas sus comunidades en las áreas de Santa María Nebaj, San Juan Cotzal y San Gaspar Chajul, en el departamento de Quiché, habiéndose comprobado hasta la saciedad que eran poblaciones civiles dedicadas a la agricultura. A través de la pruebas aportada en el desarrollo del debate con la declaración de las víctimas y peritajes, se ha comprobado que se destruyó parcialmente un grupo étnico un 5.5 por ciento de la población maya ixil, habiéndose producido la matanza de miembros del grupo, como se demuestra con la declaración de las víctimas sobrevivientes, quienes claramente indicaron cómo mataron a sus familiares, así como los peritajes antropológicos y arqueológicos que muestran la existencia de múltiples cementerios clandestinos.
A lo largo del presente debate se ha comprobado de forma objetiva que la población civil de grupo ixil fueron objetos de asesinatos de forma masiva, constitutivo de masacres, torturas, degradación, violaciones sexuales masivas, desplazamiento forzoso, traslado de niños de un grupo a otro, por lo que los juzgadores estamos totalmente convencidos de la intención de producir la destrucción física del grupo ixil. Constatándose que en el caso que se juzga se produjeron los elementos que configuran el delito de genocidio, regulado en el artículo 376 del Código Penal. - sigue -
(Prensa Libre, 12/05/2013)

743 - ESTRATTI DELLA SENTENZA CONTRO RIOS MONTT - 2 -

Violenze sessuali
E’ necessario fare conoscere che le persone che fuggirono sulle montagna nelle differenti regioni dall'area, Santa María Nebaj, San Juan Cotzal e San Gaspar Chajul, vissero da rifugiati sopportando fame, alcune persone morendo non avendo potuto resistere alla mancanza di alimenti e medicine. Le dichiarazioni rese dalle donne ixiles Magdalena Bernal de Paz, Elena de Paz Santiago, Ana López, Ana Pacheco Ramírez, Magdalena Raymundo, Juana Sánchez, Teresa Pérez López, Margarita Rivera Zeto y Juana Hernández dimostrano che furono violentate da soldati dell'Esercito, essendo evidente il dolore che vivono ancora ricordando i fatti, perché si usò violenza fisica e psicologica, utilizzata contro di loro, avendo subito violenza sessuale, come ha dichiarato una di loro, che affermò di essere violentata da circa 20 soldati, per il tempo che è rimasta in cella. Queste dichiarazioni dimostrano in forma evidente che si ci furono violazioni di donne da parte di soldati dell'Esercito del Guatemala.
E’ conferma dalla perizia effettuata dal perito Paloma Soria, che accertò con precisione nella sua perizia che l'attacco contro le donne fu sistematico, essendo parte di una strategia per distruggere gli ixiles. Attacchi che includono stupri di minori, donne incinte ed anziane. La perizia effettuata constata che le violenze sessuali si produssero in forma continuata e contribuirono alla distruzione del tessuto sociale, spiegando che tanto le violenze sessuali come le mutilazioni causarono terrore, distruzione fisica e culturale, avendo come oggetto l’eliminazione dell'etnia maya ixil.
La donna fu un “obiettivo di guerra”, si testimonia che alle donne incinte gli furono strappati dal ventre i bambini perché "sono semi che bisogna uccidere", circostanza che noi giudici riteniamo che evidenzia in forma obiettiva l'intenzione di fare sparire il gruppo maya ixil, cercando distruggere la figura della donna, perché è portatrice di vita, colei che trasmette i valori della comunità, quella che trasmette le conoscenze basilari per la vita, i giudici ritengono ammirabile il modo in cui gli ixiles hanno difeso ancora la loro identità culturale e in mezzo all'avversità, perché è chiaro che era stato loro proibito parlare la lingua materna, che hanno conservato come elemento culturale di resistenza all'imposizione culturale e militare alla quale furono sottommessi.

Cattive condizioni
La perizia storica evidenzia che gli ixiles vivevano in condizioni sociali ed economiche deplorevoli, nella miseria, in condizioni di esclusione e per volere cambiare le loro condizioni di vita erano stati considerati nemici, cosa che portò l'Esercito a tentare di cambiare la loro mentalità, attraverso la violenza, arrivando a considerare gli ixil come guerriglieri, stigmatizzando così gli abitanti di origine ixil per la loro lingua, abiti ed abitudini. E’ importante includere nella nostra analisi la perizia effettuata dal dottor Patrick Donell che dimostra statisticamente che da aprile 1982 a luglio 1983 l'Esercito causò la morte di indigeni nell'area ixil per un 5,5%, cosa che viene a confermare in forma numerica quanto detto per dalle vittime.
La dichiarazione e relazione resa dal perito Marta Casaús Arzú dà gli input per comprendere la differenza concettuale dei termini discriminazione e genocidio, permettendo di conoscere gli antecedenti storici e sociologici relativi al razzismo dal secolo XVI al secolo XXI, spiegando i principali stereotipi circa gli indigeni, facendo vedere perché si consideravano gli indigeni come razza inferiore. - continua -
(Prensa Libre, 12/05/2013)

742 - EXTRACTOS DEL VEDERICTO CONTRA EFRAIN RIOS MONTT - 2 -

Violaciones
Siendo totalmente necesario dar a conocer que las personas que huyeron a la montaña en las diferentes regiones del área, Santa María Nebaj, San Juan Cotzal y San Gaspar Chajul, estuvieron refugiados aguantando hambre, muriendo algunas personas que no pudieron resistir la falta de alimentos y medicinas. Las declaraciones rendidas por las mujeres ixiles Magdalena Bernal de Paz, Elena de Paz Santiago, Ana López, Ana Pacheco Ramírez, Magdalena Raymundo, Juana Sánchez, Teresa Pérez López, Margarita Rivera Zeto y Juana Hernández demuestran que fueron violadas sexualmente por soldados del Ejército, siendo evidente el dolor que todavía experimentan al recordar los hechos, pues se utilizó violencia física y psicológica, utilizada en contra de ellas al ser abusadas sexualmente, según manifestó una de ellas inclusive fue violada por aproximadamente 20 soldados, durante el tiempo que estuvo en el calabozo. Estas declaraciones demuestran en forma contundente que sí existió violación de mujeres por parte de soldados del Ejército de Guatemala.
Se confirma con el peritaje efectuado con la perito Paloma Soria, quien fue precisa en acreditar en su peritaje que el ataque contra las mujeres fue sistemático, siendo parte de una estrategia para destruir a los ixiles. Ataque que incluye violación de menores, mujeres embarazadas y ancianas. El peritaje efectuado constata que las violaciones se produjeron en forma continuada y contribuyeron a la destrucción del tejido social, explicando que tanto las violaciones como las mutilaciones ocasionaron trauma de terror destrucción física y cultural teniendo como objetivo eliminar a la etnia maya ixil.
La mujer fue objetivo de guerra, concluyendo que a las mujeres embarazadas se les sacó el niño porque “es una semilla que hay que matar”, circunstancia que apreciamos los juzgadores porque evidencia en forma objetiva la intención de hacer desaparecer al grupo maya ixil, buscando romper con la figura de la mujer, porque es portadora de vida la que transmite los valores de la comunidad, la que da los conocimientos básicos para la vida, siendo admirable para los jueces la forma en que los ixiles han defendido su identidad cultural aún y en medio de la adversidad, porque es claro que se prohibió hablar el idioma materno en cual han conservado como elemento cultural de resistencia a la imposición cultural y militar a la que fueron sometidos.

Malas condiciones
El peritaje histórico pone de manifiesto que lo ixiles vivían en condiciones sociales y económicas deplorables en la miseria, en exclusión y por querer cambiar sus condiciones de vida se les llegó a considerar enemigos, lo que llevó al Ejército a tratar de cambiar su mentalidad, a través de la violencia, llegando a considerar el termino ixil igual que guerrillero, estigmatizando así a los habitantes de origen ixil por su idioma, traje y costumbres. Resulta importante incluir entre nuestro análisis el peritaje efectuado por el doctor Patrick Donell, quien demuestra estadísticamente que de abril de 1982 a julio 1983 el Ejército dio muertes a indígenas en el área ixil en un 5.5 por ciento, lo que viene a confirmar de forma numérica lo dicho por las víctimas.
La declaración e informe rendido por la perito Marta Casaús Arzú da los insumos para comprender la diferencia conceptual de los términos discriminación y genocidio, permitiendo conocer los antecedentes históricos y sociológicos referentes al racismo desde el siglo XVI al siglo XXI, explicando los principales estereotipos acerca de los indígenas, haciendo ver por qué se consideraba a los indígenas como raza inferior.  -  sigue -
(Prensa Libre, 12/05/2013)

741 - ESTRATTI DELLA SENTENZA CONTRO EFRAIN RIOS MONTT - 1 -

A motivo dell'importanza storica della sentenza che ha condannato per genocidio e delitti contro l'umanità il generale José Efraín Ríos Montt, Prensa Libre pubblica frammenti di quella decisione che evidenziano le parti più importanti lette dalla giudice Jazmin Barrios, presidente del tribunale.

"Noi giudici abbiamo fatto la seguente analisi:

Del delitto di genocidio, la dichiarazione e la perizia della dottoressa Elizabeth An, la quale spiegò che analizzando il piano “Victoria 82”, determinò che nel 1982 l'obiettivo era annullare i comitati clandestini. Non solo la guerriglia, essendosi annientata popolazione civile perché si considerò che la popolazione ixil era base di appoggio della guerriglia, ragione per la quale l'Esercito arrivò a considerare la popolazione civile nemico interno. Avendo contemplato lo sterminio della popolazione, cosa che si materializzò nei massacri indiscriminati nell'area ixil: stupri di donne, bambine ed anziane; bombardamenti, bruciatura di abitazioni, di raccolti e uccisione di animali. Secondo quanto indicato dal perito, si produsse la distruzione dell'ambiente sociale e culturale degli ixiles, che furono considerati come ribelli: un paese difficile che non si sottometteva ai ladinos. Furono criticati per poterli distruggere. Nella sua ampia perizia, indicò che nel piano della campagna “Firmeza 83” l'Esercito vedeva le popolazioni come sovversive e nemiche. Pertanto l'Esercito non fece differenza tra popolazione civile e gente armata, iniziando strategie di persecuzione. Nel piano “Firmeza 83” l'obiettivo è il controllo fisico e psicologico; si stabilisce distruggere le popolazioni ed i loro raccolti. Privando la popolazione delle sue fonti di alimentazione, determinando che era esistita una pianificazione dell'Alto Comando Militare che si concretizzò nell'uso di aeroplani ed elicotteri per distruggerli, ciò diede luogo all’inseguimento della popolazione fino alla montagna, colpendo i più vulnerabili.
Le relazioni antropologiche ed archeologiche che furono ratificate dai periti servono per stabilire presenza di cimiteri clandestini, che dimostrano tanto l'esistenza di gruppi di persone sepolte in fosse individuali e collettive, affermando che gli scheletri ritrovati, in maggioranza, presentano colpi di arma da fuoco in regioni come la testa ed il torace, cosa che evidenzia che prima gli fu sparato e dopo furono sepolti, confermandosi così ciò che indicavano i testimoni, quando raccontarono il modo in cui furono massacrati i loro parenti.
Questi cimiteri clandestini si possono vedere nella perizia presentata dal perito Marlon Érick Giovanni García Arriaga, nella quale si osservano le fosse comuni nelle vicinanze del fiume Chajul, si vedono gli scheletri nelle fosse, con segni di violenza, tra esse fratture complete alle costola, ferite alla testa, mandibola e collo. Gli indicatori di età, gli oggetti associati alla loro provenienza etnica, tutto ciò conferma quanto indicato dalle persone che testimoniarono circa le morti dei loro parenti.
- continua -
(Prensa Libre, 12/05/2013)

740 - EXTRACTOS DEL VEREDICTO CONTRA EFRAIN RIOS MONTT - 1 -

Debido a la importancia histórica del fallo condenatorio por genocidio y deberes contra la humanidad contra el general José Efraín Ríos Montt, Prensa Libre publica fragmentos de esa resolución que muestran las partes más importantes leídas por la jueza Jazmín Barrios, presidenta del tribunal.

“Los juzgadores hacemos el análisis siguiente:

Del delito de genocidio, la declaración e informe pericial de la doctora Elizabeth An, quien explicó que al realizar el análisis del plan Victoria 82, determinó que en 1982 el objetivo era anular a los comités clandestinos. No solo a la guerrilla, habiéndose aniquilado población civil porque se consideró que la población ixil era base de apoyo de la guerrilla, razón por la cual el Ejército llegó a considerar a la población civil enemigo interno. Habiendo contemplado el exterminio de la población, lo que se materializó en las masacres indiscriminadas en el área ixil: violación de mujeres, niñas y ancianas; bombardeos, quema de viviendas, siembras y muertes de animales. De acuerdo con lo indicado por la perito, se produjo la destrucción del entorno social y cultural de los ixiles, a los que se consideró como rebeldes: un pueblo difícil que no se sometía a los ladinos. Se les estigmatizó para aniquilarlos. En su amplio peritaje, indicó que en el plan de campaña Firmeza 83 el Ejército veía a las poblaciones como subversivas y enemigas. Por lo tanto el Ejército no hizo diferencia entre población civil y gente armada, iniciando estrategias de persecución. En el plan firmeza 83 el objetivo es el control físico y psicológico; se establece arrasar las poblaciones y sus cosechas. Despojando a la población en sus fuentes de alimentación, determinando que existió planificación del alto mando militar que se concretizó en el uso de aviones y helicópteros para destruirlos, lo que dio lugar a la persecución de gente a la montaña, afectando a los más vulnerables.
Los informes antropológicos y arqueológicos que fueron ratificados por los peritos sirven para establecer presencia de cementerios clandestinos que demuestran la existencia de grupos de personas enterradas tanto en fosas individuales y colectivas, determinándose que las osamentas encontradas, en su mayoría, tienen disparos de armas de fuego en regiones como la cabeza y el tórax, lo que evidencia que primero les dispararon y después fueron enterrados, confirmándose así lo indicado por los testigos que manifestaron la forma en que fueron masacrados sus familiares.
Estos cementerios clandestinos se visualizan en el informe pericial presentado por el perito Marlon Érick Giovanni García Arriaga en donde se observan las fosas encontradas a inmediaciones del río Chajul, observándose los esqueletos en las fosas con indicadores de violencia, entre ellas fracturas completas en costilla, heridas en la cabeza, mandíbula y cuello. Los indicadores de edad, los objetos asociados a su procedencia étnica, lo que viene a corroborar lo indicado por las personas que declararon acerca de las muertes de sus familiares.  - sigue -
(Prensa Libre, 12/05/2013)

sabato 11 maggio 2013

739 - RIOS MONTT DA PRESIDENTE A COLPEVOLE DI GENOCIDIO

Fino alla fine, l'accusato José Efraín Ríos Montt si è dichiarato innocente. Tuttavia, una giudice guatemalteca ha deciso il contrario e l'antico uomo forte del Guatemala si trasformò nel primo ex presidente del mondo a essere dichiarato colpevole di genocidio da un tribunale nazionale.
Solo un giorno prima, di fronte ad un pugno gruppo di indigeni Ixil, che assistevano all'udienza nel tribunale di Città della Guatemala, alcuni con cuffie per ascoltare la traduzione nella loro lingua, e nell'unica volta che ha parlato durante i tre mesi del processo, Rios Montt aveva detto "sono e mi dichiaro innocente", con una voce che non rivelava i suoi 86 anni.
“Non autorizzai mai, non firmai mai, non ordinai mai che si attentasse contro una razza, etnia o gruppo religioso", ha aggiunto.
Ovviamente ciò non era quello che desideravano ascoltare i parenti - tra essi uno degli avvocati accusatori - dei più di 1.700 indigeni maya massacrati dall'esercito guatemalteco tra agosto 1982 e marzo 1983.
Quello che desideravano sentire è arrivato venerdì dalla bocca della giudice Jazmin Barrios, che ha dichiarato Rios Montt colpevole di genocidio e crimini contro l'umanità, e lo ha condannato a 80 anni di prigione, 50 dei quali per il genocidio degli ixiles.
La condanna all'uomo che governò con pugno di ferro il suo paese tra 1982 e 1983 è la dimostrazione di come sono cambiate le cose in Guatemala ed America Latina negli ultimi tre decenni.
La carriera nelle armi
Nato il 16 giugno 1926 nel seno di una famiglia cattolica in un piccolo municipio di Huehuetango, Efraín Ríos Montt entrò nell'esercito a 18 anni. Lì avrebbe passato buona parte della sua vita.
L'esercito guatemalteco è stato un protagonista centrale nel gioco politico del Guatemala durante la sua vita repubblicana. E con lui, Rios Montt.
Guerra civile in Guatemala
Per alcuni, la guerra civile iniziò col rovesciamento di Jacobo Arbenz nel 1954. Per altri, nella decade degli anni ‘60.
Più chiaro è la data della sua fine: nel 1996, dopo di un lungo processo di pace. Il saldo: almeno 200.000 morti e 25.000 desaparecidos.
Una grandissima maggioranza delle vittime era indigena. Tra essi almeno 29.000 ixiles.
Secondo alcuni notizie, ebbe una piccola parte in uno dei fatti che segnarono la storia del secolo XX in questo paese centroamericano: il rovesciamento, nel 1954, del presidente di sinistra Jacobo Arbénz, in colpo di stato organizzato dalla Cia.
Il suo ruolo sarebbe molto più importante 20 anni dopo, nel 1974, quando – dopo essere arrivato ad essere brigadiere generale e capo di stato maggiore dell'esercito - si presentò come candidato alla presidenza a nome del Fronte di Opposizione Nazionale. Quella volta perse di fronte ad un altro generale: Kjell Eugenio Leugerud García.
In quell’occasione Rios Montt parlò di una massiccia frode contro di lui ed accusò la Chiesa cattolica di averla orchestrato, per la sua presunta persecuzione dei maya cattolici. Indicò anche la chiesa cattolica come un covo di comunisti.
È possibile che ciò influisse affinché, nel 1978, Rios Montt abbandonasse la Chiesa Cattolica e si trasformasse in ministro della Chiesa Pentecostale della Parola, con sede in California.
Colpo di stato
Nel marzo 1982, un colpo di stato guidato da Efraín Ríos Montt ha allontanato due presidenti: il presidente uscente Fernando Romero Lucas García e l'eletto ma ancora non in carica Ángel Aníbal Guevara (entrambi militari).
Diciassette mesi è stato al potere Rios Montt prima di essere, a sua volta, abbattuto dal suo ministro della Difesa il 18 agosto 1983.
Quel mezzo migliaio di giorni lo perseguiteranno per il resto della sua vita. Durante quel periodo creò le Pattuglie di Autodifesa Civile, che armò ed coinvolse a pieno titolo i civili nel conflitto; fu un aperto difensore del ramo fondamentalista del protestantesimo, che lui seguiva - in un paese a gran maggioranza cattolico - e si rifiutò di ascoltare le domande di clemenza del Papa Giovanni Paolo Paolo II per sei uomini condannati a morte.
Fu anche il comandante supremo delle Forze armate durante gli otto mesi in cui si perpetrò il massacro degli indigeni maya ixil.
Dopo
In qualche modo, la sua vita successiva è stata un lungo epilogo a quei 17 mesi.
Nel 1989 fondò il partito Fronte Repubblicano Guatemalteco, col quale tentò di candidarsi alla presidenza un anno dopo, ma una disposizione della Costituzione che proibiva a partecipanti in colpi di stato di candidarsi, lo ostacolò.
Tornò a tentare la candidatura nel 2003, con lo stesso partito. Quando la Corte Suprema di Giustizia sospese la sua campagna, Rios Montt chiamò i suoi seguaci a protestare per strade. Per due giorni si produssero scontri in Città del Guatemala
Poco dopo la Corte Costituzionale cedette e Rios Montt poté presentarsi alle elezioni. Arrivò al terzo posto, con il 19% dei voti.
Mentre questo succedeva, in Spagna si svolgeva un processo contro di lui per genocidio, detenzione illegale e terrorismo di Stato, iniziato nel 1999 dal premio Nobel della Pace guatemalteca ed indigena maya Rigoberta Menchú.
In questo processo, nel settembre 2005 il Tribunale Costituzionale della Spagna affermò che i tribunali di quel paese potevano giudicare persone accusate di crimini contro l'umanità, anche se le vittime non fossero spagnole.
In Guatemala
Tuttavia, come avvenne con Augusto Pinochet in Cile o con Jorge Videla in Argentina, non fu una nazione straniera quella che giudicò a Rios Montt, bensì i tribunali del proprio paese.
Ci furono reazioni di giubilo dopo la sentenza.
Nel gennaio 2012, quando terminò la sua immunità come membro del Congresso - era stato eletto nel 2007 - fu accusato formalmente di genocidio e crimini contro l'umanità insieme ad altri tre ex generali.
Esattamente un anno dopo, il 28 gennaio 2013 si diede inizio allo storico evento, nel quale per la prima volta nel mondo, un ex capo di Stato affrontava un giudizio per genocidio davanti ad un tribunale nazionale.
E questo giudizio ha mostrato quanto continuano ad essere aperte le ferite della storia in Guatemala: in una pubblicazione intitolata “La farsa del genocidio” che circolò la settimana scorsa in Guatemala, la “Fondazione contro il Terrorismo” dice che il giudizio contro Rios Montt è una cospirazione marxista dalla Chiesa "cattolica."
Fuori del tribunale si svolgevano marce a favore e contro l'ex presidente de facto.
Nel tribunale, dopo essersi rifiutato di parlare durante tutto il processo, l'accusato ha preso per la prima volta la parola giovedì 9 maggio per dichiararsi innocente.
Ma venerdì 10 maggio una giudice guatemalteca ha deciso il contrario. Ora tutto indica che José Efraín Ríos Montt finirà i suoi giorni dietro le sbarre.
BBC Mundo, 10/05/2013

738 - RÍOS MONTT: DE MANDATARIO A CULPABLE DE GENOCIDIO

Hasta el final, el acusado José Efraín Ríos Montt se declaró inocente. Sin embargo, una juez guatemalteca decidió lo contrario y el antiguo hombre fuerte de Guatemala se convirtió en el primer exmandatario del mundo en ser declarado culpable de genocidio por un tribunal nacional.
Sólo un día antes, frente a un puñado de indígenas Ixil que asistían a la audiencia en el tribunal de Ciudad de Guatemala (algunos con audífonos para escuchar la traducción a su idioma) y en la única vez que habló durante los tres meses del juicio, Ríos Montt había dicho "soy y me declaro inocente" con una voz que no revelaba sus 86 años.
"Nunca autoricé, nunca firmé, nunca ordené que se atentara contra una raza, etnia o grupo religioso", agregó.
Por supuesto eso no era lo que deseaban escuchar los familiares -entre ellos uno de los abogados acusadores- de los más de 1.700 indígenas mayas masacrados por el ejército guatemalteco entre agosto de 1982 y marzo de 1983.
Lo que ansiaban oir vino este viernes de boca de la juez Jazmín Barrios, quien declaró a Ríos Montt culpable de genocidio y crímenes contra la humanidad y lo condenó a 80 años de prisión, 50 de ellos por el genocidio de los ixtiles.
Esa condena al hombre que manejó con puño de hierro a su país entre 1982 y 1983 muestra cómo han cambiado las cosas en Guatemala y América Latina en las últimas tres décadas.
La carrera en las armas
Nacido el 16 de junio de 1926 en el seno de una familia católica en el pequeño municipio de Huehuetango, Efraín Ríos Montt ingresó al ejército a los 18 años de edad. Allí pasaría buena parte de su vida.
El ejército guatemalteco ha sido un protagonista central en el juego político de Guatemala durante su existencia republicana. Y con él, Ríos Montt.
Guerra civil en Guatemala
Para algunos, la guerra civil inició con el derrocamiento de Jacobo Arbenz en 1954. Para otros, en la década de los 60.
Más claro está su fin: en 1996, luego de un amplio proceso de paz. El saldo: al menos 200 mil muertos y 25 mil desaparecidos.
Una abrumadora mayoría de las víctimas fue indígena. Entre ellos al menos 29.000 ixiles. 
Según algunos reportes, tuvo un pequeño papel en uno de los hechos que marcó la historia del siglo XX en este país centroamericano: el derrocamiento, en 1954, del presidente izquierdista Jacobo Arbénz, en golpe organizado por la CIA.
Su rol sería mucho más importante 20 años después, en 1974, cuando -tras llegado a ser brigadier general y jefe de estado mayor del ejército- se presentó como candidato a la presidencia a nombre del Frente de Oposición Nacional. Esa vez perdió frente a otro general: Kjell Eugenio Leugerud García.
En ese entonces Ríos Montt habló de un masivo fraude en su contra y acusó a la Iglesia católica de haberlo orquestrado por su supuesta persecusión de los mayas católicos. También la señaló de ser un nido de comunistas.
Es posible que esto influyera para que, en 1978, Ríos Montt abandonara la Iglesia Católica y se convirtiera en ministro de la Iglesia Pentecostal de la Palabra, con sede en California.
Golpes de estado
En marzo 1982, un golpe de estado encabezado por Efraín Ríos Montt derrocó a dos presidentes: al saliente mandatario Fernando Romero Lucas García y al electo pero aún no posesionado Ángel Aníbal Guevara (ambos militares).
Diecisiete meses estuvo en el poder Ríos Montt antes de ser, a su vez, derrocado por su propio ministro de Defensa el 18 de agosto de 1983.
Ese medio millar de días lo perseguirían por el resto de su vida. Durante ellos creó las Patrullas de Autodefensa Civil, que armó e involucró de lleno a los civiles en el conflicto; fue un abierto defensor de la rama fundamentalista del protestantismo a la que seguía -en un país abrumadoramente católico- y se negó a escuchar los pedidos de clemencia del Papa Juan Pablo II por seis hombres condenados al paredón.
También fue el comandante supremo de las Fuerzas Armadas durante los ocho meses en que se perpetró la matanza de los indígenas maya ixil.
Después
De alguna manera, su vida posterior ha sido un largo epílogo a esos 17 meses.
En 1989 fundó el partido Frente Republicano Guatemalteco, con el que trató de aspirar a la presidencia un año después, pero una provisión constitucional que prohibía a participantes en golpes de estado presentarse se lo impidió.
Volvió a intentarlo en 2003, con el mismo partido. Cuando la Corte Suprema de Justicia suspendió su campaña, Rios Montt llamó a sus seguidores a protestar en las calles. Durante dos días se produjeron motines en Ciudad de Guatemala
Poco después la Corte Constitucional falló a favor de Ríos Montt, quien pudo presentarse en las elecciones. Quedó en tercer lugar, con 19% de los votos.
Mientras esto sucedía, en España corría un proceso en su contra por genocidio, detención ilegal y terrorismo de Estado, iniciado en 1999 por la premio Nobel de la Paz guatemalteca e indígena maya Rigoberta Menchú.
Dentro de este proceso, en septiembre de 2005 el Tribunal Constitucional de España dictaminó que los tribunales de ese país podían juzgar a personas acusadas de crímenes contra la humanidad, así las víctimas no fueran españolas.
En Guatemala
Sin embargo, al igual que ocurrió con Augusto Pinochet en Chile o con Jorge Videla en
Argentina, no fue una nación extranjera la que juzgó a Ríos Montt, sino las cortes de su propio país.
Hubo reacciones de júbilo tras la sentencia.
En enero 2012, cuando expiró su inmunidad como congresista -había sido elegido en 2007- fue acusado formalmente de genocidio y crímenes contra la humanidad junto a otros tres ex generales.
Exactamente un año después, el 28 de enero de 2013 se dio comienzo al histórico evento, en el que, por primera vez en el mundo, un ex jefe de Estado enfrentaba un juicio por genocidio ante un tribunal nacional.
Y este juicio ha mostrado cuán abiertas siguen las heridas de la historia en Guatemala: en una publicación titulada La farsa del genocidio que circuló la semana pasada en Guatemala, la autodenominada Fundación contra el Terrorismo dice que el juicio contra Ríos Montt es una "conspiración marxista desde la Iglesia católica".
En las afueras del tribunal se escenificaron marchas a favor y en contra del ex mandatario de facto.
Dentro, luego de negarse a hablar durante todo el juicio, el acusado tomó la palabra por primera vez el jueves 9 de mayo para declararse inocente.
Pero este viernes una jueza guatemalteca decidió lo contrario. Ahora todo indica que José Efraín Ríos Montt terminará sus días tras las rejas
BBC Mundo,10/05/2013

737 - RIOS MONTT COLPEVOLE DI GENOCIDIO

Un tribunale del Guatemala ha dichiarato l'ex presidente de facto del Guatemala, Efraín Ríos Montt, colpevole di genocidio e crimini di lesa umanità.
Rios Montt è stato condannato a 80 anni di prigione, dei quali 50 sono per il delitto di genocidio.
Il suo ex capo dell’intelligence, Mauricio Rodríguez, è stato assolto delle accuse che gli erano rivolte. 
I due uomini erano stati accusati di ordinare l'assassinio di 800 indigeni Ixil durante negli anni 1982 e 1983.
E' la prima volta che un ex capo di Stato è giudicato e condannato per delitti di lesa umanità.
Un fatto senza precedenti
Rios Montt aveva evitato il processo durante vari anni affermando di non aver avuto notizia dei massacri, che aveva commesso l'esercito del quale egli era il capo.
Tuttavia, nonostante gli sforzi dell'ex presidente per evitare di essere processato, un giudice ha determinato che c'erano ragioni sufficienti per processarlo.
Il governo di Efraín Ríos Montt è durato 17 mesi fino a quando fu abbattuto nel 1983 da Óscar Mejía, il suo ex ministro della Difesa.
Durante il suo mandato la violenza si intensificò, provocando la morte di 1.771 persone in 15 massacri commessi dall'esercito.
Si calcola che almeno 29.000 famiglie fuggirono sulle montagne per fuggire dall’orrore della  violenza.
La repressione dei militari era parte della campagna conosciuta come Victoria 82 che aveva l'obiettivo di sterminare le popolazioni indigene secondo la procura guatemalteca, specialmente l'etnia Maya-ixil, che era accusata dal governo di Rios Montt di proteggere gruppi guerriglieri.
BBC Mundo 10/05/2013

736 - RÍOS MONTT ES DECLARADO CULPABLE DE GENOCIDIO

Una corte en Guatemala declaró al expresidente de facto de Guatemala, Efraín Ríos Montt, culpable de genocidio y crímenes de lesa humanidad.
Ríos Montt fue condenado a 80 años de cárcel, de los cuales 50 son por el delito de genocidio.
Su exjefe de inteligencia, Mauricio Rodríguez fue absuelto de las acusaciones en su contra.
Los dos hombres habían sido acusados de ordenar el asesinato de cerca de 800 indígenas Ixil durante 1982 y 1983.
Es la primera vez que un exjefe de Estado es juzgado y condenado por delitos de lesa humanidad.
Un hecho sin precedentes
Ríos Montt evadió el juicio durante varios años alegando que nunca tuvo noticia de las masacres que cometió el ejército del cual él era el jefe.
Sin embargo, a pesar de los esfuerzos del expresidente para evitar ser procesado, un juez determinó que habían razones suficientes para someterlo a juicio.
El gobierno de Efraín Ríos Montt duró 17 meses hasta que fue derrocado en 1983 por Óscar Mejía, su exministro de Defensa.
Durante su mandato la violencia se intensificó, provocando la muerte a 1.771 personas en 15 masacres cometidas por el ejército.
Se calcula que al menos 29.000 familias huyeron a las montañas para escapar del horror de la violencia.
La represión de los militares era parte de la campaña conocida como Victoria 82, que según la fiscalía guatemalteca tenía el objetivo de exterminar a las poblaciones indígenas, especialmente de la etnia Maya-ixil, a las que el gobierno de Ríos Montt acusaba de proteger a grupos guerrilleros.
BBC Mundo, 10/05/2013

giovedì 9 maggio 2013

735 - RIOS MONTT SI DICHIARA INNOCENTE

L'ex governante militare del Guatemala, José Efraín Ríos Montt, si dichiarò innocente dei delitti di genocidio e crimini di guerra per i quali è giudicato in un tribunale del Guatemala.
Alla fine degli argomenti della difesa, Rios Montt, al potere in un governo di facto tra il 1982 e il 1983, assicurò che non ordinò mai massacri contro indigeni ixiles, massacri per i quale gli è sotto processo.
“Non autorizzai mai, non firmai mai, non proposi mai, non ordinai mai che si attentasse ad una razza, un'etnia o una religione. Non lo feci mai. E di tutto quello che hanno detto non c'è stata nessuna prova che evidenzia la mia partecipazione", ha detto il generale di 86 anni.
Rios Montt ha presentato una dichiarazione per concessione del tribunale, poiché l'ex generale aveva rifiutato di rilasciare dichiarazioni nel momento del giudizio che gli corrispondeva secondo il procedimento legale.
Il giorno precedente la vigilia la Procura aveva chiesto la condanna a 75 anni di prigione per Rios Montt e per il suo antico capo dell’Intelligence José Rodríguez, per la morte di 1.771 indigeni ixiles.
BBC Mundo, 9/05/2013

734 - RIOS MONTT SE DECLARA INOCENTE

El exgobernante militar de Guatemala, José Efraín Ríos Montt, se declaró inocente de los cargos de genocidio y crímenes de guerra por los que se le juzga en un tribunal de Guatemala.
En el cierre de argumentos de la defensa, Ríos Montt, quien encabezó un gobierno de facto entre 1982 y 1983, aseguró que nunca ordenó masacres contra indígenas ixiles por la que se le sigue juicio.
"Nunca autoricé, nunca firmé, nunca propuse, nunca ordené que se atentara contra una raza, una etnia o una religión. Nunca lo hice. Y de todo lo que han dicho no ha habido ninguna prueba que evidencia mi participación", dijo el general de 86 años.
Ríos Montt presentó una declaración por concesión del tribunal, ya que el exgeneral se había rehusado a hacer declaraciones en el momento del juicio que le correspondía según el procedimiento legal.
La víspera la Fiscalía pidió que se condene a 75 años de prisión a Ríos Montt y a su antiguo jefe de Inteligencia José Rodríguez, por la muerte de 1.771 indígenas ixiles.
BBC Mundo, 9/05/2013

domenica 5 maggio 2013

733 - LA VITTIMA CHE ORA PORTA IN GIUDIZIO RIOS MONTT

Ad Edwin Canil si rompe la voce quando racconta come un giorno i soldati dell'esercito guatemalteco uccisero molti dei suoi parenti durante il governo di facto del generale Efraín Ríos Montt nel 1982.
"Eravamo seduti, con mia mamma e le mie zie ed i miei cugini, aspettando mio papà, che era uscito a vedere dove si trovava l'esercito; in quel momento, in maniera indiscriminata, senza domandare perché stavamo lì, [i soldati] puntarono le loro armi ed incominciarono a sparare a tutti quelli che stavamo lì", ricorda.
Canil è uno degli avvocati incaricati di convocare e portare al processo i testimone del genocidio e dei crimini di lesa umanità per i quali è accusato Rios Montt, governante de facto del Guatemala tra il 1982 e il 1983, il periodo più sanguinoso della guerra civile di 36 anni, che lasciò circa 200.000 morti o scomparsi tra il 1960 e il 1996.
La difesa di Rios Montt afferma che il generale, che arrivò alla presidenza con un colpo di Stato, non era a conoscenza delle azioni dell'esercito durante quel periodo.
Ma Canil - e le decine di vittime che hanno dato testimonianza nel processo - crede un'altra cosa.
I suoi drammatici e traumatici ricordi infantili - aveva sei anni - l'aiutano a rafforzare i suoi argomenti.
Unico sopravvissuto
Un pomeriggio del febbraio 1982, Canil ricorda di avere ascoltato esplosioni nell'entrata del suo villaggio.
"Alcune persone, che erano scappate già da un massacro, passarono avvisando che non bisognava fidarsi dell'esercito, perché veniva distruggendo i villaggi. Noi, con quell'informazione, ascoltando le esplosioni, andammo via dal villaggio (…) Quando arrivò l'esercito al villaggio non trovò nessuno perché tutti ci eravamo allontanati (…) Il giorno dopo l'esercito bruciò tutte le abitazioni, tutte le capanne."
Il giudizio a Rios Montt e la Guerra Civile
Nel 1994 una commissione appoggiata dal'ONU stabilì che il 93% dei crimini durante la Guerra Civile furono perpetrati dall’esercito o dai paramilitari, e concluse che lo Stato commise atti di genocidio contro gli indigeni maya.
Dal 2001 la giustizia guatemalteca, con l’appoggio di organizzazioni internazionali, ha condannato vari militari, generali e poliziotti per crimini durante la Guerra Civile, tra essi l'ex paramilitare Felipe Cusanero ed el’ex capo della polizia Pedro Garcia Arredondo.
Rios Montt - che è giudicato insieme al suo capo dell’Intelligence militare, José Mauricio Rodríguez Sánchez - è il primo presidente in America Latina che è imputato il delitto di genocidio.
Il processo è iniziato a gennaio 2012, quando l'ex presidente ha perso la sua immunità. Montt fu messo agli arresti domiciliari.
La Procura accusa Rios Montt e Sánchez Rodríguez per il massacro di 1.771 Ixil maya, lo spostamento forzato di 29.000 persone, violenze sessuali e torture.
Due settimane fa un giudice annullò i procedimenti che vari pensano dovranno incominciare di zero.
Martedì il nuovo giudice del caso ordinò di riaprire il giudizio, ma sospese l'udienza fino a questo giovedì.
La famiglia di Canil scappò nel bosco a nascondersi. Passarono lì la notte. Suo padre e suo fratello maggiore andarono a cercare dei soldati. Volevano sapere dove stavano, per pensare una strategia di fuga.
Canil rimase con sua madre, fratelli e altre cinque famiglie. Ma i militari li trovarono e, con voce spezzata, ricorda come incominciarono a sparare.
"Io uscii correndo. E mentre scappavo guardavo all'indietro e mia sorella veniva dietro di me. Ad un certo punto, scomparve. In quel momento mi sentii solo. E mi nascosi dietro il tronco da un albero vecchio che era caduto. Non ero lontano. Ero ad una buona distanza. E da lì potevo vedere che cosa succedeva (…) Quando smisero di sparare, sentii un grido, era quello di mia sorella di otto mesi che era in braccio a mia madre. Una pallottola aveva colpito a mia madre, che era morta. Ma mia sorella, nelle sue braccia, era viva. Venne un soldato che incominciò a esaminare tutte le cose. Il soldato afferrò la mia sorellina per i piedi. Tirò fuori un coltello. E la tagliò in due, dalla pancia".
Canil rimase solo nel bosco. Ritornò al suo villaggio, dove c’erano alcuni corpi messi in circolo. "Ritornai con l'idea di dire loro 'andiamocene' ".
Alla fine arrivò suo cugino di 12 anni. Con lui si diresse nuovamente al bosco, dove trovarono un uomo che disse sapere dove il padre stava di Canil.
"Quando mio padre mi vide smise di piangere. Vidi una luce nel suo viso. E mi domandò chi era ancora vivo, e gli dissi nessuno, solo io. Continuò a piangere."
Verità e memoria
Dopo il massacro della sua famiglia, Canil visse sette mesi sulle montagne con suo padre essendo perseguiti da un esercito che distruggeva le coltivazioni di grano e la milpa con i quali si alimentavano, come ricorda.
Poi attraversarono il pantano che segnava la frontiera col Messico, dove Canil passò i seguenti 12 anni della sua vita.
Ritornò in Guatemala nel 1994 e cominciò a studiare diritto, una facoltà che suo padre gli aveva descritto come "pericolosa." L'avvertenza, tuttavia, acuì la sua curiosità.
Varie organizzazioni di diritti umani, che documentano casi di genocidio, lo invitarono a fornire la sua testimonianza, e con il tempo è diventato parte dei gruppi che cercano riscattare la memoria del Guatemala attraverso la verità.
"Per me questo processo è stato una forma di rivendicare cose pendenti. A questo punto, a questa età, non sento rabbia Quello che sì fa rabbia è che oggi neghino e dicano che noi eravamo gente armata, che eravamo gente pericolosa, che stavamo con la guerriglia."
Alcuni osservatori hanno detto che il giudizio a Rios Montt, che è parte di una grande indagine giudiziaria più ampia, si è visto ostacolato da differenti questioni legali e burocratiche.
Per Canil il sistema giudiziale guatemalteco non è solido. Ma assicura che il processo "è un'opportunità per mostrare al mondo quanto è fragile questo paese e come la corruzione mantiene gli interessi di certi gruppi."
Dice anche di vedere il caso come un processo di giustizia sociale e di riscatto della memoria dei popoli. "Affinché questi fatti non tornino ad accadere", dice. "Affinché siano la base sulla quale costruiamo questo Stato", afferma.
Sui suoi drammatici ricordi del massacro, conclude: “Abbiamo imparato a vivere con essi. Non possiamo dimenticarlo. Lo diciamo con gli altri testimoni. Questo lo porteremo fino alla morte, fino al giorno che lasceremo questo mondo."
* BBC Mundo realizzò l'intervista con Edwin Canil in collaborazione con il programma radio della BBC "Outlook", presentato per Matthew Bannister.
BBC Mondo 2/05/2013

732 - LA VÍCTIMA QUE AHORA LLEVA A JUICIO A RÍOS MONTT

A Edwin Canil se le quiebra la voz cuando relata cómo un día soldados del ejército guatemalteco acabaron con la vida de muchos de sus familiares durante el gobierno de facto del general Efraín Ríos Montt en 1982.
"Estábamos sentados, con mi mamá y mis tías y mis primos, esperando a mi papá, que había salido a ver dónde estaba el ejército; en ese momento, de manera indiscriminada, sin preguntar por qué estábamos ahí, [los soldados] apuntaron sus armas y empezaron a disparar a todos los que estábamos ahí", recuerda.
Canil es uno de los abogados encargados de convocar y llevar al estrado a los testigos del genocidio y los crímenes de lesa humanidad por los que es acusado Ríos Montt, gobernante de facto de Guatemala entre 1982 y 1983, el periodo más sangriento de la guerra civil de 36 años que dejó alrededor de 200.000 muertos o desaparecidos entre 1960 y 1996.
La defensa de Ríos Montt alega que las acciones del ejército durante aquel periodo no eran del conocimiento del general, que llegó a la presidencia por un golpe de Estado.
Pero Canil -y las decenas de víctimas que han dado testimonio en el juicio que se reabrió el jueves- cree otra cosa.
Sus dramáticos y traumáticos recuerdos infantiles -tenía seis años- le ayudan a reforzar sus argumentos.
Único sobreviviente
Una tarde de febrero de 1982, Canil recuerda haber escuchado explosiones en la entrada de su aldea.
"Unas personas que ya habían escapado de una masacre pasaron avisando que no hay que confiar en el ejército porque venía arrasando pueblos. Nosotros, con esa advertencia, al escuchar las explosiones, nos fuimos de la aldea (…) Cuando llegó el ejército a la aldea no encontró a nadie porque todos habíamos evacuado (…) Al día siguiente el ejército quemó todas las viviendas, todas las chozas".
El juicio a Ríos Montt y la Guerra Civil
En 1994 una comisión patrocinada por la ONU estableció que el 93% de los crímenes durante la Guerra Civil fueron perpetrados por el ejército o los paramilitares y concluyó que el Estado cometió actos de genocidio contra los indígenas mayas.
Desde 2001 la justicia guatemalteca, con asesoría de organizaciones internacionales, ha condenado a varios militares, generales y policías por crímenes durante la Guerra Civil, entre ellos el exparamilitar Felipe Cusanero y exjefe de la policía Pedro Garcia Arredondo.
Ríos Montt -quien es juzgado junto a su jefe de inteligencia militar, José Mauricio Rodríguez Sánchez- es el primer presidente en América Latina al que se le imputa el cargo de genocidio.
El juicio comenzó en enero de 2012, cuando el expresidente perdió su inmunidad. Montt fue puesto en arresto domiciliario.
La Fiscalía acusa a Ríos Montt y Sánchez Rodríguez por la matanza de 1.771 Ixil mayas, el desplazamiento forzado de 29.000 personas, violaciones sexuales y torturas.
Hace dos semanas un juez anuló los procedimientos, que varios estiman tendrán que empezar de cero.
El martes la nueva juez del caso ordenó reabrir el juicio, pero suspendió la audiencia hasta este jueves.
La familia de Canil se desplazó al bosque a esconderse. Pasaron la noche ahí. Su padre y su hermano mayor fueron en busca de los soldados. Querían saber dónde estaban para pensar en una estrategia de escape.
Canil se quedó con su madre, hermanos y cinco familias más. Pero los militares los encontraron y, con voz entrecortada recuerda cómo empezaron a disparar.
"Yo salí corriendo. Y cuando avanzaba miraba hacia atrás y mi hermana venía detrás. En un momento, dejó de aparecer. En ese momento me sentí solo. Y me escondí detrás del tronco de un árbol viejo, que estaba ya caído. No estaba retirado. Estaba a una buena distancia. Y desde ahí podía visibilizar qué era lo que pasaba (…) Cuando dejaron de disparar, oí un grito, que era el de mi hermana de ocho meses, que estaba en brazos de mi madre. Una bala había impactado a mi madre, entonces había muerto. Pero mi hermana, en sus brazos, seguía viva. Vino un soldado, que empezó a revisar todas las cosas. El soldado agarró a mi hermanita de los pies. Sacó un cuchillo. Y la partió en dos, por el estómago".
Canil se quedó solo en el bosque. Volvió a su aldea, donde había algunos cuerpos organizados en un círculo. "Regresé con la idea de decirles 'bueno, vámonos'".
Finalmente llegó un primo suyo, de 12 años. Con él se dirigió nuevamente al bosque, donde encontraron a un hombre que dijo saber dónde estaba el padre de Canil.
"Cuando mi padre me vio dejó de llorar. Vi una luz en su rostro. Y me preguntó quién más vive, y le dije que nadie más, solo yo. Siguió llorando".
Verdad y memoria
Tras la masacre de su familia, Canil estuvo siete meses en las montañas con su padre siendo perseguidos por un ejército que arrasaba los cultivos de trigo y milpa con los que se alimentaban, según recuerda.
Después cruzaron el pantano que marcaba la frontera con México, donde Canil pasó los siguientes 12 años de su vida.
Regresó a Guatemala en 1994 y comenzó a estudiar derecho, una carrera que su padre le había descrito como "peligrosa". La advertencia, sin embargo, disparó su curiosidad.
Varias organizaciones de derechos humanos que documentan casos de genocidio lo invitaron a dar su testimonio, y con el tiempo se ha vuelto parte de los grupos que buscan rescatar la memoria de Guatemala a través de la verdad.
"Para mí este proceso ha sido una forma de reivindicar cosas pendientes. A esta altura, a esta edad, no siento rabia (...) Lo que sí da rabia es que hoy en día nieguen y digan que nosotros éramos gente armada, que éramos gente peligrosa, que estábamos con la guerrilla".
Algunos observadores han dicho que el juicio a Ríos Montt, que es parte de una gran investigación judicial más amplia (ver recuadro), se ha visto obstaculizado por diferentes cuestiones legales y burocráticas.
Para Canil el sistema judicial guatemalteco no es sólido. Pero asegura que el juicio"es una oportunidad para mostrarle al mundo qué tan frágil es este país y cómo la corrupción mantiene los intereses de ciertos grupos".
También dice ver el caso como un proceso de justicia social y de rescate de la memoria de los pueblos. "Para que estos hechos no se vuelvan a producir", dice. "Para que sean la base bajo la cual construimos este Estado", asevera.
Sobre sus impactantes recuerdos de la masacre, concluye: "Hemos aprendido a vivir con ellos. No lo podemos olvidar. Lo decimos con ellos [los otros testigos]. Esto lo llevaremos hasta la muerte, hasta el día que dejemos este mundo".
*BBC Mundo realizó la entrevista con Edwin Calin en colaboración con el programa de radio de la BBC "Outlook", presentado por Matthew Bannister.
BBC Mundo 2/05/2013