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martedì 20 aprile 2010

107 - LA DISCRIMINAZIONE E’ UN REATO

Nonostante le modifiche del Codice Penale, agli indigeni poveri mancano ancora i mezzi per portare in giudizio i casi di discriminazione. Per due anni, Marta, 43 anni, indigena maya kaqchikel analfabeta, ha lavorato come domestica e ha ricevuto maltrattamenti dai suoi datori di lavoro.
La famiglia non indigena per la quale ha lavorato a San Lucas Sacatepéquez, a 35 chilometri da Città del Guatemala, la obbligava a dormire in una capanna di legno, senza porte, tra attrezzi e catini piene di biancheria sporca, racconta Marta, che ha chiesto di cambiare il suo nome per paura di rappresaglie da parte dei suoi datori di lavoro.
Le hanno proibito di utilizzare i servizi igienici della famiglia, ed è stata obbligata a lavarsi nel cortile, dice Marta, originaria del dipartimento centro occidentale di Totonicapán.
Inoltre, il padrone di casa si rivolgeva a lei regolarmente con abusi verbali. “Non servi a nulla, sei sporca, lavati, devi ringraziare per la possibilità che la famiglia ti dà di avere una entrata economica”, erano alcune delle espressioni che era costretta ad ascoltare ogni giorno.
Dopo aver lasciato il lavoro lo scorso anno, Marta ha deciso di chiedere aiuto l’Ufficio per la Difesa della Donna Indigena (DEMI), istanza governativa dedicata a difendere i diritti delle donne indigene.
Oltre il 40% dei 14 milioni di guatemaltechi si considerano indigeni, anche se alcuni esperti ritengono che la percentuale possa salire al 60%.
Secondo Azucena Socoy, avvocato della DEMI, questi casi raramente vengono denunciati perché si considera “normale” che le lavoratrici domestiche indigene siano obbligate dai loro datori di lavoro a non indossare i loro vestiti tradizionali, a parlare spagnolo e a soffrire abusi e umiliazioni.
Nell’ottobre del 2002 il Congresso ha aggiunto un nuovo articolo al Codice Penale, che qualifica come reato le differenti forme di discriminazione, compreso il razzismo.
“Si intenderà come discriminazione qualsiasi distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata su motivi di genere, razza, etnia, idioma, età, religione, situazione economica, infermità, incapacità, stato civile, o qualunque altro motivo, ragione o circostanza che impedisca o renda difficile a una persona o a un gruppo o associazione, l’esercizio di un diritto previsto per legge. Compreso il diritto consuetudinario o la consuetudine, in conformità con la Costituzione Politica della Repubblica del Guatemala e i Trattati Internazionali in materia di diritti umani”, recita l’articolo 202 del Codice Penale.
Ma la discriminazione è comune nella vita quotidiana della popolazione indigena del Guatemala.
“Il regolamento del Codice Penale al momento non consente di provare molti dei reati”, sostiene Dilia Palacios, titolare della Commissione Presidenziale contro la Discriminazione e il Razzismo (CODISRA).
Il sistema giudiziario richiede prove del fatto che le vittime sono state oggetto di abusi razzisti, come la dichiarazione di testimoni, cosa che è molto difficile da ottenere, in casi come quelli di Marta e di altre lavoratrici domestiche.
“In primo luogo bisogna convincere il Pubblico Ministero che è stato commesso un reato e che deve essere aperta una indagine. La discriminazione deve essere provata; altrimenti le autorità dicono che è semplicemente un “problema” che deve essere risolto per mezzo della conciliazione”, ha precisato Xiomara Vásquez, consulente legale di CODISRA.
In casi come quello di Marta, difficilmente le vittime ottengono le prove o le testimonianze, e ciò rende impossibile portare in giudizio chi ha commesso quelle azioni. “Ci sarebbe bisogno di un registratore, una cinepresa, o un video che permettesse di avere la certezza di ciò che qualcuno ha detto o ha fatto. Diventa molto difficile per la nostra cliente e per noi dimostrarlo”, ha detto Socoy. 
Un altro ostacolo perché i casi di discriminazione siano portati in giudizio è che devono essere vincolati ad un altro reato, dice, dato che il Pubblico Ministero non considera la discriminazione come una offesa grave.
Cristian Otzin, un altro consulente legale di CODISRA, aggiunge che la pena massima per il reato di discriminazione  è di tre anni di carcere.
Secondo Vásquez, i pochi casi che sono arrivati ai tribunali hanno richiesto l’intervento di esperti della cultura indigena – conosciuta come perizia culturale – che permette al giudice di comprendere il bagaglio culturale della vittima e l’importanza di alcune parole o azioni.
Senza dubbio, il costo di questo intervento peritale è all’incirca di 10.000 quetzales (1.200 dollari USA), costo di cui si deve fare carico il Pubblico Ministero, sebbene le autorità frequentemente si negano e demandano il pagamento alla vittima.  Considerando che il salario minimo in Guatemala è di 1.800 quetzales ($220) al mese, è praticamente impossibile che le vittime possano assumersi questo costo; per quello, nella maggior parte dei casi che sono arrivati in tribunale, le vittime hanno ottenuto aiuto finanziario e legale da parte di organizzazioni non governative per i diritti umani o da istanze governative come CODISRA.
“I meccanismi e le forme per valutare questo reato previsto dalla legislazione sono difficili; c’è bisogno di grandi sforzi”, ha affermato Socoy.
Secondo Palacios “c’è ancora bisogno di un lungo cammino per fare prendere coscienza del problema non solo alla società ma anche agli operatori giuridici perché siano sensibili di fonte a questo tipo di delitto”.
Senza dubbio, una serie di casi emblematici sono raggi di speranza per le vittime della discriminazione razziale come Marta.
Palacios cita due recenti casi che sono stati portati in tribunale con successo sulla base della legge contro la discriminazione con l’appoggio di CODISRA: quello di una lavoratrice che è stata obbligata a smettere di indossare il suo abito tradizionale maya quiche per vestire una uniforme e quello di una bambina in età scolara della città di Quetzaltenango, che è stata obbligata a non indossare i suoi abiti tradizionali per andare a scuola.
Secondo il politico maya Alvaro Pop, questi casi dimostrano che c’è ancora molto da fare perché si comprenda l’impatto della discriminazione e perché questo sia preso in considerazione dalle autorità, “quello che abbiamo ottenuto negli ultimi 20 anni nel complesso della riforma dello stato sul questo tema è molto di più di quanto è successo negli ultimi 200 anni”.
Louisa Reynolds, Noticias Aliadas, 08/04/2010