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martedì 12 gennaio 2010

27 - RAPPORTO DOYLE - 1 -

Il 16 luglio 1982 l’esercito del Guatemala lanciò una operazione militare contro insurrezionale nell’area Ixil, El Quichè. Lo scopo dell’offensiva era, secondo il piano originale, portare avanti “operazioni contro insurrezionali e psicologiche” nell’area delle operazioni della “Task Force Gumarcaj” per “sterminare gli elementi sovversivi della zona”. La campagna si protrasse fino al 19 agosto, e coinvolse ufficiali e truppe di varie unità delle Forze Armate.

L’operazione militare propriamente detta fu realizzata dal Primo Battaglione di Paracadutisti della Base militare delle Truppe Paracadutiste “Generale Felipe Cruz”, che si spostò via terra dalla sede di Puerto San Josè, Escuintla, verso la zona militare di Huehuetenango, dove iniziò due giorni dopo le operazioni offensive e psicologiche ordinate, allo scopo di dare maggiore forza alle operazioni della FT Gumarcaj nell’area di propria responsabilità e in coordinamento con questa Forza, che fornì l’appoggio logistico richiesto dal Comando dell’operazione Sofia.

I documenti dell’Operazione Sofia non si riferiscono esplicitamente alla commissione di massacri. Ma l’offensiva avvenne quando l’altopiano era nel pieno della guerra, in un momento e in una zona del paese nella quale – secondo le cifre della Commissione per il Chiarimento Storico – la maggior parte delle vittime subirono le brutalità della contro insurrezione. Questo fu il risultato di tattiche di guerra che erano state decretate per causare il massimo danno e distruzione non solo ai combattenti dei gruppi armati dell’opposizione ma anche alle comunità civili di tutta la regione. Per questo motivo Sofia è una operazione militare significativa per comprendere i modelli di azione dell’Esercito del Guatemala nella commissione di crimini durante il conflitto.  

L’importanza di questa operazione in relazione alla istanza – di tutte le operazioni contro insurrezionali effettuate dall’Esercito durante il periodo rilevante per il caso – è che abbiamo l’archivio militare di tutta la realizzazione delle operazioni, dall’inizio fino al giorno conclusivo. L’archivio, composto da 359 fogli, include l’ordine iniziale di lanciare l’offensiva, il Piano delle operazioni, messaggi e trasmissioni tra le unità, relazioni periodiche sui risultati, fino alle relazioni delle pattuglie scritte a mano sul campo. Queste informazioni ci danno una immagine molto precisa della intenzionalità del danno e delle sofferenze causate alle comunità indigene Ixil dall’Esercito nel corso della campagna per sradicare i gruppi armati guerriglieri.

Ci permette di comprendere anche concretamente come si svolgevano le operazioni di questa natura durante il periodo più violento del conflitto, le azioni militari tipiche di queste operazioni e il flusso delle comunicazioni. Alla fine, i documenti dell’Operazione Sofia ci permettono di concludere con sicurezza e chiarezza che la catena di comando era in funzione in ogni momento, e che l’Alto Comando – che in quel periodo comprendeva il Presidente, Comandante Generale dell’Esercito e Ministro della Difesa de facto Efraín Ríos Montt e il viceministro della Difesa Nazionale Oscar Humberto Mejía Víctores, entrambi imputati in questo caso – era perfettamente a conoscenza delle operazioni sul campo.

(Kate Doyle, in The National Security Archive)