I nostri antenati, originari della costa del sud del Guatemala, dell’Oriente, dell’Alta Verapaz, di Huehuetenango e di altre regioni del paese, spinti dalla mancanza di terra, dalla fame e dai programmi dei diversi Governi della Repubblica, molti anni fa sono arrivati qui nel Petén ed hanno abitato questa terra con le proprie famiglie ed i propri sforzi.
Ora molti dei nostri padri, noi stessi e le nostre comunità, siamo stati sfollati dalla guerra in altre terre più al nord, nello stesso territorio del Peten. E’ così che la nostra storia, le storie delle nostre comunità, sono piene di concentrazioni, spostamenti, sradicamenti e trasferimenti forzati uno dopo l'altro, in varie parti del paese.
Ecco perché, signori, non dovrebbe essere difficile per voi capire che una volta per tutte chiediamo di rimanere e vivere nella terra che ci è abbiamo abitato, nella quale abbiamo versato sudore e sangue, acquisita di diritto e che non siamo disposti ad abbandonare.
E’ anche per questo che ci siamo uniti davanti al governo, alla comunità nazionale ed internazionale, per denunciate quello che segue:
- Le politiche pubbliche dello Stato guatemalteco di rendere invisibili tanto l’esistenza delle nostre comunità, come la resistenza del nostro popolo, nell’area della Laguna del Tigre, del municipio de San Andrés, della Sierra Lacandón e Ruta Bethel, del municipio de La Libertad, e del dipartimento della riserva, coprendo in tal modo la nostra esistenza, nascondendo i nostri diritti politici, sociali, economici, culturali e umani che proteggono gli individui e le comunità.
- Se ci viene negato il diritto alla nostra terra, lavorata da noi stessi, se ci viene negato il diritto politico, dato che a molte delle nostre comunità non è permesso fare costruzioni in muratura, né di avere Consigli Comunitari per lo sviluppo di secondo livello, ne di avere sindaci ausiliari e pertanto non ci è permesso neppure di svilupparci. La sola cosa che viene permessa a migliaia di persone è sopravvivere fino ad essere sfrattati e trasportati in altri luoghi.
- Dalle autorità competenti ci è stato negato e ci viene negata ora, sia la partecipazione politica delle persone che il riconoscimento giuridico delle nostre comunità, ed il diritto ad una vita degna con servizi quali educazione e salute.
- Denunciamo l’usurpazione della nostra terra e la concentrazione della stessa per lo sviluppo di megaprogetti, come le grandi monoculture e i grandi allevamenti di bestiame, restringendo ogni giorno di più le terre disponibili per la sopravvivenza della popolazione della riserva, deviando i fiumi ed esaurendo le fonti di acqua, per mezzo delle perforazioni di pozzi meccanici, come nel caso delle grandi piantagioni di papaya nella Ruta Bethel e Áreá Central.
- Denunciamo allo Stato guatemalteco le mega piantagioni di teak che coprono una gran parte del municipio della Libertad e l’esaurimento della laguna La Gloria e de Las Cuaches, sempre nel municipio de La Libertad, come le grandi semine di palma africana, in altre aree del dipartimento della riserva.
Nessuna delle nostre comunità è stata ufficialmente informata dell’istallazione dei megaprogetti e, peggio ancora, nessuna delle nostre comunità è stata consultata per l’istallazione e lo sviluppo degli stessi. E’ così che nelle comunità dove noi viviamo, lo Stato e le imprese, violano totalmente il diritti all’informazione dei nostri popoli e delle comunità, così come il diritto ad essere consultati per i progetti che, in forma diretta ed indiretta, ci riguardano, obbligandoci a cambiare vita e violando la nostra dignità. Il diritto di accesso all'informazione e alla consultazione al momento sono legge dello Stato del Guatemala.
- Denunciamo la realizzazione di megaprogetti come il 4 Balam, la realizzazione di progetti di infrastruttura come la strada dal Ceibo a Flores, così come la realizzazione dei 5 progetti idroelettrici sul fiume Usumacinta che sarà determinante per l’acqua del fiume della Pasion, concessioni petrolifere e minerarie effettuate sia nel comune di San Andres e La Libertad.
- Stavamo già vivendo e risiedevamo nella Sierra Lacandón e nella Laguna della Tigre quando, né informati né consultati, il governo stabilì la Legge delle Aree Protette, attualmente non ci è permesso di progettare, partecipare come popolazione né come comunità, all’amministrazione e sviluppo di questa area protetta, cosa che sarebbe compresa nelle stessa legge, l'unica opzione che ci è data è quella di abbandonare le nostre terre.
- Siamo molto preoccupati per la legge della Inamovibilità della Finca 292, nel Petén, che occupa cinque municipi, in particolare nell’Area de Amortiguamientos della Libertad, poiché la maggior parte delle nostre comunità sta cercando di legalizzare la proprietà della terra, e questa impedisce ed arresta il processo di certezza giuridica della stessa.
- gli sfratti forzati realizzati nelle comunità La Colorada, San Andrés, El Florido e Centro I de La Libertad e San Andrés, e la mancanza di controllo da parte delle autorità della giusta applicazione della legge. Questi sfratti sono stati realizzati senza approfondire la possibilità di dialogo con le popolazioni e senza prevedere una nuova ubicazione delle stesse comunità, come prevedrebbe la legge. Cioè sfratti violenti e in un solo colpo ovunque, senza nessun tipo di assistenza, senza nessuna consegna di terra alla comunità sfrattata.
- Denunciamo anche le minacce pubbliche di sfratto contro le 37 comunità della Laguna del Tigre, effettuate dal presidente della Repubblica Alvaro Colom, il giorno 23 luglio 2010 a Santa Elena, Peten.
In queste dichiarazioni si accusano le 37 comunità, che popolano la Laguna del Tigre, di danni all’ambiente, si qualificano come popolazione che ha invaso, al tempo stesso si prolungano i contratti di sfruttamento della compagnia petrolifera Perenco, la quale, perforando i propri pozzi nella zona centrale dell’area protetta, causa danni irreparabili all'ambiente.
- Denunciamo lo spiegamento dell’Esercito, annunciato per il prossimo 15 settembre, per la pubblica sicurezza e la militarizzazione dei municipi de La Libertad e San Andres, così come la criminalizzazione delle comunità della Laguna del Tigre, vincolandole con i proprietari dei grandi allevamenti di bestiame e con le bande del crimine organizzato, che si sono potuti stabilire nell’area grazie alla compiacenza dell’Esercito che ne controlla l’accesso, poiché amministrano il traghetto sul fiume San Pedro.