mercoledì 31 agosto 2011
508 - MUNICIPI SI UNISCONO CONTRO LE MINIERE DI METALLI IN GUATEMALA
Le autorità di Casillas, Santa Rosa, si sono aggiunte ad altri due municipi di quel dipartimento, che non vogliono che la miniera San Rafael proceda all’esplorazione e allo sfruttamento dei minerali. Recentemente hanno portato a termine una consultazione comunitaria nella quale il 98,61% della popolazione ha respinto quell'attività con il proprio voto.
5.264 cittadini si sono dati appuntamento la scorsa domenica nei centri di votazione che aveva organizzato il il Consiglio Municipale, con l'appoggio del Collettivo Ecologico Madre Selva, il Consiglio Diocesano di Difesa della Natura (CODIDENA), ed il Centro per l'Azione Legale, Ambientale e Sociale (CALAS), entità che hanno promosso il procedimento.
La Miniera San Rafael è filiale della canadese Tahoe Resources, multinazionale sorella di Gold Corp, nei municipi di San Miguel Ixtahuacán e Sipacapa, San Marcos. La multinazionale ha previsto un rendimento di approssimativamente 100 milioni di once di argento, con possibile aumento con la scoperta di altre 176 milione di once; in aggiunta sfrutterebbero oro, piombo e zinco. La sua principale fonte di acqua sarebbe il fiume Los Escalvos, uno dei più importanti del Guatemala per la sua ubicazione e la rifornire di acqua le popolazioni di tre dipartimenti nel sud-oriente del paese.
Fonte: Cerigua
Adital,19/08/2011
507 - MUNICIPIOS SE UNEN CONTRA MINERÍA DE METALES EN GUATEMALA
Las autoridades de Casillas, Santa Rosa, se sumaron a otros dos municipios de ese departamento, que no quieren que la minera San Rafael explore y explote minerales. Recientemente llevaron a cabo una consulta comunitaria donde el 98.61 por ciento de la población rechazó esa actividad a través de su voto.
Cinco mil 264 ciudadanos y ciudadanas se dieron cita el pasado domingo en los centros de votación que instaló el Consejo Municipal con el apoyo del Colectivo Ecológico Madre Selva, el Consejo Diocesano de Defensa de la Naturaleza (CODIDENA) y el Centro para la Acción Legal, Ambiental y Social (CALAS), entidades que han asesorado el proceso.
La Minera San Rafael, subsidiaria de la canadiense Tahoe Resources, transnacional hermana de Gold Corp, en los municipios de San Miguel Ixtahuacán y Sipacapa, San Marcos. La transnacional ha pronosticado un rendimiento de aproximadamente 100 millones de onzas de plata, con posible ampliación de descubrimiento de otras 176 millones de onzas; adicionalmente explotarían oro, plomo y zinc. Su principal fuente de agua sería el río Los Esclavos, uno de los más importantes de Guatemala por su ubicación y el abastecimiento para las poblaciones de tres departamentos en el sur-oriente del país.
Fuente: Cerigua
Adital,19/08/2011
domenica 21 agosto 2011
506 - ALTERAZIONI NELLA PORTATA DEL RIO XALBAL
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Il rio Xalbal, che scorre al sud est di Ixcan, sta subendo alterazioni repentine alla sua portata. Fino a poco fa, questo luogo era un piccolo deserto, coperto di pietre di ogni misura, ma da un momento all’altro si è inondato di acqua. Una situazione che è iniziata tra anni fa.
“Quindici minuti fa, la prima misurazione si è abbassato di ¾, ma in un’ora è arrivato ad abbassarsi in media di 5-6 varas ( 1 vara = 83 cm ), la portata del fiume si è molto ridotta”.
In varie occasioni questo fiume cresce in modo velocissimo, causando rischi alla vita degli abitanti.
“Sta crescendo rapidamente, stavo scomparendo dentro l’acqua, si porta via la mia biancheria da lavare”.
“A volte andiamo al fiume con i nostri bambini, per esempio a me sono sfuggiti alcune volte i bambini nel fiume, questo non lo vogliamo”.
Quotidianamente troviamo pesci, uccelli, animali selvatici morti sulla sabbia del fiume.
I danneggiati segnalano che queste alterazioni sono l’effetto della Hidro Xacbal, ubicata nel municipio di Chajul, 20 chilometri a nord risalendo il fiume.
“Non vogliamo la centrale, perché ci danneggia molto, il fiume cresce, si sporca, non possiamo lavare, i nostri bambini rischiano di essere trascinati via da un momento all’altro”.
(reportage di Santiago Botòn).
giovedì 18 agosto 2011
505 - CRITICHE IN SEGUITO ALLA MORTE DI UN CONTADINO DURANTE UNO SGOMBRO
Il 20 luglio scorso, contadini delle Associazione Brisas del Samalá hanno presentato una denuncia alla Oacnudh, ed il 27 dello stesso mese hanno informato che ieri sarebbe avvenuto uno sgombro. Gli agenti hanno lanciato bombe lacrimogene contro i manifestanti, che sono stati fatti così retrocedere. Lavoratori della proprietaria, Gladys Dubón, hanno bruciato le abitazioni provvisorie dei contadini, per evitare che ritornassero. Gli abitanti hanno assicurato che più di 450 agenti della Polizia Nazionale Civile e circa 60 membri dell'Esercito sono entrati in quella proprietà, tra le ore 7,15 e le 9,50, era già avvenuto lo scontro, nel quale morì Sergio de Leon, e gli agenti delle Forze Speciali Poliziesche Mynor García, Nery Chocoj e Hember Alvarado sono stati feriti. Alberto Brunori, rappresentante dell'Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani (Oacnudh) per il Guatemala, il conflitto è sorto per questioni lavorative.
"I contadini si trovavano nell'impossibilità di continuare a lavorare e pagare la terra." Secondo Brunori, quello è un problema simile a quello successo nella Valle del Polochic, Alta Verapaz, dove "scacciarono i contadini senza nessun piano alternativo". Sergio Morales, procuratore dei Diritti umani, ha spiegato che quelle azioni si devono alla mancanza di una politica agraria, malgrado gli accordi di pace stabiliscano la raccolta di fondi destinati all'acquisto, affitto e finanziamento di terre per coloro che non ne hanno. Álvaro Ramazzini, segretario dell’Ufficio Comunicazione della Conferenza Episcopale del Guatemala, ha detto: "Sono fatti deplorevoli, soprattutto quando si perdono vite umane. Evidenziano che il tema della terra e le domande contadine, nonostante i tavoli di dialogo, non è stato risolto." Gli agenti della Polizia si sono riuniti alle ore 6 nel campo di calcio di Santa Croce Muluá, ed un'ora dopo sono entrati nella proprietà, accompagnati dal giudice di Pace Nery Ariani e da rappresentanti della Procura di Diritti umani. Felipe Mejía, commissario di Retalhuleu, ha detto che l'ordine era di allontanare i contadini e catturarli, ma questi sono fuggiti. “Ci hanno attaccato con pietre e machete, e hanno ferito tre agenti, che sono stati trasportati all'ospedale." (S. Valdez/J Lara/Rolando Miranda. PL)
Incidencia democratica 29/07/2011
504 - MUERTE DE CAMPESINO DURANTE DESALOJO GENERA FUERTE CRÍTICA
El 20 de julio último, campesinos de la Asociación Brisas del Samalá presentaron una denuncia en la Oacnudh, y el 27 del mismo mes informaron que ayer se daría un desalojo. Los agentes lanzaron bombas lacrimógenas contra los inconformes, que los hicieron retroceder. Trabajadores de la propietaria, Gladys Dubón, quemaron las viviendas temporales de los campesinos, para evitar que regresaran. Pobladores aseguraron que más de 450 agentes de la Policía Nacional Civil, PNC, y unos 60 efectivos del Ejército ingresaron en esa finca, a eso de las 7.15 a 9.50 horas, ya se había registrado el enfrentamiento, en el cual murió Sergio de León, y los agentes de las Fuerzas Especiales Policiales Mynor García, Nery Chocoj y Hember Alvarado resultaron heridos. Alberto Brunori, representante de la Oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos, Oacnudh, para Guatemala, el conflicto surgió por cuestiones laborales. “Los campesinos se encontraban en la imposibilidad de seguir trabajando y pagando la tierra”. Según Brunori, ese es un problema parecido al ocurrido en el Valle del Polochic, Alta Verapaz, de donde “echaron a los campesinos sin ningún plan alternativo”. Sergio Morales, procurador de los Derechos Humanos, expuso que esas acciones se deben a la falta de una política agraria, a pesar de que los acuerdos de paz establecen la concentración de fondos destinados a la compra, arrendamiento y financiamiento de tierras para quienes no tienen. Álvaro Ramazzini, secretario de Comunicación de la Conferencia Episcopal de Guatemala, expresó: “Son hechos lamentables, sobre todo cuando se pierden vidas humanas. Evidencian que el asunto de la tierra y demandas campesinas, a pesar de las mesas de diálogo, no ha sido resuelto”. Los agentes de la Policía se reunieron a las 6 horas en el campo de futbol de Santa Cruz Muluá, y una hora después entraron en la finca acompañados del juez de Paz Nery Arias y representantes de la Procuraduría de Derechos Humanos. Felipe Mejía, comisario de Retalhuleu, dijo que la orden era desalojar a los campesinos y capturarlos, pero estos huyeron. “Nos atacaron con piedras y machetes, e hirieron a tres agentes, que fueron trasladados al hospital”. (S. Valdez/J. Lara/Rolando Miranda. PL)
Incidencia democratica 29/07/2011
venerdì 12 agosto 2011
503 - CHIUSURA DELLA MINIERA MARLIN COSTEREBBE Q389 MILIONI
Il recupero ambientale dell'area della miniera Marlin, in San Marcos, richiederà 389 milioni di quetzals quando smetterà di operare, segnalò monsignor Álvaro Ramazzini alla presentazione di un studio svolto da ingegneri statunitensi, mentre l'impresa assicura che si effettua già una chiusura parallela.
Ramazzini, vescovo di San Marcos, ha informato che lo studio è stato effettuato da professionisti dell'Unitarian Universalist Service Committee degli Stati Uniti (Uusc, in inglese), in cooperazione con la Commissione Pace ed Ecologia della diocesi si San Marcos, al fine di raccogliere dati per mostrare l'impatto dell'attività estrattiva mineraria.
Lo studio è stato presentato in una conferenza stampa da Robert H. Robinson, direttore dell'Uusc, che ha sottolineato come i Q389 milioni per la chiusura della miniera devono essere visti come il valore del rischio ambientale a carico del paese in caso che l'impresa non esegua il recupero ambientale.
Il professionista ha segnalato che i dubbi sorgono perché secondo i documenti pubblici di Goldcorp, impresa proprietaria della miniera Marlin, non c’è un piano di recupero e quella firma solo costituisce una garanzia di Q8 milioni per la chiusura della miniera, dalla quale si estrae oro ed argento.
Ha aggiunto che la voce più importante nella chiusura delle operazioni è il trattamento delle acque superficiali, che avrebbe un costo di Q96 milioni.
Steve Laudeman, ingegnere dell'Uusc, ha sottolineato che è stata anche fatta una valutazione delle case danneggiate e si è concluso che ciò è avvenuto come conseguenza dell'attività mineraria. Ha detto che non condivide i risultati di una anteriore valutazione governativa, che esime da responsabilità la miniera Marlin.
Lolita Pérez, del Consiglio dei Popoli Quichés, ha segnalato che le cifre previste per la chiusura mostrano la forma violenta come si impongono gli interessi economici sulle comunità.
Óscar Rosal, direttore del Settore minerario del Ministero dell’Energia e Miniere, ha affermato che c'è un monitoraggio permanente nella miniera rispetto all'uso dell'acqua e dei processi produttivi.
C'è una chiusura parallela
Mario Marroquín, direttore esecutivo di Goldcorp in Guatemala, ha affermato che c'è un piano di chiusura tecnico in marcia, che si porta avanti in maniera parallela alle operazioni minerarie, che in maggioranza estraggono oro.
Ha assicurato che l'impresa investe tra US$4 e US$5 milioni annuali in quei lavori di recupero, per non aspettare fino al fine delle operazioni. Ha aggiunto che si rivede il piano di chiusura, per includere le nuove tecnologie.
Ha enfatizzato che l'attività mineraria non è responsabile delle crepe nelle case; nonostante ciò, l'impresa offre accompagnamento alle entità statali che devono dare soluzioni ai danneggiati.
Prensa Libre, 28/07/2011
Ramazzini, vescovo di San Marcos, ha informato che lo studio è stato effettuato da professionisti dell'Unitarian Universalist Service Committee degli Stati Uniti (Uusc, in inglese), in cooperazione con la Commissione Pace ed Ecologia della diocesi si San Marcos, al fine di raccogliere dati per mostrare l'impatto dell'attività estrattiva mineraria.
Lo studio è stato presentato in una conferenza stampa da Robert H. Robinson, direttore dell'Uusc, che ha sottolineato come i Q389 milioni per la chiusura della miniera devono essere visti come il valore del rischio ambientale a carico del paese in caso che l'impresa non esegua il recupero ambientale.
Il professionista ha segnalato che i dubbi sorgono perché secondo i documenti pubblici di Goldcorp, impresa proprietaria della miniera Marlin, non c’è un piano di recupero e quella firma solo costituisce una garanzia di Q8 milioni per la chiusura della miniera, dalla quale si estrae oro ed argento.
Ha aggiunto che la voce più importante nella chiusura delle operazioni è il trattamento delle acque superficiali, che avrebbe un costo di Q96 milioni.
Steve Laudeman, ingegnere dell'Uusc, ha sottolineato che è stata anche fatta una valutazione delle case danneggiate e si è concluso che ciò è avvenuto come conseguenza dell'attività mineraria. Ha detto che non condivide i risultati di una anteriore valutazione governativa, che esime da responsabilità la miniera Marlin.
Lolita Pérez, del Consiglio dei Popoli Quichés, ha segnalato che le cifre previste per la chiusura mostrano la forma violenta come si impongono gli interessi economici sulle comunità.
Óscar Rosal, direttore del Settore minerario del Ministero dell’Energia e Miniere, ha affermato che c'è un monitoraggio permanente nella miniera rispetto all'uso dell'acqua e dei processi produttivi.
C'è una chiusura parallela
Mario Marroquín, direttore esecutivo di Goldcorp in Guatemala, ha affermato che c'è un piano di chiusura tecnico in marcia, che si porta avanti in maniera parallela alle operazioni minerarie, che in maggioranza estraggono oro.
Ha assicurato che l'impresa investe tra US$4 e US$5 milioni annuali in quei lavori di recupero, per non aspettare fino al fine delle operazioni. Ha aggiunto che si rivede il piano di chiusura, per includere le nuove tecnologie.
Ha enfatizzato che l'attività mineraria non è responsabile delle crepe nelle case; nonostante ciò, l'impresa offre accompagnamento alle entità statali che devono dare soluzioni ai danneggiati.
Prensa Libre, 28/07/2011
502 - CIERRE TÉCNICO DE LA MINA MARLIN, COSTARÍA Q389 MILLONES
La recuperación ambiental del área de la mina Marlin, en San Marcos, requerirá Q389 millones cuando deje de operar, señaló monseñor Álvaro Ramazzini al ser presentado un estudio a cargo de ingenieros estadounidenses, mientras la empresa asegura que ya se efectúa un cierre paralelo.
Ramazzini, obispo de San Marcos, informó que el estudio fue efectuado por profesionales del Unitarian Universalist Service Committee de Estados Unidos (Uusc, en inglés), en cooperación con la Comisión de Paz y Ecología de la diócesis marquense, con el fin de aportar datos para mostrar el impacto de la actividad extractiva minera.
El estudio fue presentado en una conferencia de prensa por Robert H. Robinson, director del Uusc, quien destacó que los Q389 millones para el cierre de la mina deben verse como el valor del riesgo ambiental que tiene el país en caso de que la empresa no haga esa recuperación.
El profesional señaló que las dudas surgen porque de acuerdo con los documentos públicos de Goldcorp, empresa propietaria de Marlin, no hay un plan de recuperación y esa firma solo pagó una fianza de Q8 millones para el cierre de la mina, de donde se extrae oro y plata.
Agregó que el rubro más importante en el cierre de operaciones es el tratamiento del agua superficial, que tendría un costo de Q96 millones.
Steve Laudeman, ingeniero del Uusc, destacó que también se hizo una evaluación de las casas agrietadas y se concluyó que es consecuencia de la actividad minera. Dijo que no comparte los resultados de una anterior evaluación gubernamental, la cual exime de responsabilidad a la mina Marlin.
Lolita Pérez, del Consejo de los Pueblos Quichés, señaló que las cifras para un cierre muestran la forma violenta como se imponen intereses económicos sobre las comunidades.
Óscar Rosal, director de Minería del Ministerio de Energía y Minas, afirmó que hay un monitoreo permanente en la mina respecto del uso del agua y de los procesos productivos.
Hay un cierre paralelo
Mario Marroquín, director ejecutivo de Goldcorp en Guatemala, aseveró que hay un plan de cierre técnico en marcha, el cual se ejecuta de manera paralela a la operación minera, que en su mayoría extrae oro.
Aseguró que la empresa invierte entre US$4 millones y US$5 millones anuales en esos trabajos de recuperación, para no esperar hasta el final de la operación. Agregó que se revisa el plan de cierre, para incluir las nuevas tecnologías.
Enfatizó que la actividad minera no es responsable de las grietas en las casas; no obstante, la empresa brinda acompañamiento a las entidades estatales que deben dar solución habitacional a los afectados.
Prensa Libre, 28/07/2011
martedì 9 agosto 2011
501 - IMPONGONO IL MASSIMO DELLA PENA AI MILITARI CHE COMMISERO IL MASSACRO DI LAS DOS ERRES
Il Tribunale Primero de Alto Riesgo ha emesso questo pomeriggio una storica sentenza di condanna contro quattro ex militari accusati di compiere il massacro nella comunità Las Dos Erres, Petén nel 1982, dove furono assassinate oltre 200 persone dall'Esercito del Guatemala. I responsabili di quel brutale fatto sono stati condannati oltre a 6.000 anni di prigione.
Gli accusati, Carlos Carías López, Daniel Martínez, Reyes Collin Gualip e Manuel Pop sono stati condannati a 30 anni di prigione per l'assassinio di ognuna delle vittime del massacro, per un totale di 6.030 anni. Il Tribunale ha deciso che quella pena dovrà essere compiuta in un periodo di 30 anni. Accusati di delitti contro i doveri di umanità, il Tribunal de Alto Riesgo ha imposto la pena di 30 anni di prigione non commutabili per ognuno degli imputati, mentre l'accusato Carías López affronterà sei anni in più per l'illecito di furto aggravato. In totale, Martínez, Collin Gualip e Pop sconteranno una pena di 6.060 anni di prigione, mentre Carías López una condanna di 6.066 anni, dopo essere stati riconosciuti responsabili del massacro. Il tribunale ha indicato che gli imputati erano assegnati come comisionados militares nella comunità Las Cruces e nell’abitato Las Dos Erres. Inoltre ha sottolineato che le vittime di quel fatto erano persone civili dedite all'agricoltura, e che il danno causato è irreparabile, e che oltrepassa ogni livello di sentimento umano. Inoltre hanno detto che risulta loro "inspiegabile" l'atteggiamento dei militari. Il Ministero Pubblico ha presentato una serie di prove contro gli ex militari, che consistevano nella testimonianza dell'ex kaibil César García Tobar, che ha indicato che i bambini sono stati assassinati con una mazza di ferro, con la quale li colpivano alla testa; inoltre, la relazione di Rodolfo Robles, generale di Divisione del Perù, che analizzò i documenti militari Victoria 82, Firmeza e quelli della Sicurezza Nazionale, e concluse che l'alto comando dell'Esercito ordinò di eseguire il massacro. Inoltre, la Procura ha dato credito alla testimonianza di vari parenti delle vittime e di perizie, tra le quali è rilevante una relazione psicologica che mostrò che il 60% dei sopravvissuti non è riuscito a superare il trauma di avere vissuto quel massacro.
La Hora, 02/08/2011
Gli accusati, Carlos Carías López, Daniel Martínez, Reyes Collin Gualip e Manuel Pop sono stati condannati a 30 anni di prigione per l'assassinio di ognuna delle vittime del massacro, per un totale di 6.030 anni. Il Tribunale ha deciso che quella pena dovrà essere compiuta in un periodo di 30 anni. Accusati di delitti contro i doveri di umanità, il Tribunal de Alto Riesgo ha imposto la pena di 30 anni di prigione non commutabili per ognuno degli imputati, mentre l'accusato Carías López affronterà sei anni in più per l'illecito di furto aggravato. In totale, Martínez, Collin Gualip e Pop sconteranno una pena di 6.060 anni di prigione, mentre Carías López una condanna di 6.066 anni, dopo essere stati riconosciuti responsabili del massacro. Il tribunale ha indicato che gli imputati erano assegnati come comisionados militares nella comunità Las Cruces e nell’abitato Las Dos Erres. Inoltre ha sottolineato che le vittime di quel fatto erano persone civili dedite all'agricoltura, e che il danno causato è irreparabile, e che oltrepassa ogni livello di sentimento umano. Inoltre hanno detto che risulta loro "inspiegabile" l'atteggiamento dei militari. Il Ministero Pubblico ha presentato una serie di prove contro gli ex militari, che consistevano nella testimonianza dell'ex kaibil César García Tobar, che ha indicato che i bambini sono stati assassinati con una mazza di ferro, con la quale li colpivano alla testa; inoltre, la relazione di Rodolfo Robles, generale di Divisione del Perù, che analizzò i documenti militari Victoria 82, Firmeza e quelli della Sicurezza Nazionale, e concluse che l'alto comando dell'Esercito ordinò di eseguire il massacro. Inoltre, la Procura ha dato credito alla testimonianza di vari parenti delle vittime e di perizie, tra le quali è rilevante una relazione psicologica che mostrò che il 60% dei sopravvissuti non è riuscito a superare il trauma di avere vissuto quel massacro.
La Hora, 02/08/2011
500 - IMPONEN PENAS MÁXIMAS A MILITARES QUE EJECUTARON MASACRE DE LAS DOS ERRES
El Tribunal Primero de Alto Riesgo emitió esta tarde una histórica sentencia condenatoria contra cuatro exmilitares que fueron acusados de ejecutar la masacre en la comunidad Las Dos Erres, Petén en 1982, donde fueron asesinadas más de 200 personas por el Ejército de Guatemala. Los responsables de ese brutal hecho fueron condenados a más de 6 mil años de prisión.
Los acusados Carlos Carías López, Daniel Martínez, Reyes Collin Gualip y Manuel Pop fueron condenados a 30 años de prisión por el asesinato de cada una de las víctimas de la masacre, lo que suma 6 mil 30 años. El Tribunal apuntó que esa pena deberá ser cumplida en un período de 30 años. Por delitos contra los deberes de humanidad, el Tribunal de Alto Riesgo impuso la pena de 30 años de prisión inconmutables para cada uno de los sindicados, mientras que el acusado Carías López enfrentará seis años más por el ilícito de hurto agravado. En total, Martínez, Collin Gualip y Pop enfrentarán una pena de 6 mil 60 años de cárcel, mientras que Carías López purgará una condena de 6 mil 66 años, tras haber sido hallados responsables de la masacre. El Tribunal apuntó que los sindicados estuvieron consignados como comisionados militares en la comunicad Las Cruces y el parcelamiento Las Dos Erres. Además dejó constancia que las víctimas de ese hecho eran personas civiles dedicadas a la agricultura, que el daño ocasionado es de carácter irreparable, y que rebasa todo nivel de sentimiento humano. Además dijeron que les resulta “inexplicable” la actitud de los militares. El Ministerio Público presentó una serie de pruebas contra los exmilitares, las cuales consistieron en el testimonio del exkaibil César García Tobar, quien indicó que los niños fueron asesinados con una almágana, con la cual les pegaban en la cabeza; además, el informe de Rodolfo Robles, general de División de Perú, quien analizó los documentos militares Victoria 82, Firmeza y el de Seguridad Nacional, y concluyó en que el alto mando del Ejército ordenó ejecutar la masacre. Además, la Fiscalía acreditó el testimonio de varios familiares de las víctimas y peritajes, entre los que destaca un informe psicológico que mostró que el 60 por ciento de los sobrevivientes no han logrado superar el trauma de haber vivido aquella masacre.
La Hora, 02/08/2011
lunedì 8 agosto 2011
499 - INQUINAMENTO DEL RIO COPON
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Per il secondo anno consecutivo il fiume Copón, ubicato al sud di Ixcan, sta scorrendo contaminato con fango e alcune sostanze chimiche, derivate dalla costruzione della idroelettrica Palo Viejo, situata a Cotzal, secondo le popolazioni danneggiate.
“Vediamo che l’acqua è torbida, la vita della nostra acqua si è deteriorata, l’acqua che noi Maya abbiamo qui.”
“L’acqua non ci serve più, l’acqua non si può più bere, non possiamo utilizzarla per lavarci, per lavare la biancheria, siamo molto preoccupati per questo impatto che stiamo vivendo”.
“Spesso non ci laviamo tutti i giorni, ma ogni due / tre giorni, perché c’è scarsità di acqua nel pozzo, non ci viene voglia di venire a lavarci alla riva del fiume, perché il fiume è sporco”.
Alle rive del fiume Copón vivono popolazioni maya Keq'chi che hanno oltre cento anni di storia in questo luogo.
“Al nostro fiume non era mai successo questo, da quando fu fondata questa comunità cento anni fa. Il problema è che stanno sporcando l’acqua, e lo stanno facendo i lavoratori dell’impresa ENEL, in Palo Viejo”.
(Reportage di Santiago Botón)
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Contaminan en rio Copòn,
Inquinamento del fiume Copòn
sabato 6 agosto 2011
498 - DOPO UN PROCESSO DI 17 ANNI EX MILITARI A GIUDIZIO PER MASSACRO
Dopo un complesso processo giudiziale di 17 anni, i parenti di oltre 250 persone assassinate nel 1982 da membri di un gruppo d’élite dell'Esercito del Guatemala, a partire da questo lunedì vedranno seduti di fronte ad un giudice quattro degli ipotetici responsabili di quel massacro.
L'Associazione dei Familiari dei Detenuti e scomparsi del Guatemala (Famdegua), che agisce come querelante nel processo e che ha appoggiati i parenti e i superstiti del massacro, benché indebolita a causa dell’"impunità" del sistema, non ha mai desistito dal cercare giustizia.
Aura Elena Farfán, direttrice di Famdegua, ha detto che questo sarà il primo giudizio che si realizza contro ex militari per uno dei 669 massacri collettivi perpetrati dalle forze di sicurezza dello Stato durante la guerra (1960-1996), per i quali ha chiesto l’ergastolo.
"Sono state oltre 250 le persone assassinate dai militari, delle quali, fino al momento, sono stati recuperati 223 cadaveri, che sono stati sepolti in fosse comuni", 113 dei quali erano di minori di età, ha precisato Farfán.
Gli ex militari che saranno processati dal Tribunal Primero de Alto Riesgo della capitale guatemalteca per questo massacro, perpetrato il 7 dicembre 1982, sono l'ex tenente Carlos Antonio Carías e gli ex istruttori Manuel Pop, Reyes Collin e Daniel Martínez.
I quattro facevano parte della forza élite Kaibil dell'Esercito del Guatemala, un'unità addestrata per combattere in condizioni avverse, e che riscosse fama a livello mondiale per le brutali esecuzioni e i massacri contro la popolazione civile non combattente durante la guerra interna.
Fino al momento, secondo Edgar Pérez, avvocato di Famdegua, sono stati catturati 7 dei 18 responsabili del massacro, avvenuto nella comunità Las Dos Erres, del municipio di La Libertad, nel dipartimento settentrionale del Petén.
Due sono detenuti negli Stati Uniti, e si attende che siano estradati nelle prossime settimane, mentre il terzo, il sub istruttore kaibil, Pedro Pimentel Ríos è stato recentemente estradato da quel paese lo scorso 12 Luglio.
Si prevede che queste tre persone saranno incluse nel processo durante il suo corso.
Due degli ex militari che componevano il gruppo che commise il massacro sono morti da anni, ed i restanti nove sono latitanti.
La Procura ha presentato decine di prove e perizie per dimostrare la responsabilità degli indagati, le quali saranno supportate dal racconto di 38 testimoni, tra essi vari superstiti.
I parenti delle vittime, superstiti e Famdegua, hanno iniziato le azioni legali per le indagini di questo massacro nel giugno 1994, ma i diversi stratagemmi legali e "la mancanza di volontà" delle autorità hanno rallentato il processo.
Il massacro
Il massacro è stato commesso durante il governo de facto del generale golpista José Efraín Ríos Montt, che è considerato il responsabile intellettuale del fatto, e contro il quale vi sono processi pendenti in Guatemala e Spagna per delitti di lesa umanità.
Il massacro di Las Dos Erres è uno dei 669 che ha documentato la Commissione per il Chiarimento Storico (CEH), nella relazione "Memorie del Silenzio” che ha reso pubblico nel 1999.
Prensa Libre, 25/07/2011
L'Associazione dei Familiari dei Detenuti e scomparsi del Guatemala (Famdegua), che agisce come querelante nel processo e che ha appoggiati i parenti e i superstiti del massacro, benché indebolita a causa dell’"impunità" del sistema, non ha mai desistito dal cercare giustizia.
Aura Elena Farfán, direttrice di Famdegua, ha detto che questo sarà il primo giudizio che si realizza contro ex militari per uno dei 669 massacri collettivi perpetrati dalle forze di sicurezza dello Stato durante la guerra (1960-1996), per i quali ha chiesto l’ergastolo.
"Sono state oltre 250 le persone assassinate dai militari, delle quali, fino al momento, sono stati recuperati 223 cadaveri, che sono stati sepolti in fosse comuni", 113 dei quali erano di minori di età, ha precisato Farfán.
Gli ex militari che saranno processati dal Tribunal Primero de Alto Riesgo della capitale guatemalteca per questo massacro, perpetrato il 7 dicembre 1982, sono l'ex tenente Carlos Antonio Carías e gli ex istruttori Manuel Pop, Reyes Collin e Daniel Martínez.
I quattro facevano parte della forza élite Kaibil dell'Esercito del Guatemala, un'unità addestrata per combattere in condizioni avverse, e che riscosse fama a livello mondiale per le brutali esecuzioni e i massacri contro la popolazione civile non combattente durante la guerra interna.
Fino al momento, secondo Edgar Pérez, avvocato di Famdegua, sono stati catturati 7 dei 18 responsabili del massacro, avvenuto nella comunità Las Dos Erres, del municipio di La Libertad, nel dipartimento settentrionale del Petén.
Due sono detenuti negli Stati Uniti, e si attende che siano estradati nelle prossime settimane, mentre il terzo, il sub istruttore kaibil, Pedro Pimentel Ríos è stato recentemente estradato da quel paese lo scorso 12 Luglio.
Si prevede che queste tre persone saranno incluse nel processo durante il suo corso.
Due degli ex militari che componevano il gruppo che commise il massacro sono morti da anni, ed i restanti nove sono latitanti.
La Procura ha presentato decine di prove e perizie per dimostrare la responsabilità degli indagati, le quali saranno supportate dal racconto di 38 testimoni, tra essi vari superstiti.
I parenti delle vittime, superstiti e Famdegua, hanno iniziato le azioni legali per le indagini di questo massacro nel giugno 1994, ma i diversi stratagemmi legali e "la mancanza di volontà" delle autorità hanno rallentato il processo.
Il massacro
Il massacro è stato commesso durante il governo de facto del generale golpista José Efraín Ríos Montt, che è considerato il responsabile intellettuale del fatto, e contro il quale vi sono processi pendenti in Guatemala e Spagna per delitti di lesa umanità.
Il massacro di Las Dos Erres è uno dei 669 che ha documentato la Commissione per il Chiarimento Storico (CEH), nella relazione "Memorie del Silenzio” che ha reso pubblico nel 1999.
Prensa Libre, 25/07/2011
497 - TRAS UN PROCESO DE 17 AÑOS EX MILITARES VAN A JUICIO POR MASACRE
Tras un tortuoso proceso judicial de 17 años, los familiares de las más de 250 personas asesinadas en 1982 por miembros de un grupo elite del Ejército de Guatemala, a partir de este lunes verán sentados frente a un juez a cuatro de los supuestos responsables de esa matanza.
La Asociación de Familiares de Detenidos-Desaparecidos de Guatemala (Famdegua), que actúa como querellante adherido al proceso y que ha asesorado a los familiares y supervivientes de este hecho, aunque flaqueó muchas veces debido a lo que han denominado "impunidad del sistema" , nunca renunció a buscar justicia.
Aura Elena Farfán, directora de Famdegua, dijo que este será el primer juicio que se realice en contra de ex militares por una de las 669 matanzas colectivas perpetradas por las fuerzas de seguridad del Estado durante la guerra (1960-1996), para los que pidió "cadena perpetua".
"Fueron más de 250 personas asesinadas por los militares, de los cuales, hasta el momento, se han logrado recuperar 223 cadáveres que fueron enterrados en fosas comunes" 113 de los cuales eran de menores de edad, precisó Farfán.
Los ex militares que serán procesados en el Tribunal Primero de Alto Riesgo de la capital guatemalteca por esta matanza, perpetrada el 7 de diciembre de 1982 son el ex teniente Carlos Antonio Carías y los ex sub instructores Manuel Pop, Reyes Collin y Daniel Martínez.
Los cuatro formaron parte de la fuerza elite Kaibil del Ejército de Guatemala, una unidad entrenada para combatir en condiciones adversas y que cobraron fama a nivel mundial por las brutales ejecuciones y matanzas en contra de la población civil no combatiente durante la guerra interna.
Hasta el momento, según Edgar Pérez, abogado de Famdegua, han sido capturados 7 de los 18 responsables de la matanza, ocurrida en la comunidad Las Dos Erres, del municipio de La Libertad, en el departamento norteño de Petén.
Dos se encuentran detenidos en los Estados Unidos, y se espera que sean deportados en las próximas semanas, mientras que el tercero, el sub instructor kaibil, Pedro Pimentel Ríos, recién fue extraditado de ese país el pasado 12 de julio.
Se prevé que estas tres personas sean incluidas en el proceso durante el desarrollo del juicio.
Dos de los ex militares que integraron el grupo que cometió la masacre fallecieron años atrás, y los restantes nueve se encuentran prófugos de la justicia.
La Fiscalía ha presentado decenas de pruebas y peritajes para demostrar la responsabilidad de los procesados, las cuales serán respaldadas con el relato de 38 testigos, entre ellos varios supervivientes.
Los familiares de las víctimas, supervivientes y Famdegua iniciaron las acciones legales para que se investigará esta masacre en junio de 1994, pero las diversas artimañas legales y "la falta de voluntad" de las autoridades fueron entrampando el proceso.
La matanza
La matanza fue cometida durante el gobierno de facto del general golpista José Efraín Ríos Montt, quien es considerado el responsable intelectual del hecho, y contra quien existe procesos abiertos en Guatemala y España por delitos de lesa humanidad.
La matanza de Las Dos Erres es una de las 669 que documentó la Comisión del Esclarecimiento Histórico (CEH) en el informe "Memorias del Silencio" que hizo público en 1999.
Prensa Libre 25/07/2011
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