mercoledì 28 aprile 2010
115 - LA VITA E LA PACE SONO POSSIBILI SE C’E’ GIUSTIZIA
La Diocesi di San Marcos vuole ricordare una volta ancora il crimine commesso contro Juan Josè Gerardi Conedera, vescovo identificato pienamente con la lotta per la pace e la giustizia; difensore infaticabile della vita e dei diritti fondamentali della persona umana e promotore risoluto dell’attività pastorale della Chiesa cattolica.
Questa commemorazione la facciamo ogni anno, per mantenere viva la memoria del suo esempio e della sua testimonianza, nella certezza che “Chi crede in Cristo, anche se muore, vivrà per sempre”.
Il vescovo Gerardi ha associato il suo ministero episcopale al mistero pasquale di Gesù Cristo, e ha camminato con il suo popolo lungo il sentiero della persecuzione, delle torture, delle sparizioni, dell’esilio, della morte, dei cimiteri clandestini, delle esumazioni. Si è sempre sforzato di seminare i semi della vita per ottenere un raccolto abbondante nella realizzazione di una società giusta e pacifica. È stato fedele alla missione affidata e realizzata dal Signore quando disse: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv. 10,10).
Dodici anni dopo l’assassinio di Monsignor Gerardi non dobbiamo dimenticare i 36 anni di guerra che ha sofferto il nostro paese, con la catena crudele e disumana di massacri, violazioni, torture e sequestri, azioni repressive che hanno generato terrore e paura nella popolazione e hanno disgregato ogni forma di organizzazione sociale e politica. In queste vicende, la chiesa cattolica ha sofferto molto.
Sfortunatamente nell’attualità la storia si ripete. Sono cambiate le circostanze ma non lo sfondo.
Le comunità e i leader impegnati per costruire un Guatemala differente, dove vi sia giustizia e benessere per tutti, soffrono molestie, persecuzioni, sono oggetto di critiche, attacchi verbali e scritti. Nella nostra regione vari leader difensori dei diritti delle loro comunità sono stati vilmente assassinati. Stiamo aspettando i risultati delle indagini perché la loro morte non rimanga impunita.
Secondo il dossier “Guatemala Mai Più”, nell’epoca del conflitto armato interno, furono molte le vittime che persero la vita (circa 200.000). Nella situazione attuale, senza essere in guerra, ci scontriamo con una violenza senza volto che si manifesta in differenti forme.
Secondo i dati nell’anno 2008 ci sono stati 6244 omicidi, che sono aumentati a 6498 nel 2009; negli anni 2000 - 2010 inizia a rafforzarsi il riciclaggio del denaro, l’attività dei sicari, il crimine organizzato, la diffusione della droga e la sua produzione su grande scala, che converte il Guatemala in un paese favorevole per le attività diffuse del narcotraffico.
Ha riflettere che, ad oggi, i problemi che hanno causato il conflitto armato ancora non siano stati risolti, perché sono problemi strutturali derivati da un sistema neoliberale che genera condizioni di diseguaglianza e di mancanza di rispetto della vita come: povertà (75% della popolazione), violenza, ingiustizia, impunità, razzismo, concentrazione della terra nelle mani di settori minoritari, mancanza di servizi di base adeguati e accessibili per la popolazione intera.
La maggior parte della popolazione e le organizzazioni sociali lottano per ottenere la tanto desiderata pace. Senza dubbio vi sono dei gruppi di potere preoccupati e che cercano unicamente di creare le condizioni necessarie perché in Guatemala si mantenga il potere dei diritti individuali a scapito del bene comune, cosa che genera più esclusione ed emarginazione, aggrava il razzismo e produce attacchi contro alcuni difensore dei diritti umani, particolarmente contro i diritti dei popoli indigeni, in relazione al territorio e allo sfruttamento delle risorse naturali. Lo Stato, tutelato da un sistema legale che privilegia in modo assoluto il diritto alla proprietà privata dimenticando la sua funzione sociale, consente l’uso del territorio per progetti economici che vanno a beneficio solo delle minoranze privilegiate di questo paese, dimostrato dalle 459 concessioni (259 di sfruttamento, 136 di esplorazione mineraria e 64 progetti idroelettrici). Ancora si dimentica il bene della persona e delle comunità radicate nel loro ambiente, per dare il primo posto al lucro e al guadagno.
Di fronte a questo scenario brevemente descritto, la Diocesi di San Marcos, nel quadro della commemorazione del dodicesimo anniversario dell’assassinio di Mons. Juan Josè Gerardi Conedera, a nome delle comunità che hanno sofferto e coerentemente con la scelta preferenziale per i poveri e gli esclusi, chiede:
AGLI ORGANI DELLO STATO GUATEMALTECO
a) di continuare le indagini per individuare chi furono gli autori intellettuali dell’assassinio del Vescovo Gerardi e di altri leader;
b) dichiarare ingiusti quei contratti tra lo stato guatemalteco e le imprese multinazionali o nazionali che cercano il proprio profitto e non dimostrano interesse per la cura dell’ambiente e il rispetto delle richieste delle popolazioni danneggiate da questi accordi;
c) promuovere nei centri educativi la conoscenza della storia autentica del nostro paese, specialmente degli anni recenti come lezione di vita per le attuali e le future generazioni;
d) promuovere la cultura della pace e il rispetto della vita;
e) applicare la giustizia per combattere l’impunità, appoggiando le iniziative della CICIG;
f) assicurare una vita degna alle famiglie contadine mediante l’approvazione della Legge sullo Sviluppo Rurale con il consenso delle organizzazioni contadine.
ESORTIAMO LA POPOLAZIONE IN GENERALE:
a) a sviluppare una maggiore sensibilità di fronte alla problematica sociale, abbandonando l’indifferenza e l’individualismo;
b) ricordare il passato per imparare da esso, ed evitare la storia di dolore e si sofferenza che il paese ha vissuto;
c) A non perdere la speranza di un futuro migliore, confidando nella presenza di Gesù Risorto, che ci dona la sua pace.
Vogliamo terminare questo comunicato con il saluto pasquale del Signore Gesù Cristo: la pace sia con voi!
Mons. Alvaro Leonel Ramazzini Imeri
Vescovo di San Marcos