lunedì 7 giugno 2010
155 - ECHI DI AGATHA
E’ la prima tormenta della stagione. Si è formata del Pacifico, e da sud a nord è passata lasciando una traccia impregnata dell’odore di morte e desolazione in centinaia di comunità. Agatha si è aggiunta ai nomi di Stan e Mitch, e scrive una pagina dolorosa nella storia dei disastri, il cui scenario non finisce mai di essere ricostruito.
La tormenta che si è sviluppata lo scorso venerdì e che ha investito con forza il giorno successivo il Centro America, ci ha colti di sorpresa, e anche impreparati, dato che solo alcune ore prima il vulcano Pacaya aveva trasformato la città capitale e i municipi vicini in una enorme distesa di sabbia nera che minacciava inondazioni se non era raccolta immediatamente. I deboli sistemi di drenaggio e la sporcizia delle strade erano gli ingredienti ideali per una catastrofe sanitaria.
E, tra i disastri, quello più tragico: le perdite umane. Da giovedì 27 maggio fino ad oggi (4 giugno), la triste lista della morte la apre il giornalista Anibal Archila, reporter di Notisiete, che è morto in una pioggia di lava ai piedi del vulcano. SI Bien la sua morte è stata desolante, il tragico inventario aggiungeva poi delle cifre con l’arrivo di Agatha: l’ultimo bilancio ufficiale parlava di 156 morti.
Ventiquattro ore di pioggia e vento cominciati a partire dall’alba di sabato 30 maggio. I sistemi di allerta sono saltati e il paese è tornato a trovarsi scoperto di fronte alla furia naturale. Sono state due catastrofi in successione. Due schiaffi che hanno fatto rivivere vecchie – e vigenti – fragilità: il paese continua a non essere preparato per la prevenzione dei disastri.
Alcune istituzioni che integrano il sistema di emergenza hanno unito gli sforzi per contenere la furia del passaggio di Agatha; le stime ufficiali vanno aggiungendo cifre critiche, che fino al momento segnalano che 38.828 persone sono state ospitate in alloggi provvisori e il numero di evacuati raggiunge i 155.185.
Nei mezzi di comunicazione sociale internazionali le immagini erano desolanti e il flashback dell’uragano Mitch ha riaperto vecchie ferite. Lo stesso presidente Alvaro Colom riconosceva che i danni alle infrastrutture superavano quelli causati da quell’uragano nel 1998.
Questa volta, varie strade sono state interrotte da frane e smottamenti. Il Ministero delle Comunicazioni ha segnalato 17 ponti totalmente distrutti. Ma non sono state solo le vie terrestri ad essere colpite, anche l’aeroporto Internazionale La Aurora è chiuso sia in entrata che in uscita da giovedì scorso.
Tra cenere e pioggia, il traffico aereo è stato sospeso fino alle 12 di martedì, o almeno così prevedevano le autorità.
La sospensione delle classi continua solo in capitale e Escuintla. Nei dipartimenti saranno le direzioni dipartimentali dell’educazione che prenderanno le decisioni sulla base della situazione delle loro comunità. “Per questo, il Petèn sarà il primo dipartimento che riprenderà immediatamente le classi” ha detto il Governo in un comunicato stampa.
Tuttavia, tra tante calamità, le mani amiche hanno offerto una carezza solidale. I guatemaltechi si sono organizzati per trasportare gli aiuti e raccogliere viveri per consegnarli alle persone che vivono nel 171 alloggi provvisori abilitati in tutto il paese.
Allo stesso modo, gli aiuti internazionali cominciano a dare frutti. È previsto l’arrivo di elicotteri dalla Colombia, Messico e Honduras – anche questo paese ha sofferto danni per la tempesta – e la Banca Interamericana per lo Sviluppo (BID) ha offerto un prestito non rimborsabile di 400 milioni di dollari.
Le ore passano e l’eco di Agatha va trasmettendo un messaggio di protesta urgente. Mentre il Guatemala rimane immerso nel fango e nella desolazione, un lavoro di ricostruzione effettivo e a scopo preventivo metterà a prova le autorità, per prepararsi, perché questo periodo di uragani che è appena iniziato non aggiunga più tristezza a questo inventario di danni.
(Prensa Libre, 5 giugno 2010)