Benvenuti nel blog “Orizzonte Guatemala”! Siamo un gruppo di amici del Guatemala e con questo strumento di comunicazione e condivisione vogliamo contribuire a fare conoscere l’attualità di questo bellissimo paese, al quale ci legano vincoli di amicizia e di solidarietà con tanti amici guatemaltechi.


venerdì 2 luglio 2010

182 - LA SFIDA DI ESSERE DONNA IN GUATEMALA

Il femminicidio è una delle forme più brutali di violenza contro il sesso femminile in tutto il mondo. Il paese centroamericano è il secondo dove si registra il tasso più alto di casi.
Nascere donna è motivo "sufficiente" per essere assassinata. Il Guatemala è il secondo paese dell'America Latina - dopo il Messico - col tasso più alto di violenza contro le donne. Tale è la gravità di questo fatto che nel 2009 sono state assassinate 877 donne guatemalteche, una media di tre vittime al giorno. Queste cifre evidenziano la necessità di una "emergenza nazionale", come così segnala Walda Barrios, consigliere consulente dell'Unione Nazionale di Donne guatemalteche (Unamg).
Il femminicidio è il termine col quale si conosce questo atto, nel quale si assassinano donne per il semplice fatto di essere donne. Questa è una delle forme più brutali di violenza contro il sesso femminile di tutto il mondo, nel quale oltre ad essere assassinate, le donne sono sequestrate, violentate e torturate.
Benché la violenza contro la donna sia un fenomeno sociale e storico le cui basi si trovano fortemente radicate nelle strutture sociali, culturali, politiche ed economiche del paese, il femminicidio non è stato definito come tale fino all'anno 2006 in Messico.
Nella sua definizione letterale - "insieme di delitti di lesa umanità che contengono i crimini, i sequestri e le sparizioni di bambine e donne in un quadro di collasso istituzionale" -, può comprovarsi che questo problema evidenzia una frattura dello Stato di diritto che favorisce l'impunità.
Malgrado il femminicidio sia un concetto relativamente nuovo, la sua importanza è radicata nella possibilità di caratterizzare una situazione invisibile: i crimini contro le donne, come l'espressione più terribile della violenza che vive il sesso femminile, per appartenere ad una cultura patriarcale come la guatemalteca.
Si tratta di un problema abbastanza complesso, che bisogna analizzare tenendo in conto variabili che permettano di osservare i differenti scenari di potere, controllo e subordinazione, nei quali le donne sono assassinate. Parlare di femminicidio evidenzia un nucleo non riconosciuto in questo tema, la misoginia (odio alla donna).
La situazione del Guatemala è particolarmente grave per l’ampiezza del fatto. Benché siano molti gli sforzi che si stanno realizzando dallo Stato e dalla società civile, tra i quali sottolinea la collaborazione di associazioni come Aieti (Associazione di Investigazione e Specializzazione su Temi Ibero-americani), che lavorano per combattere la violenza di genere; la realtà è che gli sforzi sono ancora insufficienti, poiché non hanno generato cambiamenti profondi né trasformazioni strutturali che contribuiscano a ottenere l'accesso alla giustizia per le donne.
Durante il periodo dal 2005 al 2007 si scoprirono 1.840 casi di violenza, dei quali solo 43 furono condannati. Cioè, esiste circa il 97% di impunità nei casi di femminicidio del Guatemala. È una percentuale che sta generando una cultura di terrore nella popolazione femminile, e questo finisce per essere una strategia del mondo patriarcale per espellere le donne degli spazi pubblici e ricollocarle nella sfera della vita privata.
Nonostante l’esistenza di una quadro legale e di alcune teorie che regolano il femminicidio in Guatemala, in realtà manca la pratica, come afferma Carmen López, direttrice del Centro di Investigazione, Abilitazione ed Appoggio alla Donna del Guatemala. "Nel nostro paese si sanziona prima a un uomo per rubare una gallina, che uno che ammazza una donna".
Il profilo delle vittime del femminicidio è molto diverso, benché la maggiore percentuale si centri tra i 17 ed i 47 anni di età, in particolare riguarda la donna che studia o lavora, cioè, come segnala Walda Barrios "donne che lasciano la sfera domestica ed entrano nella vita pubblica", tutto ispirato dal pensiero patriarcale che il posto della donna è la casa.
Con gli assassinii delle donne che hanno questo profilo, ciò che cerca l'aggressore è "sostenere che se stiamo in altri spazi differenti dalla casa, la probabilità di essere assassinata è abbastanza alta", afferma Walda.
Davanti a questa situazione è necessario chiedersi che cosa fare in questo panorama tanto complesso. Ogni giorno sempre più donne sono assassinate, vittime di un problema di violenza strutturale: come affrontarlo? che cosa è necessario per porre fine ai femminicidi in Guatemala e Messico, renderli visibili, prevenirli e sanzionarli? come arrivare al loro sradicamento e alla formazione di una società caratterizzata dalla giustizia di genere, dove la cittadinanza delle donne non sia unicamente una questione di parole, ma una pratica reale? Trovare una risposta a queste questioni sembra una vera utopia, soprattutto in una società nella quale il crimine contro le donne va  aumentando, ed è il  correlato di una cultura che continua a subordinare le donne, dove la violenza si esercita come meccanismo di controllo e dominazione sociale.
Tuttavia, la lotta di associazioni ed istituzioni senza scopo di lucro, come Aieti, che si dedicano a lavorare per questo problema, è sempre maggiore. L'obiettivo principale è raggiungere un cambiamento di mentalità nella società e dare alla figura della donna il posto che gli appartiene dentro un contesto dove ora non ha capacità perché è immersa in una cultura patriarcale.
(Adital, 6/06/2010)