Gli stessi resti che, quindici anni dopo, nella notte tra venerdì e sabato, sono stati trasportati a spalla dalla cripta – dove erano stati sepolti – nella Plaza de la Constitución e da lì nel cuore della cattedrale guatemalteca. Riposeranno nella cappella di San Sebastián insieme a quelli dell’arcivescovo Próspero Penados, amico di Gerardi e, come lui, storico difensore dei diritti umani, morto nel 2005. Ad accompagnare la processione c’erano migliaia di guatemaltechi. Cattolici ma anche di altre confessioni o non credenti, per cui monsignor Gerardi continua ad essere una luce di speranza. Ora come e, forse, più di 15 anni fa, il Guatemala è immerso nelle tenebre dell’impunità e dell’intolleranza. Non solo i mandanti dell’assassinio del vescovo sono liberi. Impuniti sono pure la gran maggioranza dei crimini del conflitto. Il tentativo di process are l’ex dittatore Efraím Ríos Montt per il genocidio di migliaia di indigeni è stato bloccato dalla magistratura. Che, proprio in prossimità della sentenza, ha annullato il giudizio: un nuovo procedimento comincerà in autunno. In teoria. Perché in pratica i settori vicini all’ex generale e ai suoi gerarchi stanno realizzando una violenta campagna per impedire che sia finalmente fatta giustizia.
Con denunce inventate e minacce contro chi difende i diritti umani. In primis quei sacerdoti che continuano l’azione di monsignor Gerardi. Vari documenti d’accusa, con nomi e fotografie di questi preti, vescovi, religiosi scomodi, e delle organizzazioni che hanno creato, vengono diffusi in Rete e per le strade del Paese. L’ultimo caso sono i due inquietanti rapporti di una non meglio precisata “Fondazione anti-terrorismo”. In cui vari religiosi e associazioni cattoliche sono indicati come «fomentatori d’odio» e «nemici del Paese». Naturale che gli attivisti siano preoccupati. In tanti ricordano che elenchi analoghi venivano diffuse ai tempi della guerra civile insieme allo slogan «sii patriota, uccidi un prete». Anche stavolta alle intimidazioni si accompagnano le violenze: tra febbraio e aprile sono stati massacrati otto leader comunitari, le aggressioni sono oltre 300.
«Assistiamo a un costante mancanza di rispetto verso la vita umana», ha denunciato in un comunicato la Conferenza episcopale guatemalteca letto al termine della Messa per monsignor Gerardi. A celebrare la funzione è stato l’arcivescovo Oscar Julio Vian. Che ha definito il vescovo assassinato un «martire della pace». Un esempio per il Guatemala attuale. In cui continua ad echeggiare il suo grido: «Nunca Más» (Mai più).
Lucia Capuzzi
Fonte: http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/guatemala-chiesa-nel-mirino.aspx