Alla fine del conflitto, nel 1996, si è detto, e così è avvenuto, che la pace non è solamente il silenzio delle armi, ma l'uso di vie razionali per la ricerca dell'intesa. Inevitabilmente, una di quelle strade è il dialogo e la cui applicazione, come strumento, non è al momento in cui divampano i conflitti, bensì al momento nel quale l'interpretazione della realtà, sociale, economica, culturale e politica obbliga a prevenire l’inizio di fatti deplorevoli. Ma l'esercizio interpretativo, da parte di colui che per primo ne è obbligato, cioè lo Stato, è inesistente e per questo privilegia l'utilizzo della forza mediante i propri strumenti repressivi.
I 48 cantoni di Totonicapán, il giorno 4 ottobre, con il blocco delle strade volevano farsi ascoltare, semplicemente perché avevano esaurito tutti i meccanismi di richiesta di dialogo, che sono risultati invalidi davanti ai poteri economici e politici che oggi invocano insistentemente il rispetto della legge. Gli stessi che oggi si impegnano a giustificare l'uso dell'esercito e delle armi mediante un gergo tipico della contro insurrezione. Inganni che pretendono di trasformarli in verità assolute mediante la ripetizione, e il cui proposito di fondo è costituire le vittime in assassini, agli individui che rispettano la legge in barbari criminali.
Quello successo il 4 di ottobre è tragico per il paese. Primo per le vittime, 8 morti e decine di feriti, un'altra volta di origine maya. Secondo, perché ci sono indizi inevitabili che è avvenuto con l'intervento di membri dell'Esercito. Se si vuole cambiare la storia, deve essere tacitamente riconosciuto. Tuttavia, sembra che ci sia nuovamente un impegno espresso in fraintendere i fatti ed imporre la verità del governo. Non è casuale, allora, che prima di conoscersi i risultati delle indagini corrispondenti, il Presidente si affretti a rendere nota la sua verità al corpo diplomatico accreditato in Guatemala, ugualmente al Gruppo dei Quattro e realizzi, sui mezzi di comunicazione, una campagna di "chiarimento" completamente parziale. I 48 cantoni, ovvio, si trovano in condizioni svantaggiate, non contano su quelle abbondanti risorse per fare conoscere la loro versione dei fatti.
Ora più che mai diventa fondamentale e prioritario che si stabilisca la verità. Deve privilegiarsi un'indagine completamente obiettiva ed indipendente. Che non ci sia la mediazione di nessun potere che la privi di valore o la renda parziale, e per quel motivo, tutti, assolutamente tutti, siamo obbligati ad pretendere e vegliare.
Rigoberta Menchú Tum, Fondazione Rigoberta Menchú Tum
Adital, 15/10/2012